Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

domenica 22 febbraio 2009

Il testamentificio biologico per la fabbrica di trapianti mondialista



 
Che ne sappiamo noi poveri, ignari blogghisti di quello che avviene alle nostre spalle, di quello che si decide per noi e come ci viene proposto dagli stregoni televisivi, dagli esperti della penna e della parola, dagli schiattamorti della scienza, figlia degenere della sapienza di un tempo passato.
Questa è l’alta chirurgia indolore che giornalmente in massa subiamo per gli interessi economici di pochi.
Diamogli ancora spazio e vedrete che per salvare l’umanità dalla fame, quanto prima verranno fuori dai nostri malfidati esecutori di testamenti biologici scatolette di prodotti alimentari persino al gusto di fragola. 
Tanto più, dico io, verrà messa in moto la macchina dell’eutanasia tanto più trapianti d’organi si potranno fare con il risultato a breve, di un indiscriminato sterminio, non solo dei diversamente abili, ma di tutti quei poveri disgraziati che andranno a finire ignari in qualunque struttura sanitaria. 
Per me, l'unica legge universale è germogliare e crescere – crescere nella tempesta e nelle intemperie – a dispetto di tutto.
Alla malora le puttanesche sibille e gli aruspici incantatori del verbo scientifico. Alla malora i teorizzatori della buona morte, persecutori della vita e spregiatori dell'anima. Alla malora i giannizzeri dell'ideologia, orfani di Stalin e cortigiani di tutti i macellai della storia, propugnatori di società collettivistiche uniformi di pensiero e killer di anime. Alla malora tutti i tifosi del marchese De Sade, tizzone infernale e sanguinolento araldo del sesso “a tanto il chilo” e sostenitore dello stupro sociale. Dio mi perdoni e ci perdoni.

sabato 21 febbraio 2009

ALLEANZA NAZIONALE: ASCESA E DECLINO DI UN PARTITO POLITICO




Quando si governa la memoria vacilla. Alleanza nazionale ne è la prova lampante dell'assunto iniziale. I giovinottini del gruppo dirigente del dopo Almirante, attori principali della svolta (?) di Fiuggi, ubriachi del vino aspro ad alta gradazione del potere, sono ormai travolti/stravolti dalle luci della ribalta, dal palcoscenico tronfio, fanfarone e litigioso della politica da basso impero della nostra pur amata Italia. La classe dirigente di AN, ebbra di cesarismo all'amatriciana, senza guida carismatica e dall'insostenibile leggerezza di pensiero, navigante a vista, è incapace ormai di risollevarsi. Probabilmente non lo vuole, non lo ha mai voluto.
La prospettiva di Fini & Co. di andare al Governo sin dal 1994, sdoganati dal Cavalier Berlusconi in procinto di scendere in campo, preoccupati di presentarsi nei salotti buoni con volti tranquilizzanti, dismessi gli abiti fascistoidi, cravattine fresche di boutique spesso però sbagliate nell'abbinamento di colore, teste sgombre (troppo), obliato il furioso armamentario ideologico e argomentativo del defunto MSI, in tale prospettiva tutti gli uomini di Alleanza Nazionale non potevano che recidere le proprie radici. Rinunciando troppo presto al passato si son buttati senza paracadute dal parapetto del futuro. Il tonfo era annunciato.
Con il nuovo partito, il leader Gianfranco Fini (o ex leader poco importa) ha intrapreso un percorso diverso da quello che era ipotizzabile: ha istituzionalizzato una destra sino ad allora giudicata pericolosa e inavvicinabile, e che ora si appresta a diluirsi in quel grande Partito Popolare europeo – la grande casa un tempo considerata il simbolo del democratismocristiano dei fondatori dell’Europa – senza lasciare tracce, senza avere una vera e propria identità e soprattutto, senza apportare alcuna novità. Ondivago ultimamente sui valori tradizionali, Fini dimostra col tempo di badare più al suo ruolo nelle Istituzioni che alle sorti del suo partito. Fini, il presidente Fini parla sempre più veltroniano, sempre più doroteo nelle scelte, sempre meno uomo di destra. In materia morale e religiosa si trova su posizioni laiche nel senso limitante del termine, distaccandosi da quell'area conservatrice cattolica, egemone tra le anime della destra italiana. Ma facciamo un po' di storia.
Nel 1971-72 è Giorgio Almirante che inaugura una politica di “presentabilità” politico-culturale che non sarebbe stata dimenticata. Il segretario del Movimento sociale italiano fa le prove generali di una metamorfosi che ventitré anni dopo trova una sua maturazione in Alleanza nazionale.
Almirante affianca alla vecchia sigla Msi quella di Destra nazionale e ci costruisce sopra un programma di allargamento ai moderati monarchici e cattolici spaventati dall’orso comunista.
I savoiardi accettano l’invito e insieme con loro giungono nel partito ufficiali dell’esercito e funzionari di polizia, come l’ammiraglio Gino Birindelli, comandante delle forze Nato nel Mediterraneo.
Parallelamente, Almirante si pone anche il problema di mettere in forma un minimo d’intellighenzia organica al partito. In mancanza di elementi validi disponibile all’operazione, la scelta cade sul filosofo ex marxista Armando Plebe. Tracce intellettuali non ne restano. Le urne invece premiano la strategia almirantiana ottenendo nel 1972 il 9,2 per cento al Senato e l’8,7 alla Camera. La rappresentanza parlamentare è quasi raddoppiata: 56 deputati e 26 senatori. Oggi sono cambiati soltanto i nomi dei protagonisti. Alleanza nazionale non ha mai faticato a tenersi lontana dalla cultura sotterranea (la più vivace), che si è rifiutata di passare dal nostalgismo provinciale all’antifascismo smagliante di Gianfranco Fini. Ma non ha risolto il problema d’una destra tutta ciccia e brufoli da collocare nell’età adulta della società intellettuale. Delle varie e fallimentari iniziative politico-culturali come Fondazione Farefuturo si può dire che agli occhi dei promotori rappresentano la risposta delle risposte, la chiave algebrica di una nuova equazione culturale. Contenti loro. Insomma, gli esponenti della destra attuale hanno abbandonato la casa del padre per rifugiarsi in residence comodi, politicamente corretti, tipo Milano 2.
A proposito di radici. Certamente il fascismo si è reso protagonista di orrori tremendi – le leggi razziali promulgate nel '38, la partecipazione italiana ad una guerra folle alleati di quel folle di Hitler - ma non tutto è da buttare via. Il fascismo infatti, ha rappresentato per almeno una decina d’anni un’esperienza formativa per la cultura e l’identità italiane derivante da una serie di esperienze che affondano le radici nel Risorgimento italiano e nella Prima guerra mondiale: il fascismo in pratica non ha inventato nulla, bensì ha riunito i filoni storici della sinistra e della destra nazionali. Ricordo gli studi storici di De Felice per avere un quadro chiaro, oggettivo su quei tempi drammatici, al di la di revisionismi nostalgici e lontano da una storiografia comunista che ha imperversato sui libri scolastici dal dopoguerra ad oggi.
Alessandro Giuli, giornalista de Il Foglio, disapprova il gesto di Fini di recarsi a Gerusalemme indossando la Kippa e ripudiando in toto il fascismo: “Quanta credibilità può dare a un leader politico proclamarsi dapprima fascista e dire ‘io teorizzo il fascismo del Duemila’ (tesi congressuale finiana), e in seguito, nel 1995, dichiararsi antifascista? Non sarebbe stato più credibile e onesto dire che si sarebbe rielaborata un’esperienza storica traumatica e decisiva ma non tutto sarebbe stato buttato via?”. Invece la strada intrapresa è stata quella del ripudio, anche per via dell’educazione politico-sentimentale che durante gli anni della formazione finiana primeggiava e che veniva impartita; un’educazione priva di una riflessione politico-spirituale sul fascismo e sulle esperienze passate.
Lo statuto del Movimento sociale nato con l’idea di non rinnegare ma nemmeno di restaurare, chiaramente stabilisce che l’MSI si fonda su una concezione spirituale della vita. Nel 1995 viene spazzato via l’aggancio con la visione spirituale della vita che è forse il fattore più interessante e che può ricollegare anche con un certo tipo di fascismo che aveva una mistica della nazione, dell’unità anche ottocentesca tradizionale romana. Mi si potrebbe obiettare che pensare a una destra che non scardini la tradizione del suo pensiero e della sua cultura, che soffra ed elabori il lutto di ciò che è perduto senza scavalcare secoli di pensiero e cose importanti del Novecento sia un pensiero favolistico, intessuto di nostalgia e amore per il passato. E allora? Meglio la cultura del ricordo – la Tradizione – che il vuoto del postmoderno. Alleanza nazionale in fondo, sconta lo stesso problema di una certa sinistra moderata (o almeno di quel che ne è rimasto), cioè avere una grande massa critica con militanti, sezioni e un certo radicamento nel territorio accompagnato da una povertà di ideali. Manca all’interno di Alleanza Nazionale una strategia, una visione: cos’è che dentro Alleanza nazionale si muove veramente in un ordine di idee non negoziabili? Alleanza Nazionale dopo Fiuggi non ha ancora trovato un’idea fondante e forte. Non la trova perché in fondo non la cerca. Intellettuali (senza offesa) come De Turris, Veneziani, Buttafuoco, pur con differenze di forma possono comunque dirsi di Destra, ma AN li ha volutamente ignorati, dimostrando un'idiosincrasia sospetta verso tutto ciò che sia riconducibile al pensiero: le teste pensanti le lasciano volentieri alla sinistra.
Ho rispetto per i giovani, invece, che vagano incerti nella terra desolata della destra senza rotta e senza timoniere. Il giovane non è deforme ma informe. I giovani sono tutta un’altra cosa rispetto ai vertici del partito, anche se molti di questi giovani tra cui Gianni Alemanno, che stimo, hanno dimostrato di essere prontissimi per entrare tra i grandi. I giovani si ritrovano ancora una volta in mezzo al guado del fiume ideologico italiano, con in mano ancora i sacri testi evoliani di contro ad una classe politica acefala e salottiera, insensibile ad un sistema valoriale di riferimento, se si escludono quei puerili elenchi-minestrone che ogni tanto spuntano fuori, pantheon raffazzonati dove c'è tutto e il contrario di tutto: da Dante a Gianfranco Fini, Pavarotti e Mogol/Battisti. Ma per favore...
C'è un futuro degno di esser vissuto per un pensiero di Destra (banalizzando le categorie del politico)? Un futuro se esiste non riguarda più AN, estinta ideologicamente e culturalmente. Il futuro sarà per coloro che rispetteranno la parola data, non si disperderanno nel faceto, concentrandosi sull'azione pura, disinteressata, che ha il valore come guida. Sembrano banalità ma sono invece dei suggerimenti quasi rivoluzionari se riferiti ai tempi attuali. Ripartire dalle cose fondamentali che sono la vita, la terra dei padri in cui viviamo, lo spirito che è impalpabile ma che c’è e c’è sempre stato nella memoria biostorica degli italiani. Quelli di An invece hanno perduto tutto. Se dovessi parlare con un ventenne, genericamente di destra non deformato da An, gli direi di leggere le cose fondamentali, studiare, rendersi competitivo, imparare un lavoro manuale che è fondamentale e di concentrarsi sull’essenziale. Poi di non fare nulla che secondo lui possa danneggiare la terra che ha ereditato da suo padre. È già un modo di amministrare la Cosa pubblica. Sono convinto che se un politico avesse scolpito questo semplice motto sulla pelle o sulla porta dell’ufficio, cioè “non danneggiare la patria” conseguentemente non danneggerà ciò che ha ereditato e soprattutto ciò che condivide. Significherebbe inoltre avere un’idea dell’economia totalmente diversa, un’idea della Natura del tutto diversa, un’idea della società del tutto diversa e gerarchica, perché le gerarchie esistono, sono legate alle tradizioni, all’idea di tramandarsi le cose importanti.

P.S.
Se un esponente politico di AN si dovesse imbattere per pura sfortuna in questo mio scritto, e con linguaggio aulico si domandasse “chi è sto' str...?”, risponderei senza tema:”Caro imbavagliatore di pensiero, il mio nome è nessuno”.

giovedì 19 febbraio 2009

QUANDO RICEVIAMO UNA GRAZIA DIVINA, DOBBIAMO PERSUADERCI CHE QUALCUNO L’HA PAGATA PER NOI. Leon Bloy




Un brano che, di questi tempi, è bene riproporre. Giovanni Papini, immobilizzato dalla malattia, spiega come si fa ad essere felici anche da infelici.

LA FELICITÀ DELL'INFELICE. ANCORA.
Mi stupiscono, talvolta, coloro che si stupiscono della mia calma nello stato miserando al quale mi ha ridotto la malattia.
Ho perduto l’uso delle gambe, delle braccia, delle mani e sono divenuto quasi cieco e quasi muto. Non posso dunque camminare né stringere la mano di un amico né scrivere neppure il mio nome; non posso più leggere e mi riesce quasi impossibile conversare e dettare.
Sono perdite irrimediabili e rinunce tremende soprattutto per uno che aveva la continua smania di camminare a passi rapidi, di leggere a tutte le ore e di scrivere tutto da sé, lettere, appunti, pensieri, articoli e libri.
Ma non bisogna tenere in piccolo conto quello che mi è rimasto ed è molto ed è il meglio. È bensì vero che le cose e le persone mi appariscono come forme indeterminate e appannate, quasi fantasmi attraverso un velo di nebbia cinerea, ma è anche vero che non sono condannato alla tenebra totale; riesco ancora a godere una festosa invasione di sole e la sfera di luce che s’irraggia da una lampada. Posso inoltre intravedere, quando vengono molto avvicinate all’occhio destro, le macchie colorate dei fiori e le fattezze di un volto. Eppure questi barlumi ultimi della visione abolita sembrano miracoli gaudiosi a un uomo che da più di vent’anni vive nel terrore del buio perpetuo.

E tutto questo non è nulla a paragone dei doni ancor più divini che Dio mi ha lasciato. Ho salvato, sia pure a prezzo di quotidiane guerre, la fede, l’intelligenza, la memoria, l’immaginazione, la fantasia, la passione di meditare e di ragionare e quella luce interiore che si chiama intuizione o ispirazione. Ho salvato anche l’affetto dei familiari, l’amicizia degli amici, la facoltà di amare anche quelli che non conosco di persona e la felicità di essere amato da quelli che mi conoscono soltanto attraverso le opere. E ancora posso comunicare agli altri, sia pure con martoriante lentezza, i miei pensieri e i miei sentimenti.

Se io potessi muovermi, parlare, vedere e scrivere, ma avessi la mente confusa e ottusa, l’intelligenza torpida e sterile, la memoria lacunosa e tarda, la fantasia svanita e stenta, il cuore arido e indifferente, la mia sventura sarebbe infinitamente più terribile. Sarei un’anima morta dentro un corpo inutilmente vivo. A che mi varrebbe possedere una favella intelligibile se non avessi nulla da dire? Ho sempre sostenuto la superiorità dello spirito sulla materia: sarei un truffatore e un vigliacco se ora, arrivato al punto della riprova, avessi cambiato opinione sotto il peso dei patiri. Ma io ho sempre preferito il martirio all’imbecillità.

PASSIONI E RESURREZIONI
Passioni. (...) Tutto quello che gli uomini potevan farti di male, anche dopo la tua morte, e più dopo la tua morte che in vita, gli uomini l'hanno fatto; noi tutti, quello stesso che ti parla insieme agli altri, l'abbiamo fatto. Milioni di Giuda ti hanno baciato dopo averti venduto, e non per trenta denari soli, e neppure una volta sola; legioni di Farisei, sciami di Caifa ti hanno sentenziato malfattore, degno d'esser rinchiodato; e milioni di volte, col pensiero e la volontà, ti hanno crocifisso; e un'eterna canaia di fecciosi esaltati t'ha ricoperto il viso di saliva e di schiaffi; e gli staffieri, gli scaccini, i portinai, la gente d'arme degli ingiusti detentori d'argento e di potestà ti hanno frustato le spalle e insanguinata la fronte; e migliaia di Pilati, vestiti di nero o di vermiglio, e usciti appena dal bagno, profumati d'unguenti, ben pettinati e rasati, ti hanno consegnato migliaia di volte agl'impiccatori dopo averti riconosciuto innocente; e innumerevoli bocche flatulenti e vinose hanno chiesto innumerevoli volte la libertà dei ladri sediziosi, dei criminali confessi, degli assassini conosciuti, perché tu fossi innumerevoli volte trascinato sul Teschio e affisso all'albero con cavicchi di ferro fucinati dalla paura e ribattuti dall'odio.
 
Resurrezioni. "Anche se Cristo nascesse mille e diecimila volte a Betlemme, a nulla ti gioverà se non nasce almeno una volta nel tuo cuore".  Angelo Silesio- 'Pellegrino Cherubico'
 
Ma come potrà accadere questa nascita interiore?
Il giorno nel quale non sentirai una punta di amarezza e di gelosia dinanzi alla gioia del nemico o dell'amico, rallegrati perché è segno che quella nascita è prossima. Il giorno nel quale non sentirai una segreta onda di piacere dinanzi alla sventura e alla caduta altrui, consolati perché la nascita è vicina. Il giorno nel quale sentirai il bisogno di portare un po' di letizia a chi è triste e l'impulso di alleggerire il dolore o la miseria anche di una sola creatura, sii lieto perché l'arrivo di Dio è imminente. E se un giorno sarai percosso e perseguitato dalla sventura e perderai salute e forza, figli e amici e dovrai sopportare l'ottusità, la malignità e la gelidità dei vicini e dei lontani, ma nonostante tutto non ti abbandonerai a lamenti né a bestemmie e accetterai con animo sereno il tuo destino, esulta e trionfa perché il portento che pareva impossibile è avvenuto e il Salvatore è già nato nel tuo cuore. Non sei più solo, non sarai più solo. Il buio della tua notte fiammeggerà come se mille stelle chiomate giungessero da ogni punto del cielo a festeggiare l'incontro della tua breve giornata umana con la divina eternità.
Giovanni Papini.

TUTTI HANNO BISOGNO DI TE...
Gesù, sei ancora, ogni giorno, in mezzo a noi. E sarai con noi per sempre. Vivi tra noi, accanto a noi, sulla terra ch'è tua e nostra, su questa terra che ti accolse fanciullo tra i fanciulli e giustiziabile tra i ladri; vivi coi vivi, sulla terra dei viventi che ti piacque e che ami, vivi d'una vita non umana sulla terra degli uomini, forse invisibile anche a quelli che ti cercano, forse sotto l'aspetto d'un Povero che compra il suo pane da sé e nessuno lo guarda.

Ma ora è giunto il tempo che devi riapparire a tutti noi e dare un segno perentorio e irrecusabile a questa generazione. Tu vedi, Gesù, il nostro bisogno; tu vedi fino a che punto è grande il nostro grande bisogno; non puoi fare a meno di conoscere quanto è improrogabile la nostra necessità, come è dura e vera la nostra angustia, la nostra indigenza, la nostra disperazione; tu sai quanto abbisogniamo d'un tuo intervento, quant'è necessario un tuo ritorno. Sia pure un breve ritorno, una venuta improvvisa, subito seguita da un'improvvisa scomparsa; un'apparizione sola, un arrivare e un ripartire, una parola sola nel giungere, una parola sola nello sparire, un segno solo, un avviso unico, un balenamento nel cielo, un lume nella notte, un aprirsi del cielo, un risplendere nella notte, un'ora sola della tua eternità, una parola sola per tutto il tuo silenzio.

Abbiamo bisogno di te, di te solo, e di nessun altro.
Tu solamente, che ci ami, puoi sentire, per noi tutti che soffriamo, la pietà che ciascuno di noi sente per se stesso. Tu solo puoi sentire quanto è grande, immisurabilmente grande, il bisogno che c'è di te, in questo mondo, in questa ora del mondo. Nessun altro, nessuno dei tanti che vivono, nessuno di quelli che dormono nella mota della gloria, può dare, a noi bisognosi, riversi nell'atroce penuria, nella miseria più tremenda di tutte, quella dell'anima, il bene che salva.

Tutti hanno bisogno di te, anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno assai più di quelli che lo sanno. L'affamato s'immagina di cercare il pane e ha fame di te; l'assetato crede di voler l'acqua e ha sete di te; il malato s'illude di agognare la salute e il suo male è l'assenza di te. Chi ricerca la bellezza nel mondo cerca, senza accorgersene, te che sei la bellezza intera e perfetta; chi persegue nei pensieri la verità, desidera, senza volere, te che sei l'unica verità degna d'esser saputa; e chi s'affanna dietro la pace cerca te, sola pace dove possono riposare i cuori più inquieti.
Essi ti chiamano senza sapere che ti chiamano e il loro grido è inesprimibilmente più doloroso del nostro.
Giovanni Papini.

martedì 17 febbraio 2009

RISPOSTA A PABLO

Sul caso Eluana si è spaccata l'Italia. Intellettuali laici, politici, sacerdoti, medici e le cosiddette persone comuni (ma comune non è nessuno) hanno tutti espresso più o meno con serenità le più svariate opinioni. La mia non è una opinione. Cerco con questo blog di parlare di ciò che esperimento, di ciò che provo, di ciò che conosco. Caro Pablo, rispetto la tua posizione tuttavia non la condivido, perché è un modo di pensare moderno il ritenere la vita, la morte, la coscienza come fenomeni psicobiologici, limitati nel tempo e nello spazio, sottoposti alla seconda legge della termodinamica, pertanto classificabili secondo parametri scientifici e sociali. Questa posizione riduzionista ci ha portato a fuggire la paura e la sofferenza con l'uso della chimica. Stiamo diventando fragili e impotenti verso tutto ciò che non capiamo o abbiamo dimenticato. Viviamo esistenze fatte di falsi idoli e fugaci miti televisivi. Ci spaventa tutto ma fingiamo di essere padroni della vita e della morte. Abbiamo in realtà paura della morte perché non sappiamo cosa sia, allora pensiamo di vincerla addolcendola giocando di anticipo. Eluana e quanti come lei, se sorridono pur nel tunnel limbico in cui si trovano, se hanno ancora gemiti o sensazioni, fanno ancora parte di questa dimensione terrena e nessuno, dico nessuno, ha il diritto di chiudere la partita prima che sia finita. Anche per chi non ha il dono della fede - fede in un trascendente sia esso indù, ebraico, cristiano o buddhista, oppure consapevolezza in ciò che ci supera - la vita è un valore e un bene assoluti, altrimenti non ha più senso niente. Pablo, non augurare a nessuno il male perché è indegno di te, non pensare di rafforzare il tuo discorso con la tesi secondo cui bisognerebbe provare le sofferenze estreme per capire quanto è tremendo il dolore. Io l'ho provato il dolore estremo, e ti assicuro che qualcosa di più forte del bios, più grande delle ideologie, più bello di qualsiasi ricchezza terrena è presente dentro di noi. Non c'è microscopio che possa rilevarlo, non c'è Piero Angela che possa negarlo, non c'è scienziato che possa sezionarlo. Lo spirito è ciò che permane, non nasce ne muore con noi. Esso è presente, qui e ora, e percepisce oltre il velo delle apparenze, è in ogni dove e oltre ogni cosa. E si fa sentire sopra la nostra coscienza squarciata, lenisce il dolore, la sua voce è più del frastuono del mondo.

sabato 14 febbraio 2009

Non potete uccidere nel nostro nome



di Ida Magli
mercoledì 11 febbraio 2009

No, non vogliamo tacere, caro Direttore, malgrado sia questa la conclusione del suo editoriale per la morte di Eluana. Noi, italiani, quindi concittadini, fratelli di Eluana, non vogliamo, non possiamo, non dobbiamo tacere perché Eluana è stata uccisa in nostro nome, con la sentenza di un magistrato. E noi non siamo assassini, non ci sentiamo assassini, non ci riconosciamo assassini.
Se quella in cui viviamo è una democrazia, ebbene i governanti tutti, dal Capo dello Stato ai magistrati, ai politici, ai medici, sappiano che da oggi in poi una delegazione di cittadini sarà presente (deve essere presente) ufficialmente e dare il suo assenso a qualsiasi manovra che implichi la morte di un paziente, dal distacco delle macchine all’espianto degli organi. Perché da quanto è avvenuto abbiamo imparato diverse cose, ma prima di tutto che noi, i cittadini, non abbiamo nessun reale potere, neanche in situazioni determinanti come quella che implica la nostra responsabilità di una morte. La volontà dei parenti non è sufficiente a garantirci e non può essere quella che prevale proprio perché la responsabilità di quanto viene fatto non ricade sui parenti, ma su di noi.
Non eravamo forse noi, concittadini di Eluana, a provvedere all’assistenza, a pagare le spese della sua malattia? Si sono forse lamentate una sola volta in diciassette anni le suore che ne avevano cura? Che diritto aveva il padre di condannarci ad ucciderla? Per pietà verso di lei? Ma non hanno forse assicurato che non sentiva nulla e che quindi non soffriva? La dignità della morte? È chi guarda che la vuole, non chi non ne è consapevole. La morte è oggi un mistero molto di più che nelle epoche passate, in quanto sono aumentate vertiginosamente le tecnologie per la sopravvivenza, ma non altrettanto il sapere scientifico sull’organismo umano. Non bisogna mai dimenticarsi la differenza fra la tecnica e la scienza.
Purtroppo spesso i medici si comportano come se la dimenticassero, e dimenticassero così l’abisso di ciò che non sappiamo, a proposito per esempio del «coma vegetativo», malgrado siano passati tanti secoli dal momento in cui Cartesio si dibatteva nel primo, elementare tentativo di distinguere fra res cogitans e res extensa. Come mai la Natura è così cieca, così inconsapevole delle condizioni estreme di un organismo da continuare a scandirne l’orologio biologico indispensabile per la funzione riproduttiva?
Questa è soltanto una delle domande che si pongono ad uno scienziato di fronte al cosiddetto «coma vegetativo» e sta a significare il fatto che abbiamo moltissimo da studiare, da capire, e che è assolutamente delittuoso fingere di sapere. Per non dire poi quanto sia straziante, con il cuore rivolto ad Eluana, pensare «quanta vita» segnalasse la presenza di quell’orologio alla cui regolarità si sono affidati i primi uomini per calcolare il passare del tempo come dimostrano i «calendari» mestruali incisi con delle tacche nelle pareti delle grotte preistoriche. Dobbiamo perciò affrontare i motivi veri di quanto è avvenuto, senza prudenze e timori reverenziali per nessuno, visto che questo è l'unico modo giusto per vivere davvero in una democrazia. Alla domanda sul perché si sia verificato uno scontro così forte fra i detentori del potere, è facilissimo rispondere: perché il Potere ha la sua origine e si fonda sul controllo della morte. Assume il potere, dando così vita e delimitando un gruppo, colui che riesce ad impadronirsi del diritto ad uccidere e a far uccidere togliendolo a tutti gli altri. È perché si fonda sulla morte che il detentore del potere è stato sempre, almeno fino alle moderne democrazie, contiguo alla Trascendenza, al Sacro, alla Divinità: Stregone, Sciamano, Faraone, Gran Sacerdote, Imperatore, Re.
La morte, infatti, ha sempre segnato il confine con un al-di-là, con un mondo misterioso, con una Potenza superiore a quella degli uomini, quale che fosse il suo nome: Dio, Dei, Angeli, Demoni. Il problema delle democrazie odierne, perciò, è l’inverso: essendo i detentori del potere per definizione privi di trascendenza, si affannano a dichiararsi tanto laici che anche la morte è priva di trascendenza. A questo scopo viene trasformato sempre di più il concetto di morte, il suo limite, la sua natura. In altri termini, per essere sicuri che non appartenga al sacro, la morte oggi è tale perché viene definita dall’uomo. Ciò non toglie, però, che la legge del potere rimane sempre la stessa: usare la morte. Da questo punto di vista dobbiamo riconoscere che l’unico che, pur sapendo governare, non possiede la natura di uomo di potere, non sa essere uomo di potere fino in fondo, è Berlusconi.
Tutti gli altri, viceversa, magistrati, medici, capo dello Stato, si sono battuti per affermare il proprio potere come superiore a quello degli altri, e quindi consapevolmente per esercitare il diritto di morte. C’è una volontà così ossessiva, da parte delle Sinistre, di opporsi a qualsiasi cosa faccia Berlusconi, da far loro perdere di vista il bene comune del Paese, e addirittura portarli, come in questo caso, a situazioni estreme che si configurano quasi come forme di crudeltà. Sembra una puntuale prova di questa crudeltà l’aver scelto come oratore per la manifestazione su Eluana un uomo come Scalfaro che, pur dichiarandosi cattolico, ha emesso nella sua vita due legalissime sentenze di morte: una, da marito, contro sua moglie e l'altra, da magistrato, contro un militare.
In conclusione bisogna stare molto attenti a non accantonare, per spirito di pace, quello che è diventato evidente in questi giorni: un sistema democratico può scivolare facilmente nella dittatura quando non sussista la forza delle coscienze individuali nell’affermare la propria libertà. La libertà di coscienza è compito sia dei credenti che dei non credenti: obbedire alla lettera delle leggi uccide lo spirito. Ed ha ucciso Eluana.

NOTA PERSONALE
L'antropologa Ida Magli, nota per il suo passato di femminista arrabbiata, da alcuni anni ha orientato il suo sentire e il suo conoscere verso posizioni tradizionali, per certi versi condivisibili. Questo suo articolo apparso su Il Giornale, forte e senza giri di parole, politicamente scorretto, è illuminante.

venerdì 13 febbraio 2009

Entronauta




Entronauta è un neologismo per intendere colui che si guarda dentro, che cerca di capire come siamo fatti. La vita dell'Entronauta è una vita da sognatore che non si fa illusioni; cioè una vita trascorsa a comprendere quale fra tutte le trame, è il filo dell'esistenza, quello migliore che lega le cose alla messe infinita di parusìe, cioè i pensieri che fanno parte delle cose, che trascendono i cinque sensi, che sono pochi, per essere la riserva di sensazioni ed emozioni possibili all'Uomo. Basta pensare al senso dell’orientamento, il senso di fedeltà e di amicizia, il senso dell’esperienza per rendersi conto che cinque, sono pochi. Insomma, una vita trascorsa a rincorrere le intuizioni, sempre pure, e vicine all'iperuranio che "ditta dentro" l'eccellenza.
I sogni sono nella letteratura metafisica dove gli eventi sono nel contenitore dell’esperienza, una specie di chassidismo, più evoluto e perfezionista di quello kafkiano, ma incline al mistero rivelato: basta distendersi nella solitudine … e così abbandonati sentiamo sorgere Un Noi Stesso che ci attende vasto e profondo, felice. Non più effimeri staglii della vita, ma l’impegno gnostico per il raggiungimento dell’aponìa, autoalimentando la fiamma interiore fino all’ esperienza soddisfatta e all’emozione perfetta, verso la Gioia, il cronotopo che stagna nel sangue la sua potenza. Non esiste il peccato, ma solo errori, sempre riparabili.
Un saldo punto fermo, tuttavia perfettibile, perché il cambiamento è sempre in corso. Il prima, il durante e il dopo, sono sempre in evoluzione. Un cambiamento che irrobustisce la speranza e che fa crescere spiritualmente e umanamente. Non sono tutte rose e fiori. No. Si soffre; e si soffre molto; un rialzarsi anche fisicamente dalle dure cadute.
La Gioia per la mia esperienza interiore è una conquista naturale, difficile e faticosa, ma la necessaria meta di ogni uomo che abbia avuto la fortuna di sperimentare l’intuizione metafisica e credere nella necessità psicognostica di condividere il proprio ruolo personale nel progetto cosmico del creato. La catarsi può prendere l’abbrivio dalla disperazione, o dal caso apparente, o dall’esattezza di una profezia, o da incontri significativi con personaggi autentici che rivoluzionano la più intima essenza della quotidianità e quindi la vita intera.
Impossibile, essere uguale a tutti ma dobbiamo spingerci alla ricerca dell’Io fino al salto di qualità che rende la moltitudine, Uno. L’uomo nasce cercatore di verità per far risorgere la Natura dallo spirito. Le mie iniziative come questo blog o gli articoli sparsi su riviste alternative, possono ricondursi al distico di Giuseppe Giusti <> . La parola risana.
L’uomo vive per scoprire la verità, è la sua pulsione più naturale e forte. L'Entronauta allora indica colui che cerca dentro di sé, che navigando nel suo Essere è appunto, un Entronauta. Una pulsione innata. Purché ci si scuota dall’ozio esistenziale, la curiosità dell’Entronauta è una forza dirompente, magica e salvifica. Che è in tutti noi, ma un’energia che l'Entronauta sa di poter pilotare verso le afferenze emotive che avvicinano alle virtù e alle amenità da condividere con Chi è già riuscito a sondare l’anima, trasformando il proprio Spirito nell’empito bramoso di appropriarsi della propria intelligenza e creatività, fino alla conoscenza. Ma bisogna avere fede, credere in sé, darsi completamente e con pertinacia alla ricerca della verità che può svilire il quotidiano e smascherare il suo l’inganno, inverando il ruolo dell’Entronauta fino al comprendonio degli errori e alla loro riparazione. La ricchezza dell’Entronauta è interiore: l’eccellenza, lontano dai meri meccanicismi materialistici, dal servilismo, dalla falsa modestia, dall’ipocrisia della politica e dai percorsi contro natura, innaturali. Dobbiamo fuggire dal sangue di fiele che esalta di delirio d’onnipotenza. Penso alla coscienza come il primo tassello per liberare l’uomo dalla piattezza e dalla banalità esistenziale passando dal racconto che si fa biografia e la biografia in simbolo, impulso indicativo ed orientativo. La pedagogia dello Spirito si svincola, dunque, dalla strada del lavoro prepagato, del pane quotidiano che può essere insapore, perché il potere di Mammona è assoluto dove il peccato è un paradigma più importante di Dio. Alla cruciale domanda se Bisogna scegliersi un Dio? rispondo “Tanti uomini, tante raffigurazioni di Dio. Mutando se stesso in sé medesimo a ciascuno la sua Grazia”. Pochi si dispiacciono se Mammona raduna masnade armate contro la Vita e l’Universo che vive e si muove di perfezione: Dio è una verità unica, però a ciascuno tocca giungerci per la propria strada. La morale comune si acquieta alla meschinità dell’arrivismo e ai tradimenti contro la specie. Mammona bada alle apparenze e l’uomo s’illude d'essere un uomo. Specie violentata in mille modi: verbali, semantici, autoritativi, dogmatici, ipocriti, bellicosi, eccetera, ma tutti cooptati da Mammona che li regola sulla frequenza della fisicità conforme agli istinti razzatori e nichilisti, necessari alla violenza psicologica e fisica. Cioè, un’umanità confinata all’immanentismo delle mere relazioni, empiricamente grette e ripetitive, incapace di perpetuare il ruolo creativo del “Trovare una lingua che sarà anima per l’anima perché riassume tutti i profumi, suoni e colori, pensiero che afferra il pensiero e lo attira a sé”. (Aforisma è di Arthur Rimbaud)
L'Entronauta rinnega il mondo pre-pagato che non solo spegne lo spirito d’iniziativa e ogni tipo di creatività, ma organizza anche i proditorii, invisibili complotti pregni di demagogico umanesimo e di falsa legalità. Prende le distanze anche dal manicheismo mafioso e dalla cultura della presunzione. L’individualismo non è sinonimo di egoismo, ma, al contrario, è la risorsa capace di restituire l’uomo alla società, ai valori civici, alla collaborazione umanistica e istituzionale. La crescita personale nella consapevolezza di sé è una panacea dai risvolti planetari, è un cammino deciso e imperturbabile verso la pace. Un mondo governato da giudici non ha più senso di quello che potrebbe avere un mondo governato da militari o da plutocrati e tecnocrati o burocrati o da professori, apparendo ormai chiaro che l’unico legittimo autogoverno dell’uomo è un governo d’amore. Per esempio, se l’istituzione operasse nel rispetto della legalità invece di dissimulare la personale anarchia giudicante seminando anomia fra gli alibi dell’autoincolumità, allora il libero convincimento del giudice risolverebbe nell’epilogo naturale di dare stabilità all’istituzione, certezza ai cittadini e forza allo stato al posto del paternalismo e dell’accomodamento che disillude sull’efficacia della giustizia. Il meccanismo della verità è legato a doppia mandata con la consapevolezza dell’ Io interiore. Invece, i delinquenti italiani sono sempre più delinquenti, sempre più liberi e sempre più ricchi. Senza la consapevolezza personale, i giudici fanno le carte false e organizzano proditorii eterodossi utili all’alibi necessario alla loro incolumità.
La sofferenza, per l'Entronauta, si trasforma in un’esperienza positiva, contenitore semantico e riserva di meditazioni e convinzioni per risorgere epifanici, migliori, più consapevoli: la felicità della condizione umana è legata da un lato all’Amore e dall’altro lato alla sofferenza che purificando l’Amore lo rende capace di giungere alla gioia pura.
Entronauta è colui che fa ciò che Cristo indica. Anche senza religione, l'entronauta è innamorato di Dio in sé, perché il regno di Dio è dentro di noi.

mercoledì 11 febbraio 2009

ELOGIO DELL'UOMO COMUNE



L'uomo comune è antichissimo, poiché è l'umanità e quindi degno di rispetto: è l'uomo di ogni tempo, di usi, paesi, mentalità e mezzi sempre diversi, ma afflitto sempre dagli stessi interrogativi e problemi; è l'uomo che si innamora, che ama i suoi figli, che lotta contro le circostanze avverse, che deve pensare al cibo, al riparo, che parte in guerra cantando i propri canti, che ama la propria terra, che racconta le proprie favole e leggende; che si interroga sul perché delle stelle e sul senso della vita. L'uomo comune è un tipo difficile da identificare. È una creatura sfuggente, eppure importantissima.

Ogni uomo è l'uomo comune, da un certo punto di vista, in quanto è semplicemente un uomo: anche un re, o un poeta, o un anarchico. Un uomo è un uomo. Tuttavia non è così semplice: poiché l'uomo comune ci giudicherà tutti, egli è evidentemente un criterio di sanità. Non è ciò che si ottiene facendo una statistica, una media degli uomini realmente esistenti: è ciò che ogni uomo dovrebbe essere per essere umano. Il politico emergerà forse per la sua intelligenza, il poeta per la sua forza di intuizione: l'uomo comune non emerge, ma li giudica entrambi perché rappresenta la sanità, la completezza, l'equilibrio. Non conta che l'uomo comune sia diventato raro: gli "ismi" di fine secolo, propagandati dalla stampa, dalla scuola pubblica, dalla divulgazione scientifica, ma più spesso semi-scientifica, si sono impadroniti del popolo, disgregandolo. Afferrato dalle mode intellettuali, egli è perduto fra i seguaci di Baricco e di Eco Umberto, i darwinisti d'assalto, i nipotini degeneri di Cartesio, i cicapioti figli di un dio minore, i pacifisti senza pace, gli adoratori di Uòlter Veltroni (peggiore dei suoi seguaci), i cortigiani di Silvio Berlusconi (sempre migliore dei suoi epigoni), gli entusiasti dei centri commerciali: ognuno si afferra ad un’ idea, e la tira di qua e di là tentando di farne l'alfa e l'omega di tutto il reale, ognuno erige un particolare a spiegazione del tutto: e il cardine di tutto, ciò a cui tutto rimanda, Dio, il Cielo, il fondamento del cosmo è scomparso dall'orizzonte dell'uomo.

È solo Dio, l'orizzonte ultimo, che può dare senso all'azione dell'uomo.

sesto senso

Grazie a siti come questo che una certa informazione alternativa, fuori da recinti istituzionali e liberticidi, si propaga e viva di luce propria. Grazie, ancora grazie.
SESTO SENSO. Luogo di incontro e discussione sugli eventi strani della vita
http://sestosenso-piuma.blogspot.com/

domenica 8 febbraio 2009

SE TU SAPESSI

Se tu sapessi con che gioia io lascerei la schiavitù di questo mondo. Al momento dell’exitus, due angeli accompagnatori sono davanti alla testiera del letto, uno per parte. Visibili agli occhi di fuoco, invisibili agli occhi della carne. Quando tu sentirai la chiamata della guardia vigilante, gioisci di colui che apre ai suoi la propria dimora. Poiché allora l’alba è vicina.

Esci una sera sotto il vasto cielo stellato


Esci una sera sotto il vasto cielo stellato, alza gli occhi a quei milioni di mondi sopra la tua testa. Forse su ognuno di essi formicolano miliardi di esseri simili a te, persino superiori a te per costituzione. Guarda la Via Lattea. In quell’infinità, la Terra non può nemmeno essere considerata un granello di sabbia. La Terra vi si dissolve, sparisce, e con essa sparisci anche tu. Dove sei? Chi sei? Cosa vuoi? Dove vuoi andate? L’impresa cui ti stai accingendo non potrebbe essere pura follia? Di fronte a tutti quei mondi, interrogati sui tuoi scopi e le tue speranze, sulle tue intenzioni e i mezzi per realizzarle, su ciò che si può esigere da te, e domandati fino a che punto sei preparato a rispondere. Ti attende un viaggio lungo e difficile; ti stai dirigendo verso un paese strano e sconosciuto. La strada è infinitamente lunga. Non sai se ti potrai riposare, né dove ciò sarà possibile. Devi prevedere il peggio. Devi prendere con te tutto ciò che è necessario per il viaggio. Cerca di non dimenticare nulla, perché poi sarà troppo tardi per rimediare all’errore: non avrai tempo di ritornare a cercare ciò che hai dimenticato. Valuta le tue forze. Sono sufficienti per tutto il viaggio? Quando sarai in grado di partire? Ricordati che più tempo passerai per strada, più avrai bisogno di portarti delle provviste, cosa che ritarderà ulteriormente la tua marcia, e allungherà pure la durata dei preparativi. E ogni minuto è prezioso. Una volta che ti sei deciso a partire, perché perdere tempo? Non contare sulla possibilità di tornare. Questa esperienza potrebbe costarti carissima. La guida si è impegnata soltanto a condurti alla meta, non è obbligata a riaccompagnarti indietro. Sarai abbandonato a te stesso, e guai a te se ti infiacchisci o perdi la strada, potresti non ritornare mai più. E anche se la trovi, resta il problema: tornerai sano e salvo? Ogni sorta di disavventure attendono il viaggiatore solitario che non conosce bene la via, né le regole di condotta che essa comporta. Tieni a mente che la tua vista ha la proprietà di presentarti gli oggetti lontani come se fossero vicini. Ingannato dalla prossimità della meta verso cui tendi, abbagliato dalla sua bellezza e non avendo misurato le tue forze, non noterai gli ostacoli sulla via; non vedrai i numerosi fossati che tagliano il sentiero. In mezzo a prati verdi cosparsi di splendidi fiori, l’erba alta nasconde un profondo precipizio. È molto facile inciampare e cadervi dentro, se gli occhi non sono attenti a ogni passo che stai per fare. Non dimenticarti di concentrare tutta la tua attenzione su ciò che ti sta immediatamente intorno. Non occuparti di mete lontane, se non vuoi cadere nel precipizio. Però non dimenticare il tuo scopo. Ricordatene continuamente e mantieni vivo il desiderio di raggiungerlo, per non perdere la direzione giusta. E una volta partito, stai attento; ciò che hai oltrepassato, resta indietro e non si ripresenterà più: ciò che non osservi sul momento, non lo osserverai mai più. Non essere troppo curioso, e non perdere tempo con ciò che attira la tua attenzione ma non ne vale la pena. Il tempo è prezioso, e non deve essere sprecato per cose che non sono direttamente in relazione con la tua meta. Ricordati dove sei e perché sei lì. Non aver troppa cura di te, e rammenta che nessuno sforzo viene mai fatto invano. E adesso puoi metterti in cammino.
G.I. Gurdjieff

sabato 7 febbraio 2009

A TUTTI GLI ENTRONAUTI DI BORDO





Mi rendo ben conto in che società vivo, come il futuro prossimo ci stia precipitando in un caos, in cui l’agire delle persone non è controllabile, in cui non si capisce dove si andrà a parare, che senso abbia quanto di tanto malvagio accade. Mi rendo ben conto che siamo diretti verso qualcosa che forse faremmo meglio ad evitare.
La mia non vuole essere ne una disanima sociologica – sono un entronauta senza accademia ne studi regolari - , ne un appello catastrofista. Vedo, sento, i segni dei tempi, l’oscurità che ci inonda. Non sono un ottimista ne un buonista: sono un apocalittico attivo di fronte all’irrisolvibile problema del Male. Compio il mio dovere fino in fondo, senza compiacimento. Ho un totale disinteresse e dedizione per il mio lavoro: metto a disposizione della comunità le mie facoltà sovrasensibili pur essendomi ritirato a vita privata. Ho un senso del dovere ai limiti del patologico, nonostante ciò, non manco ai miei compiti familiari, pur sotto il logorio delle mie angosciose conoscenze. Superfluo, credo, accennare alla gratuità del mio operare. Ci mancherebbe: il Dono di Dio deve essere donato.
Le manifestazioni del Dono si dispiegano nel fluire e nel dirigere tempo, spazio e conoscenza. Così si dischiude un portale, e si vede e si sente. Forse un tempo sarei stato giudicato un violatore di realtà, pertanto colpevole. Chissà. Tuttavia, eretico o meno, sono un innamorato di Cristo e non so se questo mi salverà, ma tanto mi basta.
Il mondo è pieno di psicopatici, di maniaci, di traviati, di sadici, di assassini seriali anche dove meno ce lo aspettiamo (non uso il lessico criminologico ma termini popolari, semplici, perché è bene non nascondersi dietro linguaggi politicamente corretti e tecnici quando si ha a che fare con il Male) le cui tendenze negative sono potenziate dal mondo privo di valori in cui viviamo: dove la droga serve a rendere schiavi di una setta o di un sistema estraniante, dove non c’è alcun rispetto né pietà per i bambini, dove non esistono più regole e si uccide per un nonnulla, o solo per provare un brivido di eccitazione o una sensazione di potenza, dove il binomio sesso&morte è ormai il più comune.
Mi oppongo, o almeno cerco di controllare il Caos incombente e dilagante nei cuori degli uomini di questi tempi disperati. Come opero? Rimuovendo sistematicamente difetti e sofferenze dovute a esperienze errate. I miei rubinetti mentali sono aperti, la mia mente naturale è accesa. Spente sono le menti di tanti, di troppi. La mente naturale è come un albero che si dirami e spanda frasche; come il pavone assorbe ogni erba velenosa, la mente liberando ogni creatura s’immedesima con ognuna.
Seguo una linea profetica:
Il tempo è compiuto – Il Regno di Dio è vicino – Convertitevi – E credete al Vangelo.

DIO SOLO STACCA LA SPINA

Il caso Englaro è diventato un caso nazionale, per certi verso necessario per destare gli animi assopiti di un Italia borghese. Non ci potevamo aspettare che il "no" del Presidente della Repubblica al decreto d'urgenza berlusconiano. Un diniego irreprensibile dal punto di vista istituzionale. Tecnicamente esatto. Già, ma umanamente? Porsi l'interrogativo sulla vita e sulla morte, su cosa sia la vita e su cosa sia la morte, è ciò che fa di un uomo un essere superiore sulle altre creature. Spesso però, le ideologie, le religioni, gli interessi più inconfessabili, non hanno portato al giusto compimento la ricerca di risposte degne delle domande. La scienza non è in grado nemmeno di dirci in maniera definitiva cosa sia la vita e cosa sia la morte. Le filosofie moderne sono così vuote, prive di respiro universale, da risultare incapaci a risolvere positivamente le grandi domande dell'uomo. Solo il sacro e la spiritualità sono in grado di condurci per mano verso la sponda della conoscenza. Chi sono, da dove vengo, dove vado? La vita, amici entronauti, è un passaggio per andare oltre l'io. La vita è crescere. La vita non inizia ne finisce con la morte. La vita è. E tutte le posizioni ideologiche, materialistiche, che fanno ricorso ad un'etica adattabile secondo la fazione di appartenenza e adorano l'idolo del pensiero laico, sono orfane dello spirito che dà la vita e perciò invocano la morte. Non esprimo giudizi sul padre della giovane donna: credo che sia anche lui una vittima come la figlia. Giudico invece negativamente i movimenti di opinione che vogliono rompere con i principi che hanno fondato la nostra civiltà, e che vogliono sostituirla con una idea-incubo di mondo, dove per combattere la sofferenza, il male, il dubbio, si stacca la spina.
Per Eluana non rimangono che le nostre preghiere e la speranza che l'uomo non si permetta di tagliare la corrente della vita. Solo Dio ci può salvare.

martedì 3 febbraio 2009

Noi vi doniamo la nostra sconfitta per un vincere più grande

... Noi leggiamo ciò che è scritto nel cielo
e conosciamo il linguaggio della terra
eppure nessuno ha mai voluto ascoltarci...

... Il silenzio del bosco mi ha insegnato ad ascoltare la sua parola...
... Ed un filo di mare mi ha spiegato i tramonti...

... Nel mondo c’è tanto buio
ma ognuno ha una candela
ed è per questo che ci troviamo meglio
al calare della sera...

Io mi immagino un Dio che ha voluto creare un mondo, o un ciclo,
un passaggio di questo mondo, di questo universo, molto simile a Lui: mi
immagino un Dio buono e non buonista, tollerante e non permissivo; mi
immagino un Dio naturale che per perdonarti comunque ti deve far passare
attraverso un percorso di espiazione; mi immagino un Dio padre,
accogliente nel senso tradizionale del termine; mi immagino un Dio severo
ma amorevole; mi immagino un Dio simile al buon padre della famiglia di
un tempo che fu.

...non esiste un inizio, non esiste una fine...

Perché la vita non ammette riavvolgimenti del nastro: ciò che è fatto è fatto, ciò che è perso è perso; perché la vita non è un film noleggiato in una videoteca dalle insegne luminose; perché la vita è, semplicemente, la vita.