Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

mercoledì 20 marzo 2019

Un racconto d'anticipazione


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AA.VV.
Il dilemma di Benedetto XVI
Traduzione di G. Rosella Sanità e Beata Della Frattina
© 1976, 1977 Fantasy & Science Fiction – © 1978 Mondadori Urania
Il dilemma di Benedetto XVI
di Herbie Brennan – 
Titolo originale: The Armageddon Decision – 1977

Entrando nel museo, Steinmann si sentiva ancora turbato dal suo sogno di Sarai. L’edificio era quasi deserto, poiché, ovviamente, nelle belle giornate attirava pochi visitatori. Steinmann indugiò ad ammirare le ricostruzioni in miniatura di tombe etrusche finché l’orologio non gli disse che mancavano tre minuti alle undici. Allora si avviò senza fretta lungo la Galleria Egizia. Dopo un poco trovò la stele di Rosetta vicino al sarcofago di una mummia del Medio Impero. Secondo le istruzioni ricevute, aspettò fingendo di leggere il cartiglio su cui era tradotta l’iscrizione. Continuava a pensare a Sarai, cercando di mettere in rapporto quel rigurgito emotivo con la situazione o l’ambiente, quando una mano gli sfiorò il braccio: — Dottor Steinmann?
Steinmann si voltò, annuendo. — Sì. — L’uomo era certamente un italiano, molto bruno e molto snello, sui cinquantacinque.
— Orsini — si presentò, porgendo la mano. — Giovanni Orsini. Benvenuto a Ginevra, dottore. Mi spiace aver dovuto organizzare quest’incontro da cospiratori. Avremmo di molto preferito darvi il benvenuto davanti a tutti, all’aeroporto, ma sono certo che vi rendete conto delle difficoltà.
La stretta di mano era ferma e asciutta. — Non del tutto — disse Steinmann. Dall’esame del comportamento del suo interlocutore, dedusse che Orsini non era tanto nervoso quanto preoccupato e in imbarazzo. Questa scoperta gli procurò un vero senso di sollievo. Forse, dopo tutto, era stata quell’insolita esperienza di dover seguire istruzioni segrete che aveva evocato Sarai dalla tomba nel suo subconscio.
— Se è così — dichiarò serio Orsini — devo ringraziarvi per la vostra pazienza. — Si guardò intorno, quasi per assicurarsi che la galleria fosse deserta. Non c’era anima viva, infatti.
Steinmann passò a osservare l’impeccabile abito da passeggio e poi il portamento di Orsini, che originò una nuova associazione di idee e lo portò a dire a bruciapelo: — Immagino siate un sacerdote.
L’altro sbatté le palpebre: — È così evidente?
— No, se uno non ha una certa esperienza. — Lanciò un’ultima occhiata alla stele e aggiunse: — E ora, cosa facciamo?
Orsini era palesemente a disagio. Dalla tasca interna prese un sottile portafogli e glielo porse con gesto affrettato. — Per favore, prendetelo! È un anticipo sul vostro onorario. C’è anche un biglietto per un giro turistico della città in pullman, che parte alle tre del pomeriggio di oggi. Il pullman parte dal monumento a Guglielmo Tell, a due passi dal vostro albergo. Vi chiediamo il favore di partecipare al giro. — Scrutò attentamente Steinmann. — Se non sbaglio, la vostra specializzazione richiede un particolare addestramento della memoria visiva, non è vero?
Steinmann annuì.
— Allora, per favore, guardatemi bene. Così sarete sicuro di potermi riconoscere.
Orsini irrigidì involontariamente i muscoli, come se si aspettasse un esame manuale.
Steinmann sorrise. — Sì… senz’altro.
— È importante, dottore — incalzò serio Orsini. — Dovrete riconoscermi di primo acchito, anche se sarò vestito in modo totalmente diverso e ci troveremo in un altro ambiente.
— Sì, sì. State sicuro che vi riconoscerò — disse Steinmann in tono rassicurante e, automaticamente, collegò i tratti più caratteristici della fisionomia al nome e al portamento, per noi immagazzinare il tutto nel subconscio. Orsini era adesso per sempre incasellato nella sua memoria.
— Bene. — Il ritmo del respiro rivelò che Orsini aveva tirato dentro di sé un sospiro di sollievo, come se la cosa fosse stata di vitale importanza. Poi continuò: — Avremmo piacere che vi comportaste come un qualunque turista, fino al momento in cui il pullman entrerà nella piazza e i passeggeri scenderanno. Scendete con loro, mettendovi però in fondo al gruppo, in modo da potervi allontanare inosservato.
— Capisco.
— La guida vi condurrà lungo un colonnato. A un certo punto del percorso vi verrò incontro, provenendo dalla direzione opposta. Mi scuserete, se farò finta di non conoscervi.
Steinmann capì che l’imbarazzo dell’altro era sincero. — Non preoccupatevi — disse.
— Poco dopo esserci incrociati, arriverete a una porta sulla vostra destra. Sarà aperta e non sorvegliata. Vi sarò grato se vi entrerete, badando che nessuno se ne accorga. Chiudete la porta a chiave. La serratura è una semplice placca a pressione all’altezza della spalla. Poi, non avrete che da aspettare. Io vi raggiungerò seguendo un’altra strada.
Per allentare un po’ la tensione, Steinmann osservò, con una certa leggerezza: — Mi sembra una cosa molto eccitante.
— È invece una cosa puerile, dottore — disse Orsini, con un sorriso forzato — e voi ve ne rendete conto benissimo. Ma è necessaria. Nessuno deve sapere della vostra visita in Vaticano.
Un’americana chiacchierona per poco non privò Steinmann della sua prima vista panoramica della Città del Vaticano. Lei stava sproloquiando su Hoosiers – qualunque cosa fosse questo Hoosiers – quando il pullman, superata una svolta, permise un’ampia visuale, sulla destra, del lago di Ginevra. Steinmann escluse la voce della donna dalla sua mente. Al di là dello specchio d’acqua, si vedevano le scintillanti mura e le guglie che s’innalzavano sulla riva opposta. La lettura dell’opuscolo illustrativo non l’aveva preparato del tutto alla magnifica visione. Era più piccolo del Vaticano originale, ma la profusione dei marmi usati nel costruirlo non mancava di fare colpo.
— Ecco, adesso potete vedere da voi — stava dicendo l’americana con aria di enorme soddisfazione.
Steinmann, che vedeva solo la città e il lago, annuì con un sorriso di voluta condiscendenza. Per meglio aderire alla parte del turista, indossava un abito bianco e una sgargiante camicia di seta. Una borsa da aereo, posata di fianco al sedile, conteneva indumenti più sobri.
In meno di un quarto d’ora, il pullman arrivò ai cancelli della città. Osservandola da vicino, Steinmann fu colpito dalla strana combinazione di rutilante cattivo gusto e di splendore medievale. Le pareti di marmo, così imponenti da lontano, sembravano di viscida plastica per via del trattamento protettivo al silicone. Al di sopra dei cancelli, un grande crocefisso dorato mandò un tenue bagliore quando il pullman attivò la fotocellula d’apertura. Ma i cancelli erano delle genuine reliquie di una fortezza medicea.
Steinmann sfogliò l’opuscolo mentre il pullman entrava nella piazza. Non avevano tentato di fare una copia esatta, sia pure in miniatura, del vero Vaticano, ma ne avevano conservato talune caratteristiche. Esisteva ancora una Biblioteca Vaticana, esistevano ancora gli Archivi Segreti, ambedue, purtroppo, molto ridotti. Esisteva anche una Basilica di San Pietro e una Cappella Sistina, in parte costruita con le pietre originali portate di contrabbando dall’Italia, ma sfortunatamente mancavano i gloriosi capolavori di Michelangelo. C’era ancora un Palazzo Vaticano e, sebbene per motivi di sicurezza vi fossero ammessi pochissimi visitatori, correva voce che i sontuosi arredi risalissero come minimo a tre secoli prima.
— Adesso sì, che è davvero una cosa magnifica! — disse ad alta voce l’americana, mentre il pullman si fermava con uno stridio. La donna si guardò intorno con palese ammirazione. — Adesso sì! Non trovate?
— È vero! — rispose con sincerità Steinmann. Anche lui aveva fatto caso che erano più interessanti le differenze che non le somiglianze con il Vaticano originale.
Al posto della Radio Vaticana c’era adesso la Televisione Vaticana, con proiezioni interamente olografiche. La sottile antenna emittente fendeva il cielo, dominando persino la facciata del palazzo. E le Guardie Svizzere, con i loro secoli di tradizione, erano state sostituite, con inconsapevole ironia, da Legionari Romani. Secondo l’opuscolo illustrativo, le armature erano di leggera plastica che imitava l’acciaio, ma l’insieme sarebbe stato accettato anche da Cesare.
— Sono convinta che tutti dovrebbero vederlo — continuava imperterrita l’americana — anche i non cattolici. — Lo guardò con aria bellicosa: —Voi siete cattolico?
— Ebreo — rispose Steinmann, con un cenno di diniego. Per qualche suo motivo personale, la donna sembrò compiaciuta. — Ah, israeliano?
Steinmann tornò a scuotere la testa. Poi, dato che voleva troncare la conversazione, aggiunse: — Sono nato ad Anderstraad.
L’espressione della donna si raggelò per l’imbarazzo.
Via via che il pullman si vuotava, Steinmann fece in modo da restare per ultimo e si accodò al gruppo che s’incamminava verso il colonnato. Ma anche quando erano già entrati nell’ombra fresca, non vide traccia di Orsini, sebbene un dignitario vaticano venisse verso di loro avvolto nella pompa cardinalizia. L’avevano già quasi oltrepassato quando Steinmann lo riconobbe.
Rallentò il passo e, trovata la porta, varcò la soglia senza essere visto. Premette la placca con il pollice, sentì lo scatto della serratura che si chiudeva, poi aspettò. Si trovava sul limitare di un altro cortile su cui torreggiava la mole del Palazzo di Papa Benedetto.
Steinmann era un po’ seccato, perché la sua lunga esperienza fisiognomica non lo aveva aiutato ad individuare le caratteristiche fisiche dell’altro. E poiché era seccato, disse: — Dunque, siete un cardinale. Avrei dovuto trattarvi con maggior rispetto.
— Al contrario — ribatté Orsini — se qualcuno deve fare delle scuse, questo sono io. Sia a titolo personale sia a quello della gerarchia ecclesiastica. Il modo con cui ci siamo messi in contatto con voi, il modo con cui siete stato costretto a venir qui… tutto questo è davvero imperdonabile, ma forse ne comprenderete presto la necessità.
Incuriosito, Steinmann chiese: — Dove stiamo andando, di preciso?
— Sopra la cappella c’è una piccola biblioteca — rispose Orsini. — Sua Santità ha la compiacenza di servirsene come studio. So che vi aspetta là.
Si fermarono davanti ad una porta scorrevole ed entrarono in un cubicolo che, come improvvisamente Steinmann si accorse, era un ascensore. Si guardò intorno deliziato, mentre la porta tornava a chiudersi. — Non vi servite di seggi elevatori? — chiese.
Orsini rabbrividì. — Qui preferiamo andare all’antica, dottore. È una questione di dignità.
Steinmann si ritrovò a pensare a Sarai intanto che l’ascensore li faceva dignitosa-mente salire al piano sopra la cappella.
Sua Santità Papa Benedetto XVI era più piccolo di quanto Steinmann avesse immaginato, magro come Orsini, ma più vecchio ed incartapecorito. Correva voce che facesse cure per ringiovanire, a dispetto della politica ufficiale della Chiesa, ma se le voci rispondevano al vero, le cure non erano efficaci. Con sorpresa di Steinmann, il Papa indossava il saio marrone dei frati francescani.
Papa Benedetto andò loro incontro porgendo la mano senza formalità. — Mio caro dottor Steinmann, come siete stato gentile a venire! Il cardinale Orsini vi avrà già detto quanto ne siamo felici. — Il suo inglese era privo di accento, ma molto meticoloso, segno che solitamente parlava un’altra lingua. — Non volete sedervi? — Indicò una poltrona con una mano venata d’azzurro. — È molto comoda. Volete del tè? Del caffè? Un goccio di vino… abbiamo vini di ottima annata.
— Magari un caffè — disse Steinmann, che stava studiando il portamento e il tono muscolare del Pontefice. C’era appena un lieve accenno di tremito alle estremità, che senz’altro era dovuto più agli anni che ad un determinato stato psicologico.
Orsini fece scorrere un pannello a muro e compose un numero sul luccicante auto-cuoco. Il caffè si materializzò in tazzine di porcellana.
— È abominevole — osservò Papa Benedetto indicando la macchina — ma i miei cardinali più giovani persistono a dichiarare che dobbiamo essere sempre all’altezza dei tempi. Io mi oppongo finché posso, ma — sorrise — bisogna accettare il fatto che il Pontefice non è più infallibile.
Steinmann ricambiò il sorriso con un sincero sentimento di calorosa comprensione. Prese il caffè e lo trovò molto migliore della solita brodaglia ammannita delle macchine automatiche.
— Vorrei che il cardinale Orsini restasse, se non avete niente in contrario — disse Benedetto XVI.
— No, no di certo — si affrettò a dire Steinmann. Le parti andavano delineandosi. Il Papa era diventato un penitente, sottomesso al parere di Steinmann.
— Vedete, dottore — s’interpose Orsini, con voce pacata — vi abbiamo chiamato qui in veste professionale.
Steinmann spostò lo sguardo dall’uno all’altro. Si era quasi aspettato una cosa del genere, perché solo così si spiegava quella segretezza patologica.
— Prima di continuare — disse il Papa — vi dobbiamo chiedere se siete preparato ad agire in veste professionale. — Ebbe un attimo d’esitazione. — A qualunque onorario vogliate fissare, naturalmente!
— L’onorario non è una questione di principio — dichiarò Steinmann, accigliandosi.
— No davvero. Per una persona della vostra capacità, è soltanto quello che gli spetta. Tuttavia debbo ripetere la domanda. È importante che i nostri rapporti siano chiari sotto tutti gli aspetti.
Steinmann tirò un profondo respiro, ma, ovviamente, aveva già deciso: — Sarei veramente onorato di rendermi utile a voi o alla vostra Chiesa, secondo le mie possibilità. — Gli venne in mente un pensiero un po’ irriverente, e aggiunse: — In fin dei conti è stata fondata da uno del mio popolo.
La faccia del Papa si raggrinzì tutta per un altro sorriso. — È un sollievo costatare che possedete il senso dell’umorismo, dottore. Sono anche certo che vi rendete conto che tutto quello che verrete a sapere qui è da considerarsi strettamente confidenziale.
  • — Ciò fa parte dell’etica professionale — disse Steinmann, senza offendersi.
  • — Certo, certo!
  • Orsini fece per dire qualcosa, ma Steinmann lo prevenne.
  • — Prima di andare avanti, posso fare una domanda?
  • — Dite.
  • — Perché non avete scelto uno psichiatra cattolico? Ce ne sono di ottimi.
  • — Lo capirete fra poco — disse il Papa, facendo un cenno a Orsini.
— Sua Santità… — cominciò il cardinale, evitando di guardare in faccia Steinmann. Poi, cambiando apparentemente idea, proseguì: — La Gerarchia Ecclesiastica Vaticana e Sua Santità desiderano che vi tratteniate, dottor Steinmann, per tutto il tempo che sarà necessario per stabilire quali sono attualmente le condizioni psicologiche di Sua Santità.
Steinmann guardò prima l’uno poi l’altro, e, soppesando con cura le parole, disse: — Cosa volete dire esattamente con l’espressione “condizioni psicologiche”, in questo contesto?
Papa Benedetto sorrise ancora, con sincero buon umore.
— Il cardinale Orsini è forse più diplomatico del necessario. Mi hanno detto che un esame psichiatrico esige un’assoluta franchezza. — Il sorriso svanì, e il Papa fissò Steinmann diritto negli occhi. — In questo caso la franchezza esige che vi chiediamo di decidere, nel più breve tempo possibile, se io sono matto.
L’alloggio di Steinmann era lussuoso anche per una persona abituata al lusso. C’era perfino un Canaletto autentico, un piccolo preziosissimo quadro, appeso a una parete. Il dottore si sedette dubbioso sull’enorme letto, ma lo trovò sorprendentemente comodo e morbido. Si alzò e andò ad esaminare lo scrittoio, sicuro di scoprire che era un’imitazione. Invece era davvero di legno, e i segni d’invecchiamento potevano benissimo essere stati causati dal tempo, e non fatti apposta da un esperto artigiano. La finestra dava su un cortile interno, su cui, in quel momento, sfilava una processione salmodiante. Un lieve aroma d’incenso impregnava i pannelli di legno.
Steinmann trovò l’autocuoco e, dopo due tentativi, riuscì a ordinarsi la cena. Il brodo di pollo era anemico, ma l’agnello era vicino alla perfezione. Compose a caso un numero per il vino, e gli fu servita una mezza bottiglia di Chianti Classico. Era un po’ troppo secco per il suo palato, ma andava giù liscio che era un piacere.
Se ne versò un bicchiere e andò a sedersi su un seggiolone veneziano a riflettere.
Lo sguardo gli cadde sul terminale di un proiettore olografico abilmente dissimulato tra i fregi che ornavano le pareti e, seguendone il cavo, trovò i comandi inseriti nel muro a fianco della testiera del letto. Si protese, col bicchiere in mano, e premette un pulsante. Un cubo di un metro e ottanta di lato si materializzò al centro della stanza con un ticchettio. Per un istante rimase di un biancore lattiginoso, poi fu bruscamente sostituito da due preti infervorati in un’accalorata discussione. Steinmann non riuscì a capire l’argomento, perché parlavano in latino. Cercò allora il pulsante per cambiare canale, ma non lo trovò. Perciò rimase a guardare per un poco i due preti, e finì con l’assopirsi. Fu strappato bruscamente al sonno da un rumore che gli sembrò un colpo d’arma da fuoco. La trasmissione era cambiata, e per fortuna il commento era in inglese.
Si trattava ancora di Anderstraad, naturalmente, e dei tirapiedi di Ling che, con grande efficienza, mettevano a morte un oppositore politico. L’incidente gli diceva poco in sé, ma gli riportò il bruciante ricordo di Sarai. Come per sottolineare i suoi sentimenti, la scena cambiò, passando a una seduta del Consiglio dell’Unione Parlamentare. Riconobbe Martin Allegro, che con la faccia tesa pronunciava un appassionato discorso anti-Anderstraad. Poi il notiziario continuò con un assassinio nello Zambia, e l’interesse di Steinmann svanì. Spense l’apparecchio, si alzò stiracchiandosi e andò a letto. Ma nonostante il suo addestramento, non riuscì a non sognare gli inevitabili sogni.
La vita era piena di sorprese. Nel corso della notte avevano istallato nella biblioteca un apparato Rhamboid ultimo modello. Aspettando il Papa, Steinmann elaborò un programma-tipo di test psicologici e vi apportò le necessarie correzioni. I comandi rispondevano alla perfezione al tocco delle sue dita.
— Vi sembra che vada bene, dottor Steinmann?
Il dottore alzò gli occhi dal quadro dei comandi: — È una bellissima macchina, Santità.
Benedetto XVI annuì: — Di fabbricazione tedesca. So che sono molto bravi nel costruire macchine psichiatriche. — Poi il Papa andò a sedersi sulla poltroncina destinata all’esaminando e incrociò le mani in grembo. — Cominciamo?
— Se siete pronto.
— Sono pronto — disse il Papa.
Steinmann andò a sistemare il casco sulla testa tonsurata. I contatti scivolarono così perfettamente al loro posto che gli venne il sospetto che la macchina fosse stata costruita su misura per quel paziente. Poi tornò ai comandi, infilò il proprio casco e premette un pulsante. Il pannello si accese.
— Non sento niente, dottore — disse calmo il Papa.
— Non potete sentire niente, ancora — disse Steinmann. — Occorre lasciar passare un certo periodo, mentre ci sintonizziamo. — Controllò i quadranti. Nonostante la calma apparente, gli indici della respirazione, del battito cardiaco, della pressione sanguigna e della traspirazione di Papa Benedetto erano molto superiori al normale.
— Possiamo parlare? — chiese il Papa.
— Sì. Non altera i risultati e, caso mai, può essere di qualche utilità. — Regolò ancora qualche comando, esitando. — Anzi, tanto per rompere il ghiaccio, avrei bisogno di farvi qualche domanda.
L’altro ebbe un lieve sorriso. — Vorreste, per esempio, sapere quali sono i miei sintomi?
Steinmann lo fissò. — Sì. Immagino che abbiate mostrato alcuni sintomi, altrimenti non mi avreste chiamato.
— La vostra supposizione è esatta, dottore — disse il Papa. — Ho avuto quelle che si potrebbero definire esperienze allucinatorie.
— Allucinazioni? — precisò Steinmann.
— La Chiesa ha sempre sostenuto che esistono due diversi tipi di visioni o allucinazioni — disse, con pacatezza, Benedetto XVI. — Una visione può essere un messaggio di Dio, un’altra l’indizio di uno squilibrio psichico. Noi speriamo che voi ci possiate aiutare a determinare a quale dei due tipi appartengono le mie.
Date le circostanze, c’era quasi da aspettarselo. Soppesando con cura le parole, Steinmann rispose: — Temo che la mia filosofia non comprenda messaggi dall’Onnipotente. Il meglio che vi posso offrire è un’indicazione sulle condizioni della vostra mente. Se è sana, deciderete voi stesso la natura delle visioni.
— Non chiediamo di più — concluse Benedetto XVI.
Un lieve ronzio gli faceva vibrare i timpani, segno che il collegamento si stava instaurando. Steinmann chiese: — Le visioni hanno un senso, una forma?
La faccia rugosa rimase inespressiva. Solo gli strumenti rivelavano la tensione interna.
— Si riferiscono all’Apocalisse. Conoscete la dottrina cattolica su questo argomento?
— Solo un’infarinatura da profano — rispose Steinmann. — Non è la battaglia di Armageddon?
— Il regno del male, dottore. E la lotta contro di esso culminante nel Secondo Av-vento. Non credo che vi siate mai interessato molto al problema.
Steinmann spostò una manopola di un quarto di giro in senso antiorario. — Confesso che la cosa non mi ha mai appassionato.
— Invece, per me, è diventata un’ossessione da quando Victor Ling è salito al potere ad Anderstraad — disse il Papa, con voce atona.
Steinmann rimase così sorpreso che per poco il collegamento non si spezzò. Costrinse i muscoli a rilassarsi e passò automaticamente alla respirazione controllata di tipo yoga, necessaria per ritrovare l’equilibrio psichico. Un attimo dopo, disse con voce del tutto priva di emozione: — Temo di non vedere il rapporto tra le due cose.
Papa Benedetto sospirò. — Come sapete — disse — Apocalisse significa “rivelazione”, e la Rivelazione di San Giovanni Evangelista ha dato luogo ad una rozza mitologia e ad aspettative fantastiche: grandi bestie, draghi scarlatti, segni nel cielo… — Sospirò di nuovo. — Ma i dottori della Chiesa hanno suggerito un’interpretazione molto più razionale.
La mente di Steinmann si oscurò un attimo, per tornare a schiarirsi subito dopo. L’esperienza gli suggeriva che il collegamento totale si sarebbe stabilito entro dieci minuti. — Posso chiedere qual è questa interpretazione?
— Due sono i punti fondamentali che chiariscono il significato del libro — rispose Benedetto XVI. — Il primo è il diciottesimo versetto del tredicesimo capitolo. Nell’identificare la realtà dietro l’immagine simbolica della Grande Bestia, Giovanni scrisse: «Chi ha intendimento conti il numero della bestia: perché quel numero è di un uomo: e il suo numero è seicentosessantasei».
— E questo significa qualcosa, per voi? — chiese Steinmann, l’attenzione divisa fra le parole del Papa e i quadranti dell’apparecchio.
— Come studioso, sì. San Giovanni venne educato secondo un mistico sistema ebraico chiamato Cabala. Parte di questo sistema comprende l’identificazione di cose reali attraverso numeri associati a nomi. Essendo ebreo, voi saprete bene che le lettere ebraiche servono anche a rappresentare i numeri. Per questo, nella Cabala, è possibile dare un valore numerico a una parola addizionandone le lettere.
— E voi credete che questa addizione abbia un significato… importante?
Il vecchio Papa scosse la testa, non senza impaccio a causa del casco. — No di certo, dottore — disse sorridendo. — Io non sono un cabalista. La mia personale opinione è che questo sistema ha più a che fare con la superstizione che con la realtà religiosa. Ma ciò non ha alcuna importanza. Quello che è veramente importante è che San Giovanni seguiva il metodo cabalistico. Se noi sappiamo come lui contava le lettere del nome, possiamo ricavare a che cosa si riferivano i numeri.
— E voi sapete come contava il nome?
— Sì — rispose Benedetto XVI, con voce pacata. — È un metodo noto da secoli. Il numero seicentosessantasei si riferisce a colui che, ai tempi di Giovanni, era forse il più grande nemico della Chiesa Cristiana: il “Nero Caesar” di Roma. Traducendo il nome latino in ebraico e sommando le lettere secondo il sistema cabalistico il risultato è seicentosessantasei.
Sorpreso, Steinmann disse:
— Allora Giovanni non stava facendo una profezia? Stava soltanto indicando sotto forma occulta l’Imperatore di Roma?
— Pare proprio di sì, ma prima di parlare di elementi profetici, dobbiamo scoprire il significato del secondo punto fondamentale. Gli storici della Chiesa, come forse sapete, accettano la dottrina dei corsi e ricorsi storici.
Il ronzio cambiò tonalità, indicando che mancavano meno di cinque minuti al collegamento. — A quanto ne so, gli storici della Chiesa non sono i soli — disse Steinmann.
— Infatti. È una dottrina rispettata, in genere, anche dagli accademici. — Il Papa tornò a sorridere. — Interessa persino la vostra specializzazione. L’inconscio collettivo della nostra specie elabora schemi tra loro simili, ad intervalli prevedibili. Tali schemi possono diventare relativamente chiari, offrendo così una prospettiva storica abbastanza ampia. Ma non addentriamoci negli aspetti tecnici, dottore. Basterà dire che lo schema che produsse Nerone si ripeté nella Germania del 1930 quando sorse il movimento nazista. Noi sospettiamo anche che possa ripetersi oggi, che stia ripetendosi… — esitò un attimo, poi aggiunse, sottovoce: — Ad Anderstraad.
Steinmann provò una stretta allo stomaco. — State dicendo che lo schema che originò l’Anticristo Nerone e l’Anticristo Hitler ha oggi suscitato un altro Anticristo in Victor Ling?
— Non affermo niente del genere. Ma, come Papa, devo tenere conto di ogni possibilità. Anche se non professate la nostra fede, potete ugualmente capire quale importanza noi daremmo ad una tale eventualità. Se Ling è realmente il punto focale delle stesse forze inconsce che produssero Nerone, allora Ling non è soltanto un politicante turbolento, ma la manifestazione del grande nemico della Chiesa. E, come tale, la Chiesa deve prendere posizione contro di lui.
— Una posizione militare? — chiese Steinmann, sempre in preda a forte tensione.
— Adesso ne abbiamo la forza.
Era una constatazione di fatto. Sebbene i suoi interventi fossero rari, la Chiesa Militante restava uno dei fattori più importanti nella moderna politica internazionale. Mentre questi pensieri turbinavano nella mente di Steinmann, intrecciandosi al ricordo di Sarai, lui premette il pulsante che attivava il Rhamboid. Il ronzio diventò più acuto. — E le vostre visioni, come entrano nel quadro?
  • — Confermano i sospetti dei nostri storici — disse il Papa, a bruciapelo. — Suggeriscono che la Chiesa Militante attacchi direttamente Anderstraad. Adesso capite perché sia tanto importante determinare il grado della mia sanità mentale?
  • — Sì mormorò Steinmann. Il procedimento Rhamboid immobilizzò il suo corpo, poi scagliò la sua mente nel vortice per collegarla con la psiche del Papa.
  • — È stata un’esperienza interessante — disse Benedetto XVI, dopo che gli fu tolto il casco. — Devo confessare che la reazione predominante in me è un senso d’imbarazzo.
  • — È comprensibile — disse Steinmann. — Questo esame è l’equivalente psicologico del mostrarsi nudo in pubblico.
I vecchi occhi castani si fissarono in quelli dello psichiatra. — E il risultato, dottor Steinmann? Potete dirmi il risultato?
Steinmann si strinse nelle spalle. — Non posso dire quale sia l’origine delle vostre visioni, ma la mia opinione è che siete sano.
Papa Benedetto si raddrizzò, come se gli avessero tolto un peso dalle spalle. —Grazie, dottore — disse con voce pacata. — Questo faciliterà le nostre decisioni.
Orsini gli mise in mano un pacchetto. — Il vostro onorario, dottore. Anche se non avete fissato alcuna cifra, credo che lo troverete adeguato.
Steinmann intascò il pacchetto. — Grazie.
Percorsero i corridoi del Vaticano, un po’ impacciati, fino a una porta massiccia.
— Devo lasciarvi — disse Orsini. — Un sacerdote vi accompagnerà ai cancelli. Troverete un aereo privato ad aspettarvi.
— Sorrise. — Per fortuna non c’è più bisogno di segretezza, sebbene sappia che possiamo senz’altro contare sulla vostra discrezione.
— Non dubitate — disse Steinmann. Poi, esitando: — Cardinale Orsini…
— Sì, dottor Steinmann?
— Sua Santità era già stato sottoposto ad un esame Rhamboid, non è vero?
Orsini lo fissò per un momento, poi annuì. — Come avete fatto a scoprirlo?
— È una prova molto impegnativa, e io non l’ho preparato con la cura dovuta… stavo pensando… ad altro. — Il ricordo di Sarai l’aiutò a dominarsi, e continuò: — Le reazioni, a fine esame, non sono state quelle di chi, per la prima volta, si sia sottoposto a un Rhamboid. Era troppo calmo.
— Vedo — disse Orsini.
Con la mano sulla serratura a pressione della porta, Steinmann disse ancora: — Posso sapere chi l’ha sottoposto al primo esame?
— Io — rispose Orsini. — Ho avuto un certo addestramento di psichiatria.
Steinmann gli puntò gli occhi addosso: — E le vostre conclusioni?
Sul viso di Orsini non apparve il minimo cambiamento d’espressione. — Identiche alle vostre, dottor Steinmann. Ho trovato Sua Santità sano di mente.
— E allora, perché chiamare me?
— La Gerarchia Ecclesiastica ha insistito. Secondo loro, come cattolico e come cardinale, avrei potuto inconsciamente essere parziale nel mio giudizio. Volevano perciò una conferma da parte di uno psichiatra di un’altra fede e, di conseguenza, più obiettivo. Voi, dottor Steinmann. E, per fortuna — Orsini sorrise — il vostro parere concorda con il mio.
Steinmann abbassò la voce a un soffio: — Il Papa è matto, cardinale Orsini.
L’altro annuì gravemente:
  • — Lo so, dottore.
  • — Le sue allucinazioni sono il diretto risultato di una schizofrenia monodirezionale.
  • — Esatto — convenne Orsini.
  • — L’esame Rhamboid non dà adito a dubbi.
  • — No, è vero — convenne ancora Orsini.
  • — Perché allora avete dichiarato sano di mente Papa Benedetto? — chiese Steinmann. Non riusciva più a capire il suo interlocutore.
  • — Perché voglio che la Chiesa attacchi Anderstraad — rispose il cardinale. — Sono convinto che Victor Ling è un uomo malvagio, sia o non sia l’Anticristo. — Sorrise ancora con un’ombra di tristezza. — Vi prego di ricordare che avete confermato le mie conclusioni.
Steinmann sospirò. — Avevo una figlia, Sarai, che aderì con altri ragazzi a un movimento di protesta. Aveva diciassette anni quando Ling l’ha fatta impiccare.
— Lo so — disse Orsini. — Per questo, ho scelto voi per il secondo esame.
Steinmann uscì nel cortile. Alle sue spalle, la porta si richiuse con uno scatto.

sabato 9 settembre 2017

LA LUCE SI FA STRADA



A Scandurra, inizialmente, chiedemmo di introdurci nel suo mondo, e lui ci rispose che non c'era nulla da studiare, perché 'per conoscere bisogna fare'. Progressivamente scoprimmo che stavamo cambiando, percepimmo che la luce si faceva strada dentro il nostro corpo e nella nostra coscienza, venivamo letteralmente inondati. Il Lumen - questa particolare frequenza luminosa -  fece luce sulle potenze sepolte in noi. I cosiddetti 'corpi sottili', in realtà sono una gamma frequenziale, la coda del pavone che si attiva ogniqualvolta le condizioni interne ed esterne lo richiedano. Il corpo di cui abbiamo maggiore esperienza, quello più spesso, è una delle variazioni sul tema.

domenica 12 marzo 2017

Il Tempio e i Templari del Graal

Henry Corbin
Il Tempio e i Templari del Graal*

Per "spiegare" i vari aspetti del ciclo del Santo Graal sono stati profusi, per molte generazioni, tesori di erudizione filologica. Sfortunatamente il metodo dello storicismo letterario (come i rischiosi virtuosismi della psicoanalisi) è inadeguato al compito che qui ci interessa.
Bisognerebbe augurarsi che, come la Bibbia, anche il ciclo dei poemi del Graal nel suo insieme venisse letto dai "credenti" non come un "corpus" letterario ma come la "Bibbia del Santo Graal", e nello stesso modo in cui un Filone, un Origene, uno Swedenborg hanno letto la Bibbia.
Molti non vedono o non vogliono vedere nella Bibbia nessun senso esoterico. Tuttavia, secolo dopo secolo, questo senso esoterico, nei suoi molteplici aspetti, si è imposto alla lettura di coloro che sapevano leggere. Non è questo il luogo adatto per riprendere la discussione, tanto più che tra "coloro che vedono" e "coloro che non vedono" il dibattito è senza via d'uscita. Un'ermeneutica del Graal, che coordini in forma sistematica i dati del "corpus" in tutta la sua ampiezza, è un compito ancora da affrontare. Ma qui ci stiamo occupando dell'Imago Templi: sotto quale forma, dunque, ci appare il Tempio del Graal?
Diciamo subito, per semplificare, che l'immagine del Tempio emerge in tutta chiarezza dal castello del Graal, dal Gralsburg, come viene descritto nel "corpus" germanico della "Bibbia del Graal". Il fondatore della dinastia dei guardiani del Graal è qui il re Titurel. Il Tempio sarà opera sua.
Abbiamo accennato poco fa al Titurel di Wolfram von Eschenbach. Nel Parzival dello stesso poeta, il Tempio del Graal[1]viene menzionato espressamente in occasione del battesimo di Feirefis, il fratellastro pagano di Parsifal[2]. Fino a quel momento (cioè fino al quinto Libro) si tratta soltanto della dimora, della casa del Graal, o, per così dire, del "castello-tempio". Solo nel Nuovo Titurel (Der Junge Titurel) di Albrecht von Scharfenberg (tra il 1260 e il 1270) l'Imago Templi appare in tutto il suo splendore architettonico. (La grande epopea del Nuovo Titurel contiene 6000 strofe di sette versi, cioè 42000 versi complessivi, di cui non esiste ancora una traduzione, neppure in tedesco moderno.)[3] Anche qui il ciclo del Graal si sviluppa in un'epopea del Tempio, che culmina tra il Tempio di Salomone sul monte Moriah e la Gerusalemme Celeste. Così l'intera teologia e l'intera spiritualità del Tempio raggiungono una delle loro vette sulle altezze di Montsalvat, supporto della ierofania costituita dal Tempio del Graal. Dagli insegnamenti di Titurel si sprigiona infatti tutta una teologia del Tempio, una teologia completa come quella che abbiamo trovato a Qumrân e in altri luoghi privilegiati. Questa teologia si compie in un'escatologia che assegna finalmente tutto il suo senso alla cavalleria dei Templari del Graal in rapporto a quella dei Templari storici. Troviamo qui la descrizione del Tempio, le sue corrispondenze, quella insomma che si può chiamare la teologia del Tempio del Graal.

La descrizione del Tempio del Santo Graal
Si tratta di una descrizione grandiosa.[4] Nel paese di Salvaterra sorge un'alta montagna di nome Montsalvat[5]. Il re Titurel l'ha circondata di un'alta muraglia e ha costruito sulla sua cima un castello superbo, il Gralsburg. Qui decide di fondare un tempio per il Graal:[6] fino ad allora infatti il Tempio non ha avuto una sede stabile, ma planava tra cielo e terra sostenuto da Angeli invisibili. L'edificio è costruito con pietre e materiali preziosi di ogni genere: predomina l'oro; il mobilio è di legno di aloe. Le pietre sono scelte secondo i princìpi dell'arte di Pitagora e della scienza di Eraclio.[7] La roccia della montagna è onice. Ogni erba e ogni strato di terra sono stati tolti: la superficie di onice brilla di splendore pari a quello della Luna. Su questa superficie appare un mattino, proiettata dal nulla, tutta la pianta del Tempio, completamente tracciata. La base stessa forma uno zoccolo dello spessore di due tese.[8] Tra il bordo della base e il muro del Tempio vi è tutto intorno uno spazio di cinque tese. In verticale l'edificio forma un'alta volta sostenuta da colonne di bronzo: è interamente decorato d'oro e di pietre preziose (di cui vedremo più avanti il significato mistico). Le finestre sono contornate di berillo e cristallo lucente. Le vetrate, colorate o incrostate di pietre preziose, attenuano il bagliore della luce. Anche il tetto è d'oro, incrostato di minerali preziosi perché il suo splendore non accechi. La costruzione del Tempio del Graal avvenne sotto la stessa assistenza del Cielo che aveva permesso la costruzione del Tempio di Salomone, Templum Domini Throni, a Gerusalemme. Le pietre venivano portate già tagliate in modo che durante la costruzione del Tempio non risuonasse il minimo rumore di martello o scalpello. E così avvenne per i costruttori del Tempio di Titurel: tutto era inviato loro dal Graal.
L'alta volta centrale è ricoperta di zaffiro, in modo da presentare l'immagine della volta celeste col suo azzurro splendore, ed è disseminata di piccoli punti luminosi che brillano come stelle nell'oscurità della notte. Vi è un'immagine del Sole, fatta d'oro, e una della Luna, d'argento. Messi in movimento da un ingegnoso orologio nascosto i due astri camminano senza posa attraverso un superbo zodiaco: cembali d'oro annunciano l'avvicendarsi dei giorni.
L'insieme del Tempio forma un'alta e vasta rotonda divisa in un certo numero di cori sporgenti verso l'esterno. Alcuni manoscritti ne contano 72, altri danno la cifra di 22. Le due cifre, come vedremo più avanti, hanno un significato aritmosofico e non sono in contraddizione fra loro. Chi sollevasse poi delle riserve sulle proporzioni gigantesche dell'edificio con i suoi 72 cori, dimenticherebbe che il Tempio del Graal è situato "alla confluenza dei due mari", in una "Terra di Luce" che non è retta dalle leggi della fisica. In ognuno dei cori l'altare è orientato, cioè rivolto verso est. Anche il coro principale è rivolto a Oriente: la sua misura è doppia delle altre (nel caso dei 22 cori si ha quindi un totale di 22+2, cioè 12x2 = 24) e il suo aspetto più sontuoso. Esso è consacrato allo Spirito Santo. I cori successivi sono dedicati a ognuno degli undici apostoli, mentre i quattro evangelisti sono rappresentati da quattro statue di Angeli con le larghe e alte ali spiegate che dirigono l'attenzione verso il Trono celeste. Tre portali danno accesso al Tempio: a ovest, a sud, a nord. Sopra il portale occidentale si trova un organo di fattura e potenza straordinarie.
Infine, al centro della rotonda, si trova il Sancta Sanctorum, un piccolo edificio che riproduce, come un microcosmo, l'intera struttura del grande Tempio, con la differenza che invece di avere molti cori esso ha un unico altare. Le torri che all'esterno fiancheggiano il grande Tempio sono qui sostituite da cibori con immagini di santi. In questo Sancta Sanctorum è conservato il Graal, sospeso a mezz'aria, così che lo spazio sottostante forma un largo sacrarium. Il rapporto architettonico tra il grande Tempio e il microcosmo corrisponde al rapporto tra il Tempio esteriore e il Tempio interiore dell'uomo come microcosmo. La meditazione che interiorizza la visione del Tempio costruito da Titurel conferirà a questo il suo pieno significato mistico. Si tenga ancora presente che l'edificio ha, nel suo insieme, l'aspetto di una semirotonda gotica raddoppiata in modo da diventare un cerchio perfetto. Ora, potrebbe esservi, a nostro parere, un profondo significato esoterico nella sparizione delle chiese templari a pianta circolare a favore del coro gotico, che si presenta come un semicerchio aperto sul rettangolo della basilica.[9]

Le corrispondenze
Il Tempio del Graal concepito da Titurel è un'immagine del Tempio cosmico.[10] Vi si distinguono tre zone: mediana, inferiore, superiore. La zona mediana è formata dai 22 (+ 2 = 24) e dai 72 cori. Alberi artificiali carichi di Angeli e di uccelli; sul pavimento una foresta di fiori, gigli e rose; sulle mura smeraldi di un verde splendente: tutta la rotonda offre lo spettacolo di un giardino incantato, di una Terra trasfigurata, di un paradiso terrestre. La zona inferiore si trova sotto la pavimentazione a lastre di cristallo, trasparenti come l'acqua. In questo mare di cristallo, pesci e altre creature sono messi in movimento da un meccanismo ingegnoso. La zona superiore corrisponde alla cupola rivestita di zaffiro, che riproduce la volta celeste con tutte le costellazioni. Il Tempio è quindi la rappresentazione vivente del cosmo: cielo, terra, acqua. Si può anche dire, come nei casi precedenti, che il Tempio è il legame tra il celeste, il terrestre, il sotterraneo. In quanto tale il Tempio del Graal è un santuario situato al centro del mondo: Montsalvat è la montagna al centro del mondo.[11]
Abbiamo ricordato che Albrecht von Scharfenberg non manca di riferirsi al Tempio di Salomone: non che vi sia una corrispondenza architettonica tra i due, perché il Tempio di Salomone non è l'archetipo architettonico del Tempio del Graal, ma Albrecht vede i due Templi come complementari.[12] Anche il Tempio di Salomone era stato costruito per essere dimora della Šěkhīnah, cioè della Presenza divina. Il Tempio di Titurel è stato costruito per essere la dimora del Santo Graal, e questo fatto può contenere forse qualche indicazione sulla natura stessa del sacro calice. Il Tempio del Graal non è un edificio di ispirazione e di finalità ecclesiastica: non è insomma una tra le tante chiese della cristianità. E il ciclo del Graal, sia che esso prenda origine da Titurel o da Giuseppe di Arimatea, primo vescovo cristiano, sembra ignorare completamente la gerarchia romana. Il Tempio del Graal realizza nel ciclo del Nuovo Testamento il Tempio corrispondente all'edificio innalzato da Salomone nel ciclo dell'Antico Testamento. Ecco perché i due templi hanno fruito della stessa assistenza divina.
Sarà quindi opportuno meditare le convergenze funzionali tra il Tempio circolare del Graal e l'edificio, già citato (vedi p. 224), noto con il nome di "Cupola della Roccia" (Qobbat al-Ṣaxra). Quest'ultimo sorgerebbe nel punto preciso del Sancta Sanctorum del Tempio salomonico e lo si trova raffigurato sull'antico sigillo dei cavalieri templari. La sua pianta (un cerchio inscritto in un ottagono), prototipo di alcune chiese templari, raffigura il santuario ideale di un regno di Salomone cristiano. Ma per la sua origine l'edificio appare anche come il santuario di un regno di Salomone islamico. La roccia sacra vi assume una funzione omologa a quella della Ka'ba. L'edificio è un tempio-reliquiario, la cui reliquia è proprio questa roccia umbilicus Terrae, punto di partenza di tutta la Creazione e luogo del Sancta Sanctorum.[13] L'Imago Templi invita dunque alla riunione delle grandi famiglie della tradizione abramica, di tutte le "comunità del Libro" (Ahl al-Kitāb).
Questa convergenza dovrebbe essere meditata ricorrendo alla guida della visione di un altro tempio che nel capitolo finale del Nuovo Titurel è dichiarato paragonabile soltanto al Tempio del Graal. Questa meraviglia architettonica è la cappella palatina che sorge nel paese del misterioso Prete Gianni. È un "Oriente" che sarebbe vano cercare sulle nostre carte, come si illudono di poter fare i letteralisti: in questo "Oriente", paese mistico del Prete Gianni, Titurel e Parsifal trasporteranno infine il Santo Graal ormai nascosto agli occhi dei mortali, come il Tempio che annuncia la Gerusalemme celeste. Ma vediamo almeno in quale direzione può ancora essere condotta la ricerca del Graal, e quindi qual è il senso della vocazione di Titurel, costruttore del Tempio. Attraverso di lui si compie il passaggio dal Tempio di Salomone alla Gerusalemme celeste della visione giovannea. Le gesta di Titurel sono indissociabili da quelle dei costruttori del primo e del secondo Tempio, Ḥīrām e Zorobabele, così come sono indissociabili le tre ierofanie dell'Imago Templi: Tempio di Salomone, Tempio del Graal, Tempio giovanneo, cioè la Gerusalemme celeste. Indissociabili poiché ognuno di essi si riferisce al tempio spirituale costituito dalla "Chiesa interiore", l'Ecclesia Johannis. È qui tutta la teologia del Tempio del Graal.
La teologia del Tempio del Graal Titurel stesso, nel suo grande "discorso del Trono", ci dà l'interpretazione del Tempio del Graal.[14] Egli espone qui la sua dottrina del Tempio e si rivolge ai giovani perché si mettano al servizio dello Spirito con la virtù che il Graal esige. Naturalmente l'interpretazione data dal poeta, Albrecht von Scharfenberg, per bocca di Titurel, non è esauriente, perché tende a far emergere l'aspetto teologico lasciando però aperta la strada ad altre interpretazioni.[15]
Il primo particolare che colpisce è l'età di Titurel: il poeta gli attribuisce quattrocento anni, ma egli ha la bellezza, il vigore, la giovinezza di un uomo di trenta. Il segreto di questa giovinezza è l'identificazione di Titurel col suo Tempio: ogni uomo ha per sempre l'età del suo Tempio. L'inizio della costruzione del Tempio ha segnato per Titurel una seconda nascita, il dies natalis a un livello di realtà superiore. I trent'anni della costruzione del Tempio saranno per sempre la sua età, perpetuando nel tempo il rigoglio della sua giovinezza. Questa è la regola del Tempio (vedi le righe di Vladimir Maximov poste in epigrafe).
Un secondo particolare interessante, che prelude al la grande spiegazione del Tempio, è l'importanza conferita al ruolo dell'arcangelo Michele. Da una parte, come preludio alla ierostoria del Tempio, viene l'evocazione delle coorti angeliche che combattono al comando dell'arcangelo Michele: la sua discesa sull'alta montagna di Salvaterra e il trasferimento, lassù, della cavalleria del Graal. Dall'altra, come postludio, viene l'immagine dell'arcangelo Michele come colui al quale spetta la funzione di "pesare le anime".[16] Come la comunità di Qumrān sperimentava la presenza invisibile delle potenze angeliche al cui fianco conduceva la lotta contro i figli delle Tenebre, così i Templari del Graal sono i compagni delle milizie celesti. L'Imago Templi, nel trentesimo anno della sua edificazione, guida l'ingresso nella lotta. La pesatura del "bottino" conquistato guida la meditazione del Tempio preparando l'uscita da questo mondo: di qui l'insistenza sul doppio ruolo dell'arcangelo Michele.
La meditazione interiorizzante trasformerà ogni pietra del Tempio in una virtù. Ed è questo che permetterà al poeta di far apparire la Gerusalemme celeste attraverso il Tempio del Graal, nel "discorso del Trono", dopo aver ricordato il Tempio di Salomone. Nello stesso tempo viene stabilita la connessione tra il Graal e la vocazione di coloro che lo hanno in custodia. In ogni momento essi fanno al Santo Graal l'offerta di un cuore puro. La cavalleria esige degli uomini la cui anima abbia la virtù del "diamante" (adamas). Il termine non è scelto a caso: esiste infatti una connessione esotrica tra quella che potremmo chiamare una "mineralogia sacra" e l'antropologia mistica, la concezione dell'uomo implicita nella teologia del Tempio del Graal.
Poiché tutti i minerali preziosi entrano nella sua composizione, il Tempio diviene la parabola, la similitudine dell'Uomo. Il fatto è che il senso del Tempio di Titurel è di promuovere la formazione del Tempio nell'uomo, di investirlo dell'Imago Templi. Come il Tempio è costruito con i materiali più nobili, così deve esserlo anche l'uomo, perché Dio vuole abitare l'anima umana. Parabola dell'uomo individuale, in primo luogo, ma anche parabola della comunità umana, dal momento che, attraverso l'invisibile azione dei suoi cavalieri, lo Spirito farà coincidere i limiti della comunità del Graal con l'umanità intera. Per la trasformazione interiore dell'uomo, la meditazione che interiorizza la virtù di ogni pietra approfondendo il simbolismo di ciascuna riveste un ruolo essenziale.[17] Abbiamo nominato il diamante: vengono poi citate le dodici pietre preziose che portava Aronne quando penetrò nel Tempio. Il numero dodici richiama poi i dodici apostoli ai quali la cristianità deve la diffusione della sua fede (si pensi anche alle dodici pietre preziose che si trovano nelle fondamenta della muraglia della Gerusalemme celeste: Apoc. 21, 19-20).
Vengono quindi menzionati gli effetti di ogni pietra preziosa, sia sull'uomo interiore che sul suo corpo. Questa mineralogia sacra indica che il segreto del Tempio del Graal, trasposto all'uomo individuale, è il segreto della purificazione e della nobilitazione di tutta la sua persona. Conoscere il "linguaggio" dei minerali preziosi appare quindi come una condizione preliminare per partecipare al nutrimento dispensato dal Graal. È vero che il processo è circolare: l'uomo deve acquisire le virtù per preparare dentro di sé una dimora al Santo Graal, ma queste virtù, a loro volta, non possono procedere che dal Graal. Punto di partenza e punto di arrivo coincidono. Ma questo circolo, rivelando il rapporto tra i minerali preziosi e l'essere essenziale dell'uomo, rivela allo stesso tempo il rapporto tra l'uomo e il Graal. Fino alla costruzione del Tempio il Graal non poteva essere toccato che dagli Angeli. Ora esso tollererà il contatto degli uomini, ma solo di quelli che hanno acquisito la virtù-diamante. Ed è questa la cavalleria del Graal.[18]
Siamo ora in grado di comprendere il rituale e le liturgie del nostro Tempio. È significativo che delle tre grandi feste cristiane (Natale, Pasqua, Pentecoste) la Pentecoste occupi un posto molto più importante delle altre due (una riga per le prime due, un'intera strofa per la terza). Il fatto è che la Pentecoste è la festa più importante del Tempio del Graal: il coro principale del Tempio è consacrato allo Spirito Santo (vedi sopra, p. 238) e la spiritualità dei cavalieri del Graal è dominata dal mistero della Pentecoste. Nella Queste del Saint Graal il Santo Graal si manifesta ai cavalieri riuniti attorno a re Artù la sera della Pentecoste: "Sentirono avvicinarsi un rumore di tuono (...) Ed ecco che entrò un raggio di sole che rese la sala sette volte più chiara di prima. Coloro che erano là furono come illuminati dalla grazia dello Spirito Santo." Per lungo tempo tutti rimangono muti, poi appare "il Santo Graal coperto da un pezzo di seta bianca ma nessuno poté vedere chi lo portava".[19] L'indomani la Ricerca del Graal ha inizio.
La festa della Pentecoste nel Tempio del Graal non è una semplice commemorazione dell'effusione dello Spirito. Abbiamo visto prima (pp. 215 sgg.) che nella comunità-tempio di Qumran la liturgia celeste era escatologia realizzata. Qui la liturgia del Graal è la Pentecoste realizzata, l'evento "al presente". E questo perché l'effusione del Paraclito non si è compiuta una volta per tutte nel passato: è sempre futura, la comunità continua sempre ad attenderla. La norma del Tempio, anche qui, è lo iam et nondum: già e non ancora (vedi sopra, pp. 210 sg.). Di qui il persistere dell'esoterismo cristiano (vedi pp. 219 sgg.) di cui è monumento il ciclo del Graal. L'Imago Templi di Titurel è la stessa che domina tutto l'orizzonte paracletico, compresa l'Ecclesia Johannis dei gioachimiti (vedi pp. 215 sgg.).[20] Come si diceva poco fa, il Graal prima del "tempo di Titurel" è il Graal sostenuto in aria dalle mani invisibili degli Angeli. Il "tempo di Titurel" è il "tempo del Tempio", il ricorrere del mistero liturgico "al presente". Il Graal può ora essere toccato dai suoi cavalieri e moltiplicarsi indefinitamente in ogni anima che avrà raggiunto la purezza richiesta.
Già prima (pp. 193 sg.) la nostra attenzione si era soffermata sull'affinità che si può scorgere tra l'Imago Templi della Gerusalemme celeste nell'esoterismo ebraico e l'idea del Tempio mistico in Meister Eckhart. Anche qui l'accostamento si impone. "Ci si può chiedere se Meister Eckhart, il mistico nato nell'epoca in cui il romanzo (il Nuovo Titurel) fu scritto (tra il 1260 e il 1270), non sia stato toccato dalla luce del Graal e deI Tempio del Graal quando tipizza la parte increata dell'anima non soltanto come una scintilla ma anche come un castellum, una piccola roccaforte (Bürglein).[21] Viene anche spontaneo pensare al tema dell"'uomo nobile" in Meister Eckhart, all'ideale cavalleresco che modella tutto un aspetto della mistica renana del quattordicesimo secolo.
Le due cifre: 22 (+ 2 = 24) e 72, date come il numero dei cori nel Tempio del Graal, hanno un preciso significato aritmosofico. Non c'è da stupirsi se lo spazio interno del Tempio di Titurel tende a espandersi fino a raggiungere escatologicamente l'intera comunità umana. La cifra 24 è il doppio del numero dei segni dello zodiaco e suggerisce la corrispondenza tra il Tempio del Graal e il Tempio cosmico. Ma la cifra 72 corrisponde al numero dei popoli e delle lingue umane (70 o 72) secondo una rappresentazione tradizionale degli antichi. Ora il 72 è virtualmente contenuto nel 12 (12x6 = 72): se insistiamo su di esso daremo dunque la preminenza, più che al rapporto con la volta cosmica, a quello del mistero del Tempio con la razza umana.[22] Già in Wolfram l'ideale cavalleresco riuniva i cavalieri d'Oriente e d'Occidente in una stessa cavalleria. In prospettiva escatologica il servizio del Graal deve riunire nel Tempio di Titurel l'intera umanità: il mistero della Pentecoste è nel Tempio del Graal l"'escatologia realizzata".
Dicevamo inoltre che il segreto del Tempio del Graal era, da un lato, il Sancta Sanctorum che esemplifica il rapporto del Tempio con il tempio che è nell'uomo in quanto microcosmo, e dall'altro la sua forma perfettamente circolare. Questa forma ha affascinato gli studiosi: il finlandese Ringbom ne ha ricercato i modelli, le imitazioni, i paralleli e le varianti dalla Persia all'Estremo Occidente. La forma circolare sarebbe la forma per eccellenza dell'edificio sacro a carattere regale. Il concetto di regalità sacerdotale, di re sacerdote, quale è appunto il re del Graal, gli fornisce la chiave per comprendere tutti i santuari tradizionali aventi forma affine a quella del Tempio del Graal.[23] Abbiamo già notato che l'aspetto del Tempio, nel suo insieme, corrisponde a quello di una semirotonda gotica raddoppiata. Ma il coro della chiesa gotica (Saint Martin di Tours o Saint-Remi di Reims, ad esempio) è un semicerchio che si apre sul rettangolo della navata, mentre la pianta generale dell'edificio è cruciforme. Questo abbandono della forma circolare sembra esprimere la rottura dell'integralità che la regalità sacerdotale del Graal comportava, o, per dirla altrimenti, la rottura dell'unità tra l'essoterico e l'esoterico ormai separati e dispersi. L'esoterismo che soccombe alla norma e al potere ufficiale della Chiesa essoterica: è questo, in sintesi, il significato drammatico della storia del Tempio.
Lo storico delle forme architettoniche tradizionali seguirà dunque il cammino dell'Imago Templi da Oriente a Occidente, dove essa non può mantenersi a causa del cuore indurito degli uomini. La pianta circolare è andata distrutta: rimangono solo, con qualche eccezione, strutture a semicerchio, vestigia dell'unità mutilata.[24] L'essoterico ha trionfato. L'idea del Tempio regale ritorna allora al paese da cui era venuta, a quell'''Oriente'' mistico dove viene accolta dal guardiano della regalità sacerdotale, il misterioso Prete Gianni, che non è un sovrano di questo mondo. Sarà questo l'episodio finale del Nuovo Titurel. Non si dimentichi tuttavia che il Tempio del Graal non fu mai visibile se non alla "confluenza dei due mari", nella Terra di Luce, la Terra lucida, l"'ottavo clima" che gli Išrāqīyūn indicano come "Oriente intermedio". Esso non poteva "incarnarsi" in questo mondo, secondo l'uso abusivo che oggi si fa di questo termine. Da questo "Oriente intermedio" il Tempio, in una sola notte, viene trasferito nell"'Oriente" del mondo metafisico. Titurel e Parsifal vi trasferiscono il Santo Graal.
Ma se questo "ritorno a Oriente" ha una virtù simbolica per la storia delle forme architettoniche tradizionali, l'ha anche per quanto riguarda il tempio che è nell'uomo, o meglio il tempio che è l'uomo. Torniamo qui al dramma della distruzione del Tempio, che abbiamo preso in considerazione all'inizio della nostra ricerca sotto la guida di un maestro cabalista dei nostri giorni: dramma che si consuma con la nostra entrata in questo mondo. Occorre un'intera vita per ricostruire il Tempio. O meglio: non si esce dal mondo dell'esilio se non a condizione di passare per la nuova nascita rappresentata dalla ricostruzione del Tempio. Il trasferimento del Tempio in India è il ritorno dell'anima al suo paese d'origine.
Questo "ritorno a Oriente" ci suggerisce infine il segreto della cavalleria del Graal: l"'India" in cui i cavalieri si ritirano al seguito di Titurel e di Parsifal non è quella che possiamo trovare sulle carte geografiche. Il termine indica tradizionalmente un lontano Oriente in cui comincia la regione del paradiso invisibile. Sarebbe inutile, anzi ridicolo, identificare il Prete Gianni del ciclo del Graal con qualche sovrano di questo mondo, mongolo o etiope, ad esempio, come è stato fatto in passato. Alla fine dell'epopea di Wolfram il Prete Gianni sarà il nipote di Parsifal. Alla fine dell'epopea di Albrecht è lo stesso Parsifal a riceverne il nome e la dignità.[25] Il Prete Gianni è il re sacerdote ideale del regno giovanneo. Il ritorno dei Templari del Graal nel regno del Prete Gianni è il loro rientro nell'invisibile, nell'incognito più rigoroso.
Non si può allora parlare del Tempio del Graal senza avere presenti alla vista e all'udito i drammi musicali di Richard Wagner. Nel "racconto del Graal" Lohengrin enuncia la regola dello stretto esoterismo a cui ogni cavaliere del Graal è sottoposto: "E la sua forma è sacra finché rimane a tutti ignoto." L'episodio finale del loro "ritorno a Oriente" ci suggerisce come rappresentarci nel modo migliore il rapporto tra i templari del Graal - quelli del Parsifal e quelli del Nuovo Titurel - e i cavalieri dell'Ordine storico del Tempio come manifestazione visibile di una cavalleria ancora superiore e ignota agli uomini: depositario temporaneo di una missione affidata secolo dopo secolo ai più degni da questa cavalleria trascendente. Nel secolo diciottesimo lo stesso Willermoz interpreta il significato dell'Ordine storico del Tempio in rapporto a un templarismo permanente ad esso superiore e attraverso il quale diventa possibile far risalire l'Ordine storico del Tempio all'Ordine degli esseni. L'occultamento della cavalleria del Graal corrisponde precisamente a questo stato di cose.
Il trionfo dell'Imago Templi consiste dunque nell'uscire sana e salva da tutte le sconfitte e da tutti i colpevoli cedimenti alle norme di questo mondo. La controstoria finisce per avere la meglio sulla storia profana. Rientrati nel loro segreto, i Templari del Graal potranno essere chiamati con altri nomi: ad esempio i "Figli della Valle", nel grande poema drammatico di Zacharias Werner.
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*Da: CORBIN H., L'immagine del Tempio, Boringhieri, Torino, 1983, pp. 236-247.

[1] Nel sedicesimo libro, quello finale: "Essi (Parsifal e Amfortas) pregarono il re di Zazamanc (...) di venire nel tempio in cui si conservava il Graal." Vedi Wolfram von Eschenbach, Parzival, trad. it. (Torino 1957) p. 604.

[2] Preferiamo citare il nome in questa forma, divenuta ormai classica dopo Richard Wagner.

[3] Albrecht von Scharfenberg, Jüngerer Titurel, a cura di W. Wolf (Berlino 1955-64). Segnaliamo in particolare l'eccellente tesi di Gudula Trendelenburg, Studien zum Gralraum im ''Jüngeren Titurel' (Göppingen 1972). Già L. I. Ringbom aveva ampiamente utilizzato l'epopea di Albrecht nella sua grande opera Graltempel und Paradies: Beziehungen zwischen Iran und Europa im Mittelalter (Stoccolma 1951). La sua ricerca abbraccia tutti i prototipi, imitazioni e paralleli del Tempio, dall'Oriente all'Occidente, insistendo in particolare sull'affinità tra il Burg sassanide di Persia e il Gralsburg. Il materiale raccolto è considerevole ma, per quel che concerne le possibili conclusioni, bisognerebbe definire meglio lo spartiacque tra la ricerca storica propriamente detta e la ricerca fenomenologica comparativa.

[4] Ringbom (op. cit ., pp. 21 sgg.) ne dà un ampio riassunto.

[5] Questa è la forma che qui adotteremo.

[6] Non è possibile qui entrare in tutti i particolari della ierologia del Graal, la sua discesa del Cielo portato dagli angeli,
i Templari che lo custodiscono ecc. Si veda la già citata traduzione italiana (nota 234).

[7] Chiamare in causa Ercole (vedi Ringbom, op. cit ., p. 452) sarebbe fuori luogo, mentre il nome del basileus Eraclio
è noto a tutta la tradizione alchemica; esso figura già nella versione ermetica di "Salamā m e Absā l", vedi ARV , vol. I, p. 243 nota 352.

[8] La tesa valeva circa due metri.

[9] Vedi Ringbom, op. cit ., pp. 50 sgg.

[10] Ibid., p. 58.

[11] Ibid., p. 247. Nello sviluppare questo motivo, Ringbom ha tentato di mostrare le corrispondenze tra il Gralsburg e l'architettura del castello-tempio di Xosraw a Šiz, nell'Iran nord-occidentale, vedi pp. 75 sgg. Šiz (sede di importanti scavi archeologici della missione archeologica tedesca in questi ultimi anni) si chiama oggi Taxt-e Solaymān, "trono di Salomone"; abbiamo già ricordato in precedenza il significato della Perside (il Fārs, sud-ovest dell'Iran) come "regno salomonico", vedi sopra, pp. 156 e 170.

[12] Ibid., p. 57.

[13] Ibid., pp. 203-06, e, in questo volume, il nostro studio su Qāżī Qommī.

[14] Sono le strofe 510-86; Gudula Trendelenburg (op. cit ., pp. 73 sgg.) ne dà un'analisi che meriterebbe di essere sviluppata in un'opera autonoma.

[15] Ibid., p. 80.

[16] L'arcangelo che tiene in mano la bilancia è un tema classico dell'iconografia di san Michele (per esempio nel portale della Sainte-Chapelle di Parigi).

[17] Ibid., pp. 76 sg., si troveranno alcune delle corrispondenze enunciate per le parti costitutive del Tempio.

[18] Ibid., pp. 78 sg., 83.

[19] La quête du Graal cit., pp. 63 sgg.

[20] Si vedano i nostri due studi citati alla nota 154.

[21] Vedi H. Adolf, Visio Pacis: Holy City and Grail: An Attempt of an Inner History of the Grail Legend (Pennsylvania State 1960) p. 139, citato da Gudula Trendelenburg, Studien , p. 85. Vedi anche sopra, pp. 334 sgg. e note 112 sg. Si ricordi il concetto di Šahrestān-e Jān , "il castello dell'Anima", in Sohravardī , il metafisico della luce (šayx al-išrāq) per eccellenza. Occorrerebbe approfondire il significato mistico dell'epopea di Albrecht e sviluppare la breve indicazione data da Gudula Trendelenburg (Studien , p. 112) su metafisica della Luce e stile gotico.

[22] Vedi Gudula Trendelenburg, op. cit ., pp. 90 sg., 193 sgg. dove si citano numerosi esempi dell'uso archetipico delle cifre 70 e 72; ricordiamo che gli schemi con cui il filosofo sciita persiano Ḥ aydar   molī rappresenta le 72 sette, scuole e religioni in cui si suddivide il genere umano prima e dopo l'Islā m, corrrispondono perfettamente al piano ideale del Tempio di Montsalvat dai 72 cori. Su questi schemi si veda il nostro studio La Science de la Balance et les correspondances entre les mondes en gnose islamique (d'après l'oeuvre de Ḥaydar Âmolī, VIIIe/XIVe siècle), in Temple et contemplation (Parigi 1981) pp. 67-141.

[23] Trendelenburg, op. cit ., pp. 98 sg.; Ringbom, op. cit ., soprattutto il cap. 10, pp. 140-78, 197 sg.

[24] Si pensi però alla rotonda di Neuvy Saint-Sépulcre (Indre), alla Round Church di Cambridge ecc.

[25] Vedi II , vol. 4, indice, s.v. "Prêtre-Jean".

giovedì 16 febbraio 2017

I MISTERI DEL REGNO DEI CIELI

Testo del Vangelo (Mt 13,1-23): Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole.
E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
«Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

domenica 6 novembre 2016

Il Dio d'Occidente





Leggere la Sacra Bibbia non è impresa agile. Quello stronzo di Lutero pretendeva che tutti potessero trovar consiglio direttamente, senza intermediari, dalla lettura del Testo. Oggi, invece, la Chiesa cattolica non si pone più problemi di natura esegetica, in preda all’isteria neomodernista dei Galantino e dei Bergoglio.  Ecco, questa posizione mi fa tremare le vene e i polsi. Oggi, sempre oggi, si insidia la Rivelazione e non è una novità, ma sembra più duro l’attacco da parte degli incappucciati della loggia nera all’Antico come al Nuovo Testamento. So quale fine abbiano fatto i Profeti, culminata con l’uccisione di Cristo. Poi la vicenda continua sin dalle prime Comunità, per raggiungere ora limiti estremi di pericolosità. Dal sacro Colle si sproloquia di pluralismo e di ecumenismo. Si condanna ogni integralismo (“che orrore” cinguettano i cardinaloni con voce femminea) definendolo anticristiano. Indubbiamente si andrà a finire nel solve et coagula, dissolvi e massifica della subdola allucinazione massonica. È scritto, in fondo. Purtroppo ritorniamo al disastro della civiltà romana deprecato da San Leone Magno: ”Ci sembra di aver scoperto una grande religione per il fatto di non respingere alcuna falsità, facendoci schiavi degli errori ed eresie di tutte le Genti” (Omelia S. Pietro). Si confonde la comprensione e l’amore per ogni creatura con le menzogne che la brutalizzano e schiavizzano. Si sta sempre oscillando tra teocentrismo, che esclude l’uomo, e antropocentrismo che esclude Dio. Solo il Mistero dell’Incarnazione di Gesù, vero Dio e vero uomo, rende equilibrio all’equazione. Non c’è Chiesa se con l’adorazione di Dio non attueremo questo mistero che dà il potere di divenire figli del Padre celeste. Quando non si parte dalla Grazia e non si arriva a dare la massima prova della carità col dono della nostra stessa vita, come Cristo l’ha data, allora riduciamo tutto ad ipocrisia e vana formalità. 
Per capire il perché misterioso del Creato e dell’uomo è necessario tralasciare le oscure fabulazioni dei teosofi, le artificiose teorie dei cosmologi che sostengono che tutto ebbe inizio da un meteorismo gigantesco e diffidare dei teologi della nuova generazione, quelli innamorati del cosmismo teilhardiano. Rifacciamoci alla Rivelazione Biblica. Liberi di non credere, naturalmente.
Non posso sottrarmi alla polemica in corso su quanto ha detto padre Cavalcoli durante un programma su Radio Maria, rispondendo ad un ascoltatore. Qui di seguito pubblico la trascrizione.

TESTO COMPLETO: 

ASCOLTATORE: La domanda che le voglio fare è la stessa ma è duplice, nel senso: con il Battesimo l'uomo entra nella grazia di Dio, comincia a circolare in questa dinamica virtuosa; quando l'uomo con il peccato mortale invece esce da questa vita, le conseguenze sono solo spirituali o possono essere anche materiali? E allargo il discorso, per quello dicevo che la domanda è duplice, ma è grosso modo la stessa radice: quando un popolo o i legislatori di questo popolo fanno delle leggi contrarie a Dio, come purtroppo è avvenuto in Italia qualche mese fa – mi riferisco alle leggi sulle unioni civili e a tutto quello che vorrebbe conseguirne, quali sono le conseguenze? E arrivo al punto della mia domanda: le catastrofi naturali come il terremoto, possono essere una conseguenza di un popolo, di un legislatore che fa delle leggi contrarie? Il terremoto di questi giorni può avere una radice….?
PADRE CAVALCOLI: Allora, riprendiamo tutto il suo discorso. Le conseguenze del peccato mortale: il peccato mortale è la perdita della grazia tuttavia Dio sta vicino a tutti, quindi c'è la possibilità che il peccatore si penta e se si pente riacquista la grazia, grazia, come ho detto, che deriva dal battesimo. Quando uno cade nel peccato mortale, si potrebbe dire che la grazia del battesimo quasi si addormenta, di fatto la perde. Per cui se disgraziatamente dovesse morire va all'inferno, è una cosa abbastanza seria. Quindi in caso di peccato mortale bisogna rimediare quanto prima. Altre cose che lei ha detto, la legislazione che è in contrasto con la nostra religione. Sì, anche queste leggi sulle unioni civili certamente ci creano molta difficoltà a noi credenti, non c'è dubbio. Che relazione ci può essere col peccato? Bisogna stare attenti, le leggi dello stato purtroppo a volte possono manifestarsi ingiuste, quindi noi cristiani non dobbiamo approfittarne, perché se ne approfittiamo pecchiamo, possiamo peccare anche mortalmente. Per quanto riguarda poi la questione dei terremoti, cosa possiamo dire? Anche qui posso rispondere con sicurezza come dogmatico: una cosa è sicura, che i cataclismi, la natura, i disordini della natura, tutte quelle azioni della natura che mettono in pericolo la vita umana sono di tanti tipi, le alluvioni, eccetera, hanno una spiegazione di carattere teologico. Non sto facendo il geologo, distinguiamo bene i campi- un conto è una causa fisica di un terremoto, non è il mio campo, lascio tutto il campo agli esperti e mi auguro con tutto il cuore che la scienza progredendo, possa – e ci arriveremo un giorno, ci arriveremo! Come abbiamo fatto tante conquiste, arriveremo in qualche modo a capire quali sono le cause e quindi fare in modo o di difenderci da questi terremoti, poterli prevedere, o (adesso non vorrei spararla grossa) chi non sa che un giorno non arriveremo anche a impedirli, perché no? Comunque, chiuso questo, io sono un teologo, andiamo avanti col discorso teologico.
Dal punto di vista teologico questi disastri sono una conseguenza del peccato originale, quindi si possono considerare veramente come castigo del peccato originale – anche se la parola non piace, ma io la dico lo stesso, è una parola biblica, non c’è nessun problema. Naturalmente bisogna intendere bene cosa si intende per castigo.
Poi un'ultima domanda che lei dice: ma non saranno un castigo divino per azioni commesse oggi nella nostra società? Questo è un discorso molto più delicato, eventualmente si può avere una qualche opinione, qui non si riesce a raggiungere una sicurezza, a meno che uno non abbia un'illuminazione divina. Io vi dico questo, una mia opinione personalissima. Mi ha profondamente colpito questa enorme disgrazia della distruzione della chiesa, che ricorda a Norcia San Benedetto. Mi ha colpito molto, ripeto, non voglio trarre delle conclusioni che rischierebbero quasi la superstizione, però vi confesso che mi ha molto colpito in questo senso: chi è stato Benedetto? Benedetto è il patrono d'Europa, è il padre della civiltà cristiana europea. Oggi, ormai, i più grandi studiosi non solo cattolici, ma anche laici, stanno constatando una gravissima crisi nell'Europa, e anche l'altro giorno ascoltavo una conferenza del professor Gotti Tedeschi, che è un grande economista ma nello stesso momento è anche filosofo, è anche teologo, e si è fermato su questa situazione e ha mostrato il legame che c'è tra la crisi economica europea e la crisi spirituale europea. Adesso non mi diffondo ma è stata interessantissima, tra l'altro ha accennato a come …..esimo interessante, anche lui, economista di fama internazionale ha detto che la crisi della famiglia, il calo delle nascite, è legato anche al processo di "miserimento" verso il quale noi stiamo andando con la dissoluzione, col fatto che le industrie vanno all'estero sta succedendo che i grandi sogni di potenza europea stanno cadendo e in altre grandissime zone del pianeta come in Cina, in America Latina, in Africa, lì non c'è questo calo di nascite, ci sono famiglie numerose, negli stessi paesi islamici, e lì è in atto un grosso sviluppo economico per cui noi europei che vantavamo questa bella idea, questa idea malthusiana che la riduzione delle nascite avrebbe aumentato la ricchezza, sta succedendo l'inverso. Allora arrivo al dunque: castigo divino. Vedete un po’, insomma, si ha l’impressione che queste offese che si recano alla legge divina, pensate alla dignità della famiglia, alla dignità del matrimonio, alla stessa dignità dell’unione sessuale, al limite, no? Vien fatto veramente di pensare che qui siamo davanti, chiamiamolo castigo divino, certamente è un richiamo molto forte della provvidenza, ma non tanto nel senso, non diciamo nel senso afflittivo, ma nel senso di richiamo alle coscienze, per ritrovare quelli che sono i principi della legge naturale.

***
Ognuno di voi, amici, può farsi un’idea complessiva, leggendo per intero il testo e non come riportato dai giornalacci di stampo massonico, a mozzichi e bocconi. La cosa che più mi ha indignato è la presa di posizione univoca della Chiesa di Bergoglio, già, perché è dell’attuale papa la conduzione riduzionista della medesima. Posizione critica assai, a volte feroce contro padre Cavalcoli. La mano pesante del papa buonista non si farà attendere, vedrete. Mi sono incavolato assai per un semplice motivo, la viltà dei preti e la loro devastante incoerenza. Rifletteteci su un attimo: il Dio di Abramo irrompe nella storia dell’uomo, lo testimonia l’Antico Testamento, decide di indicare la Via ad un popolo, quello ebraico e ci stringe un Patto formidabile. Dio, checché ne dica Bergoglio, ha una sua fisionomia, passatemi il termine, ben precisa, scegliendosi un luogo e un popolo, assumendone la guida, punendo se necessario e minacciando quando i tentennamenti o i peccati degli uomini lo richiedono. Guerre distruzioni cataclismi (diluvio, nuclearizzazione di Sodoma e Gomorra) accompagnano il cammino degli ebrei, fedeli e traditori, forti e fragili, come ogni essere umano di tutti i tempi e latitudini. Ora, caro Bergoglio e compagnia funesta sebbene ridanciana, o prendiamo la Bibbia come bussola universale per comprendere l’operato di Dio sul mondo, oppure si svesta e vada a lavorare o si goda la pensione ai giardinetti. Non mi incantano le fesserie degli esegeti che riducono il soprannaturale a favola e le scienze umane a misura di ogni cosa. La modernità nasce dall’idealismo che va da Cartesio e passa per Kant, Fitche, Schelling ed Hegel, giungendo infine a Heidegger. È palese ormai l’attuale andazzo della Chiesa che risente della filosofia laica e dell’influsso luterano. Si secolarizza il divino e si esalta l’Io, e tutto ciò puzza di neognosi.
Vengo a bomba sul caso di cui sopra, per prendere il largo. Su Dio scende il silenzio: non è più la causa di tutto, ma è solo un aspetto del mondo. Qui ci vedo il regresso del cattolicesimo. Il Dio ecclesiastico attuale, non richiede adorazione. Eppure Dio non è il bene dell’uomo, non è una sua funzione, non è il suo senso, la sua giustificazione: è la sua origine. Dio è, prima di ogni altra cosa, Dio. Questa è l’adorazione. Il Nuovo testamento non soppianta l’Antico, ma osservo che l’attuale pensiero dei preti esclude l’adorazione e senza di questa, l’unica risposta alla prova del male è la ribellione. Il Dio compassione, misericordioso, non sono risposte al male. Se non studiamo gli attributi di Dio, svuotiamo la religione della sua ragion d’essere. Se non partiamo da Dio non andiamo da nessuna parte. Per capire che cosa vuol dire che Gesù è Dio, occorre prima capire chi è Dio, altrimenti la figura di Cristo è ridotta solo a termini umani. Il brodetto umanistico che esce dalla bocca di Bergoglio, è insipido, banale, tutto ridotto al minimo comun denominatore per piacere a tutti, atei e massoni, credenti e tifosi. Oggi la catechesi comincia da Gesù (schema in voga negli anni ’70 dai cattolici olandesi) e l’effetto non si è fatto attendere: la scristianizzazione dell’Occidente. Sembra un paradosso, vero? Si parla di Gesù che è buono, ecologista, socialista, e che succede? Si svuotano le chiese, le vocazioni diminuiscono, la fede latita. Perché? Perché Cristo non appare a chi non ha conosciuto prima il Dio di Gesù e questi non può essere compreso senza il Dio di Israele, il Dio dell’Antico Testamento. Per capire il Dio amore, bisogna conoscere il Dio che si adora, il Dio di cui si accetta la volontà anche quando non ci aggrada, il Dio che è fondamento dell’essere e dell’accadere. Non ci sono aggiornamenti né revisioni che tengano, questa è la base, il punto di partenza. È aprire gli occhi a ciò che non vediamo nella realtà: la bellezza e la sapienza che la conducono, la Provvidenza che ci guida. Per riuscire a intendere in Gesù il Mistero di Dio dobbiamo farci folgorare dalla grandezza di Dio. Adorare è vedere il mondo nascosto con i sensi e la ragione, ma un mondo che circonda, vive e fa vivere il nostro mondo. Per questo Dio si percepisce prima che si dimostri.
L’Occidente è nato dalla Chiesa cattolica, in cui Dio era temuto adorato amato; una presenza guardata, al contrario di oggi. Le fondamenta della civiltà erano fatte col cemento di Dio, ma ciò che sembrava indistruttibile fu invece preso a colpi di maglio, dapprima senza far rumore, poi col fragore del tuono. Ma chi sente oggi il boato della rovina?
L’imprudente padre Cavalcoli ha detto cose che suonano orribili, inaccettabili per uomini moderni. “Orrore” strillano i benpensanti insieme ai preti. Come si può concepire il castigo di Dio? Beh, nessuno ne parla più. Non c’è omelia che lo evochi. Bergoglio dice che Dio è misericordioso. È vero, ma non prima di averci puniti se sbandiamo o tradiamo. È dura, anzi, è impossibile ammettere che un cataclisma naturale sia opera di Dio, se non quello vendicativo dell’Antico Testamento. Ma dov’è finito quel Dio così violento? Rimuoverlo è un artificio psicanalitico. Ci facciamo poco. A meno che ‘sto papa non strappi dalla Bibbia quel Dio e lo sostituisca con uno a nostra immagine. A meno che non vogliamo inventarci una nuova religione, più politicamente corretta, new age, universalista, senza steccati, dove l’inferno non esiste o al più è vuoto, dove tutto quel che succede nel mondo è frutto del caso e della necessità, così come sosteneva Monod. Sì, una religione democratica, dove Dio si consulta con il sacro collegio di suoi pari e tutto si sottopone a votazione. Ma la storia ci svela altro ed è terribile. Da piccole fessure demoni si introducono senza resistenza. L’uomo si è arreso all’uomo e non punta più i suoi occhi al Cielo e con profondo tremore non invoca più la pietà di Dio.