Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

lunedì 12 ottobre 2015

SULLA FRONTIERA DI ULISSE



Ulysses di Alfred Tennyson

Serve a poco che un re ozioso,
In questo spento focolare, presso queste sterili rupi,
Consorte una donna anziana, io misuro e ripartisco
Imparziali leggi a una stirpe selvaggia,
Che ammucchia, e dorme, e si nutre, e non mi conosce.

Non posso fare a meno di viaggiare: berrò
Ogni goccia della vita: tutto il tempo ho assaporato
Molto, molto ho sofferto, sia con coloro
Che mi amavano, che solo, sulla riva, e quando
Con tumultuose correnti le piovose Iadi
Agitavano l’oscuro mare: io son diventato un nome;
Per aver sempre vagato con cuore affamato
Molto vidi e conobbi; città d’uomini
E costumi, climi, consigli, governi,
E non di meno me stesso, ma onorato da tutti;
E assaporai il piacere della battaglia coi miei pari,
Lontano sulle risonanti pianure della ventosa Troia.

Io son parte di tutto ciò ch’incontrai;
Eppure ancor tutta l’esperienza è un arco attraverso cui
Brilla quel mondo inesplorato i cui confini sbiadiscono
Per sempre e per sempre quando mi muovo.
Com’è sciocco fermarsi, finire,
Arrugginire non lucidati, non brillare nell’uso!
Come se respirare fosse vivere! Vita ammucchiata su vita
Sarebbero tutte troppo poco, e di una sola a me
Poco rimane: ma ogni ora è salva
Da quell’eterno silenzio, qualcosa di più,
Un portatore di cose nuove; e vile sarebbe
Per tre soli anni ammucchiare e accumulare io stesso,
E questo grigio spirito bramare nel desiderio
Di seguire la conoscenza come una stella cadente,
Oltre il limite più estremo dell’umano pensiero.

Questi è mio figlio, il mio caro Telemaco,
Al quale io consegno lo scettro e l’isola -
Da me molto amata, che discerne come adempiere
Questo lavoro, con lenta prudenza per addolcire
Un popolo rozzo, e attraverso soffici gradi
Sottometterli all’utile e al bene.
Egli è il più irreprensibile, concentrato nella sfera
Dei comuni doveri, conveniente a non cadere
In funzioni di fragilità, e pagare
Confacenti preghiere agli dèi della mia casa,
Quando sarò partito. Egli fa il suo lavoro, io il mio.

Lì giace il porto; il vascello gonfia la sua vela:
Là si oscurano i neri, estesi mari. Miei marinai,
Anime che hanno faticato, e lavorato, e pensato con me -
Che sempre con un allegro benvenuto accolsero
Il tuono e la luce del sole, e opposero
Cuori liberi, menti libere – voi ed io siamo vecchi;
La vecchia età ha ancora il suo onore e la sua fatica;
La morte chiude tutto: ma qualcosa prima della fine,
Qualche lavoro di nobile natura, può ancora essere fatto,
Uomini non sconvenienti che combattevano contro gli Dèi.
La luce comincia a scintillare dalle rocce:
Il lungo giorno affievolisce: la lenta luna si innalza: il mare profondo
Geme attorno con molte voci. Venite, amici miei,
Non è troppo tardi per cercare un mondo più nuovo.

Spingetevi al largo, e sedendo bene in ordine percuotete
I sonori solchi; perché il mio scopo consiste
Nel navigare oltre il tramonto, e i bagni
Di tutte le stelle occidentali, finché io muoia.
Potrebbe succedere che gli abissi ci inghiottiranno:
Potremmo forse toccare le isole felici,
E vedere il grande Achille, che noi conoscemmo.
Anche se molto è stato preso, molto aspetta; e anche se
Noi non siamo ora quella forza che in giorni antichi
Mosse terra e cieli, ciò che siamo, siamo;
Un’eguale indole di eroici cuori,
Fiaccati dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà
Di combattere, cercare, trovare, e di non cedere.





C'è un rischio che si corre quando si divulga ciò che è esoterico e non è quello di non esser creduto, ma di creare seguaci e chiese. Il diniego degli scettici, i dileggi, sono all'ordine del giorno e non richiedono particolari accorgimenti, basta una scrollata di spalle. Desidero, invece, indicare una porta che, poi, sta agli altri spingere e aprire. Ognuno deve fare la sua parte, non posso essere la stampella di nessuno e non per alterigia o vanagloria. La Via si percorre da soli, quando si è in grado di capire e si possiede il coraggio di andare fino in fondo. In quanto a possibili trasmissioni iniziatiche e magiche, beh, dipendono dalle qualificazioni personali: non ci sono bonus o scorciatoie. Il sentiero che porta al confine ha una sola corsia e non si può sorpassare.

Ho da tempo superato l'età di mezzo, ed ho iniziato a voltarmi indietro per fare i primi bilanci. Non starò qui a tediarvi con retrospettive. Chi mi segue, sa per quali mari ho navigato. La vita mi ha proposto sfide, domande, risposte, il tutto per farmi trovare un senso all'esistenza, mia e degli altri esseri che vicini o lontani (siamo comunque tutti collegati, volenti o nolenti) hanno condiviso lo stesso peregrinare. Le domande che ognuno dovrebbe porsi sono note: chi siamo, da dove veniamo, qual'è il nostro compito sulla terra, dove siamo diretti. Diffido sempre di quelle dottrine, religioni, filosofie, che vorrebbero incapsularci, allocandoci in una cuccia calda e confortevole. Dubito dei sistemi spiritualisti che perseguono un programma che ci segue dalla nascita alla morte, che inibiscono ogni domanda, che si trincerano dietro la gerarchia piramidale. Mi riferisco alle organizzazioni del potenziale umano e dei nuovi movimenti, oggi così in voga, che promettono vie di liberazione e poi ti rinchiudono in compartimenti stagni esistenziali, dove un tuo superiore-tutor più in là nell'addestramento, ha potere di vita e di morte su di te, e il fondatore è adorato come un dio. Ciò che si istituzionalizza diventerà tirannide, prima o poi.

Sono stato educato dai miei genitori alla fede cattolica, una base di partenza che mi ha permesso di conoscere Gesù e i Vangeli. Ecco la parola magica, almeno per me: conoscere. Già, prima di amare Gesù ho voluto conoscerLo. Il colpo di fulmine può accadere, la Grazia può discendere, ma non è automatico e allora che ho fatto? Mi sono avvicinato al Maestro di tutti, a Dio fatto uomo. La conoscenza mi ha portato all'amore per Gesù. Inevitabile, direi. Lui ti risponde se lo cerchi con tutto te stesso. Ma Lo dovete bramare, insistendo fino alla morte. Rischiando pure la follia. Sì, folli di Dio si diventa e si scopre che non è poi così lontano.

Gli anni e le diverse esperienze non hanno scalfito minimamente il mio amore per Cristo. Anzi. Per via della mia equazione personale (leggi: curiosità cognitiva e incline all'operatività interiore) ho sperimentato conoscenze, mi son dissetato a fonti desuete, che non erano segnate sulle mappe. Vi dirò, che sebbene le fonti fossero fuori da ogni sentiero noto, collimavano con quanto sapevo, di più: integravano e riempivano il mio bagaglio conoscitivo. Ho avuto come l'impressione di ammirare un bel tappeto, dove ad un motivo principale, che potrei far coincidere con la fede in Gesù, si affiancavano tante altre cose, dettagli in ordine sparso, ma che diventavano decisivi ad una più completa lettura.
Ogni fatto della Vita trova il suo posto all'interno della scena, un ordine emerge, un'armonia compare. Si ascoltano lontani segnali da lontane galassie, si scopre la Vita in tutto il suo fulgore.

La religione trasmette di generazione in generazione la sua esperienza del divino attraverso forme materiali (templi, dipinti, sculture, oggetti di culto), eteriche (canti, danze, riti, preghiere che creano, attraverso la loro ripetizione, forme eteriche in cui s'incanalano le energie dei fedeli), astrali (l'appartenenza, la solidarietà, l'ammirazione, la colpa, la paura, l'orrore, la pace, la beatitudine), e mentali (dottrine). Si tratta di forme essenziali per conservare e trasmettere la fede. Andare oltre, sconfinare verso l'indicibile, non è più un fatto collettivo, di Chiesa, ma un'avventura individuale. Le anime che sono pronte possono osare di varcare il confine. Sono pronte quando si crea un accordo fra il dono divino e il lavoro personale. Allora il velo si squarcia e si apre l'orizzonte (senza dogane) della contemplazione. Si percepisce lo stato edenico. Il corpo, la corrente vitale, i sentimenti, i pensieri, sono allineati al fiume divino che scende dall'Alto: la liberazione. Si resta ancorati nella comunità, ma questa si allarga all'intera famiglia umana, e pure oltre. Verso la propria Chiesa si conserva l'affetto che si ha per una madre, ma il divino ti squarcia dentro, rompe tutte le barriere, in ogni essere vedi il riflesso di Dio che vuole manifestarsi.
Sin da ragazzo ho istintivamente scelto di situarmi sulla frontiera: ho incontrato viandanti ostili, pellegrini curiosi, saggi distratti e poveracci, cialtroni e ladri di anime, santi senza altare e maghi invisi dai potenti della terra. Da tutti ho imparato, a tutti ho donato le mie poche cose. Sulla frontiera il vento è più forte, a volte fa paura, ma non la cambierei nemmeno col castello del Re.