Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

giovedì 17 gennaio 2013

LA FINE DEL PADRE



Sono dei ladri. Dei ladri di parole e quindi, essendo le parole cose, sono ladri e basta. Nella clinica universitaria di Padova hanno rubato la parola «padre». Al suo posto, nei braccialetti consegnati ai genitori in visita nel reparto di ostetricia, hanno messo un surrogato: la parola «partner». «Abbiamo preso questa decisione per non offendere la sensibilità di nessuno» dice il direttore della clinica che invece ha offeso la sensibilità di tutti gli uomini. Io sono un uomo e se faccio un figlio esigo di essere chiamato padre. Non voglio essere definito, io che sono italiano, con una parola inglese. E nemmeno con la sua traduzione: non sono socio di nessuna donna, «socio» è parola del mondo dell’economia e io distinguo l’amore, che è dono, dall’economia, che è scambio di un bene o servizio in cambio di moneta. Io, tanto per cominciare, non compro i figli nelle banche del seme e non noleggio corpi di donne povere come fanno gli omosessuali bramosi di riprodursi contronatura.
Io non sono né partner né socio, e loro sono dei ladri. Hanno rubato ai padri e hanno rubato ai bambini. Che Dio non li perdoni. E nemmeno i bambini, quando saranno grandi.
Camillo Langone
4 gennaio 2013 [Fonte e ©: Il Foglio]