Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

domenica 27 febbraio 2011

L'OCEANO NON SI PUÒ CONTENERE IN UN BICCHIERE



Su Osho (Bhagwan Shree Rajneesh, 11.12.1931/19.01.1990) se ne sono dette e fatte di tutti i colori. Dal cultismo fanatico alla stroncatura senza se e senza ma. Adulato, odiato, perseguitato, sospettato di traviare i giovani, di destabilizzare la società e la famiglia. Ma chi era questo guru amante della bella vita ma non attaccato ad essa? Per la sua biografia, navigate un po' sul web e ne troverete a iosa, apologetiche e irridenti, comunque utili per farsi un'idea, sommaria certamente, ma indicativa di quante e diverse opinioni ha suscitato l'indiano. Nel 1981 si trasferisce in America e fonda un Ashram nell’Oregon, ad Antelope. Raineeshpuram. Venne arrestato il 28 ottobre del 1985 a Charlotte nella Carolina del nord e fu tenuto in stato di arresto per dodici giorni. Motivo dell’arresto: immigrazione clandestina. In poche parole, per quello che, in Oregon, è un semplice illecito amministrativo Osho fu tenuto, illegalmente, dodici giorni in prigione e gli fu comminata una pena di dieci anni di galera (con la sospensione condizionale) in aggiunta all’espulsione dagli USA. Per i suoi discepoli fu avvelenato proprio durante la sua permanenza nel carcere, con somministrazioni massicce di tallio. Perché fu assassinato? Dava così fastidio all'establishment? I fondamentalisti cristiani d'America lo accusavano delle peggiori nefandezze, l'FBI lo controllava molto da vicino. Personalmente, credo che sia stato ammazzato per motivi concernenti la sua attività spirituale, spiazzante e potenzialmente pericolosa per una società conservatrice come quella occidentale e americana in particolare. Da chi? Mah? Chi ha licenza di uccidere senza essere perseguito dalla Legge? Chi teme il singolo o il movimento d'opinione che rompe gli argini del vivere comune e dello Stato? L'eretico fa sempre paura e per questo è ritenuto un nemico da abbattere.

Ho letto molti dei libri di Osho pubblicati in Italia ed ho avuto contatti e li ho tutt'ora con i suoi seguaci, i quali mi hanno stupito per la loro coerenza e fedeltà agli insegnamenti del maestro. Ho notato che la sua dottrina sincretistica – buddhismo, cristianesimo delle origini, taoismo, zen, vedantismo – è particolarmente suggestiva; a volte profondissima altre, curiosamente superficiale. Alcuni passi tratti dalle sue opere, sono travolgenti, rivelano una conoscenza e una meditazione seria, vissuta. Insomma, Osho non è quel cialtrone come ci è stato dipinto dalla pubblicistica del tempo. È sì un uomo controverso, eccessivo, intrigante, forse pure un amante disinibito se non immorale, un testardo fustigatore della Chiesa cattolica. Un peccatore? Certamente, ma chi non lo è. Forse proprio perché si è messo in gioco tutta la vita, tentando possibili e impossibili fusioni tra spiritualità e religioni diverse, apprezzando il lusso e le belle donne, è stato capace di comprendere meglio di molti professorini di Dio la vita nella sua pienezza, con tutte le contraddizioni, le cadute che un tale percorso produce. Un guru? Un maestro? Per me è uno che ha navigato veramente nell'oceano della propria anima, scoprendo porti sicuri e insidie seducenti, perdendo di vista a volte la rotta, con la consapevolezza che ogni anima confina col tutto.



“Si dovrebbe accogliere la morte con gioia... è uno dei più grandi eventi della vita. Nella vita, esistono solo tre grandi eventi: la nascita, l’amore e la morte. La nascita, per tutti voi, è già accaduta: non potete farci più nulla. L’amore è una cosa del tutto eccezionale... accade solo a pochissime persone, e non lo si può prevedere affatto. Ma la morte, accade a tutti quanti: non la si può evitare. È la sola certezza che abbiamo; quindi, accettala, gioiscine, celebrala, godila nella sua pienezza. La morte è semplice svanire nella fonte. La morte è andare nel regno di ciò che non è manifesto: è addormentarsi in Dio. Di nuovo tornerai a fiorire. Di nuovo rivedrai il sole e la luna, e di nuovo e ancora... fino a quando non diventi un Buddha, fino a quando non riuscirai a morire in piena coscienza; fino a quando non sarai in grado di rilassarti in Dio consciamente, con consapevolezza. Solo allora, non esiste ritorno: quella è una morte assoluta, è la morte suprema.”

estratti dal libro IL CANTO DELLA MEDITAZIONE

Prefazione
Questo libro ci conduce in modo semplice e diretto all'essenza della meditazione. Si tratta di una serie di discorsi in cui Osho commenta il canto della meditazione, un breve testo di Hakuin, maestro zen del XVIII secolo, "Il canto di Hakuin non è un canto, non è una canzone qualsiasi; è una delle affermazioni più straordinarie che siano mai state pronunciate ... Più sai che cos'è la meditazione - non intellettualmente ma esistenzialmente - più senti cos'è la meditazione, più facilmente ti ci addentri. E un giorno il suo significato esploderà in te".
 
Premessa di Osho (pag. 9)
Ho letto il canto della meditazione di Hakuin molti anni fa, ma non ricordo di avergli dato lo stesso significato che gli dai tu. È naturale! Il mio significato è il mio significato, il tuo significato è il tuo. Come potrebbe essere lo stesso? Non è possibile! La tua interpretazione scaturisce da te, non ha niente a che vedere con il canto di Hakuin. Quando leggi il vangelo, non leggi Gesù, ma te stesso. Quando leggi la Gita non leggi Krishna, ma te stesso. La tua interpretazione non è presente nel libro, è naturale: il libro è solo una scusa …

(pag. 10) Ricorda: mentre mi ascolti metti da parte la tua mente. Ascolta per la pura gioia di ascoltare, come ascolti un uccello cantare, come ascolti il vento tra gli alberi, solo così. Non c'è alcun bisogno di preoccuparsi del significato. In questo modo ti avvicinerai al vero significato. ...

Il silenzio (pag. 20-22)
Hakuin era un uomo di poche parole, un uomo di silenzio. Poteva non parlare per anni , e poi dire una o due parole. Una volta l'imperatore del giappone lo invitò a tenere un sermone a palazzo. La regine e il re, il primo ministro, gli altri ministri, gli alti ufficiali e i generali, tutti si riunirono con profondo rispetto per ascoltarlo. Hakuin si presentò, si fermò un minuto, si guardò attorno e lasciò la sala. Il re era sconcertato. Chiese al primo ministro: "Che cosa gli è preso? Eravamo venuti per ascoltarlo!". Il vecchio primo ministro rispose: "Questo è il più grande sermone che io abbia mai ascoltato. L'ha pronunciato! Tu gli avevi chiesto di venire e insegnarti il silenzio. E lui l'ha insegnato! È stato lì, in silenzio, era silenzio. Che cosa chiedi di più? Che cosa domandi ancora? In quei pochi secondi egli era puro silenzio. Era assoluto silenzio. Era silenzio vibrante, pulsante. Ma tu cercavi di sentire delle parole". Ma sul silenzio nulla può essere detto, e tutto ciò che viene detto è sbagliato. Come puoi dire qualcosa sul silenzio? Qualunque cosa tu dica lo renderà falso. Ecco perchè Lao Tzu cide: non si può dire nulla sul Tao - e se si dice qualcosa, nel momento stesso in cui viene detto diventa falso. Il Tao è silenzio, ma non il silenzio di un cimitero. È il silenzio di un giardino, dove gli alberi sono vivi e respirano, eppure c'è completo silenzio. Non è un silenzio morto, è un silenzio vivo. Ecco perchè Hakuin ha chiamato questo canto: Canto della Meditazione.Buddha dice: mi avvicino alla realtà non credendo, ma vedendo. La sua religione è stata definita "ihi passika" : "vieni e vedi", non "vieni e credi". Buddha dice: "vieni e vedi, ihi passika". E' qui, presente - devi solo venire e vedere. Non ti chiede di credere. Egli è l'unico grande maestro al mondo che ha abbandonato la professione di fede - e lasciandola cadereha trasformato la religione da una cosa molto infantile a una molto matura. Con Buddha la religione è diventata giovane. Prima era infantile. Era una sorta di credo - il credo è superstizione, è frutto della paura. Il credo è cieco. Buddha ha dato gli occhi alla religione. Egli dice: se vedi non c'è alcun bisogno di credere. Quando hai visto non c'è credo, c'è conoscenza.

La meditazione (pag. 22)
La meditazione non è altro che l'arte di aprire gli occhi. L'arte di pulire i tuoi occhi, l'arte di eliminare la polvere che si è accumulata sullo specchio della tua consapevolezza. È naturale che la polvere si accumuli. L'uomo ha continuato a viaggiare per migliaia di vite - e la polvere si è accumulata. Noi siamo tutti viaggiatori, molta polvere si è accumulata - così tanta che lo specchio è completamente scomparso. C'è solo polvere su polvere, strati e strati di polvere, e tu non riesci a vedere lo specchio. Ma lo specchio è ancora lì - non lo si può perdere, poichè è la tua vera natura. Se si potesse perdere non sarebbe la tua natura. Non è che tu hai uno specchi, tu sei lo specchio. Il viaggiatore è lo specchio - non può perderlo, può solo dimenticarlo. Al massimo, si tratta di una dimenticanza. ...
 
Il desiderio e la felicità (pagg. 23, 24, 25, 35)
Felicità. Beatitudine. Gioia. Ecco cosa stai cercando. L'hai cercata per millenni e non l'hai ancora trovata. È il momento, il momento giusto, per ripensarci, per meditare di nuovo. Hai continuato a cercare, a sforzarti così intensamente - forse ti stai perdendo proprio a causa di questo sforzo? È forse questo cercare che ti allontana dalla felicità? Pensiemoci di nuovo, riflettiamoci sopra. Fai una piccola pausa nella tua ricerca, fai un riepilogo.... Nessuno l'ha mai trovata cercandola. C'è qualcosa di sbagliato nella ricerca stessa. Mentre cerchi, naturalmente ti dimentichi di te stesso; cominci a guardare dappertutto, in qualunque altro posto ... E la ricerca diventa sempre più disperata, poiché cerchi sempre più intensamente e non trovi nulla, sarai preso da un'ansia spasmodica: "Ce la farò, questa volta, o mi sfuggirà di nuovo?".

La felicità è la funzione della tua consapevolezza quando è risvegliata. L'infelicità è la funzione della tua consapevolezza quando è addormentata.

Forse il tentare porta persino all'infelicità. Forse tutto il rumore del mio desiderare ha tenuto lontano lo strano uccello dalle mie spalle. Ho inseguito la felicità così a lungo e così fortemente. Ho cercato nei luoghi più remoti, in lungo e in largo. Ho sempre immaginato che la felicità fosse un'isola nel fiume. Forse essa è il fiume. Pensavo che la felicità fosse il nome di una taverna in fondo alla strada. Forse essa è la strada. Credevo che la felicità fosse sempre domani, e poi domani, e poi domani, e domani ancora. Forse essa è qui. Forse essa è ora. E io ho guardato in qualsiasi altro luogo.

venerdì 25 febbraio 2011

LE COSE SONO SEMPRE COME SONO


... le cose prendono sempre il loro corso naturale lo si voglia o no. Avere degli scopi non le influenza in un modo o nell'altro. Per di più, poiché nulla nel mondo della forma rimane per un solo attimo senza mutamento che differenza c'è tra la mortalità e l'immortalità? I succhi che dalla tua tomba nutriranno le erbe non saranno più tuoi ; perché dovrebbe essere altrimenti con qualsiasi residuo spirituale che tu potresti avere? Supponiamo che tu abbia uno spirito destinato a vivere per eoni; poiché il suo mutamento non può mai cessare, per quanto tempo sarà il tuo spirito? ... con la speculazione non si ottiene nulla. Le cose sono sempre come sono. Imparare ad accettare ciò che si presenta è l'unica via per la tranquillità.
John Blofeld

martedì 1 febbraio 2011

Gli "Aurei Detti" di Pitagora



Da Introduzione alla Magia, a cura del "Gruppo di Ur", Roma, Mediterranee, 1971, 19842, vol. II, pp. 8-9.

Prima gl'Idii immortali, a norma di lor gerarchia,
adora: e l'Orco poi venera, e i fulgidi Eroi indiati.
Ai sotterranei Dàimoni esegui le offerte di rito,
e ai genitori fa onore, e ai nati più prossimi a te.
Degli altri, ogni più egregio per merito renditi amico,
lui con serene parole, con utili azioni imitando.
Né in ira averlo, per lieve mancanza l'amico, a potere tuo:
ché già, accanto al potere, convive la Necessità.

Quindi di tai cose tu sappi, e sappi infrenar queste altre:
lo stomaco anzitutto, e così il sonno, e sì il sesso,
e sì la brama. Turpezza, perciò, non con altri farai,
e non da solo: pudore abbi anzi con te più di tutto.
Poi sempre, a detti e in fatti, esercitare equità,
e abituarti a mai essere, in cosa veruna, avventato,
e ricòrdati che, insomma, a tutti è pur d'uopo morire.
Quindi, ricchezze, oggi cerca acquistarne, esitarne domani;
e quanti, per daimoniche sorti, han dolori i mortali,
quei che tu n'abbia in destino, sopportali calmo, senz'ira.
Curarli, sì, ti conviene, a tutto potere: e pensare
che non poi molti, ai buoni, la Mòira dolori ne dà.

Discorsi, a umano orecchio, ne sogliono, e vili ed egregi,
battere: tu, né di quelli ti urtar, né da questi permetti
ch'altri ti stolga: e se mai venga detta menzogna, con calma
tu le resisti: ed, in tutto, adempi quanto ora ti dico.
Niuno, né con parole mai, né con opere, a indurti
valga, a mai dire o far cosa che a te poi il meglio non fosse.
Prima di agire rifletti, perciò: che non seguan stoltezze;
ché fare o dir stoltezze, la è cosa da uomo dappoco.
Ma tu le cose farai, che poi non ti nuocciano: niuna,
quindi, che assai bene esperto tu non ne sia; ma, quanto
davvero è d'uopo, impara, e vita lietissima avrai.

D'uopo è così, non già incuria aver per l'igiene del corpo,
ma ed in bevanda e in cibo, e nella palestra, misura
serbar: misura ciò dico, che niuna mai noia ti rechi.
Quindi a una dieta ti adusa, pulita, ma senza mollezze;
quindi dal compier ti astieni ogn'atto che susciti invidia.
Così, oltre il congruo non spendere, a mo' di chi il bello non sa,
nè già esser gretto: misura, in tutto, è davver nobiltà.
Non fare insomma il tuo male, e pondera prima di agire.
Onde anzitutto dal sonno, per quanto soave, sorgendo,
subito dàtti ben cura di quanto in giornata vuoi fare.
E non il sonno negli occhi, per quanto languenti, accettare,
prima che ogn'atto tuo diurno, tre volte abbi tratto ad esame:
"Dove son stato? che ho fatto? qual obbligo non ho adempiuto?"
E dal principio partendo, percorri anche il dopo del dopo.
Bassezze hai fatto? ten biasima. Elette azioni? ti allegra.
Di quelle affliggiti, a queste ti adopra, ed a ciò ti appassiona:
a ciò che della virtus divina sull'orme porrà.

Sì, sì: per Quegli che all'anime nostre ha trasmessa la Tetrade,
fonte alla eterni-fluente Natura. Ma all'opra ti accingi
tu, il compimento pregandone ai Numi: e da essi afforzato,
saprai degli Iddii immortali, saprai degli umani caduchi,
l'essenza ond'uno trapassa, ond'altri si volve ed impera.
Saprai Themi, che sia; Natura, a sé identica ovunque;
e il non sperare l'insperabile, e il non lasciar nulla inspiegato.

Saprai che gli uomini prove sopportan da essi accettate.
Miseri: accanto a loro sta il bene, e nol vede né ode
niuno, e, la liberazione dei mali, la scorgono pochi;
tal Parca il senno ai mortali deprava! E ne son trabalzati
qua, e là, come su mobili rulli, tra urti infiniti.
Trista seguace è congenita in essi un'occulta e maligna
irosità, da eccitarsi non già, ma allentarsi e fuggirsi.
Zeus padre, eh sì, li torresti pur tutti a pur molte sciagure,
se a tutti ti degnassi svelare di qual dàimone han l'uso.

Ma tu, coraggio: l'origine di quei mortali è divina,
a cui Natura va aprendo le arcane virtù ch'ella spiega.
Se di essi in te c'è qualcosa, verrai sin là dove ti esorto,
reintegrato e silente, e l'anima immune da mali.
Ma lascia i cibi ch'io dissi, nei dì che a far pura e disciolta
l'anima intendi: ed osserva, discevera e vàluta tutto,
e Intelligenza sovrana erigi ad auriga dall'alto.

Così, se il corpo lasciando, nell'etere libero andrai,
spirìtuo nume immortale, non più vulnerabil, sarai.