Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

giovedì 18 febbraio 2010

TEOSOMATICA: VERSO LA CONOSCENZA DELL'INCARNAZIONE


Il corpo non mente. nel frattempo però, la Chiesa cattolica vuole aggirare il corpo e penetrare nella sana e razionale religione ortodossa. Quando capirà la gerarchia ecclesiastica con i suoi professorini che esistono diversi modi di sapere? Cristo si è incarnato, ma i papi sembrano dimenticarlo, visto e considerato che la carne è disprezzata, un male necessario secondo certi teologi, un limite alla salvezza, sempre secondo il magistero. Il sapere intellettuale è quello che meno aiuta nella conversione e nell'assoggettamento, eppure è quello che richiediamo ai credenti. È invece il sapere corporeo, immaginativo ed epifanico che cambia la vita. I cattolici - generalizzo naturalmente - se non sanno ascoltare il proprio corpo, non sanno ascoltare la propria anima. E dunque alla fine il mondo non li ascolta. La credibilità della Chiesa sembra diminuire di anno in anno. Il motivo principale di tutto ciò è che la Chiesa non dà ai suoi fedeli l'accesso a Dio, al trascendente, alla verità. Cristo ha aperto un sentiero, dove alla fine non v'è antagonismo tra corpo anima e spirito, bensì trasmutazione. Per cui soltanto una teosomatica - gnosi integrale - potrebbe diventare strumento privo di pensiero concettuale, che può aprirci la porta al sentiero cristico, troppe volte disatteso e confinato nella categoria dell'eresia. Categoria di comodo inventata dal potere, per impedire alle donne e agli uomini liberi di sperimentare direttamente il divino.

martedì 16 febbraio 2010

LA CONSAPEVOLEZZA


Dott.ssa Maria Teresa Sciarra, Viterbo

È la luce della consapevolezza che rende le cose preziose, poiché attraverso di essa comprendiamo il significato della vita.
Il termine consapevolezza è stato raramente definito, dando per scontato il suo significato, in psicologia biologica con questo termine (in inglese awareness) si intende la percezione e la reazione cognitiva di un animale al verificarsi di un certo evento,ma la consapevolezza non implica necessariamente la comprensione, fornisce il materiale “grezzo” a partire dal quale gli animali possono sviluppare idee soggettive circa la loro esperienza, il passo successivo alle idee è arrivare a scoprire la parte inconscia, diventando totalmente conscia, questa è l’illuminazione: l’uomo è l’unico animale che può raggiungere questo stato, il picco più alto della consapevolezza.
Nessuno può fornirci un manuale per l’uso alla pratica della consapevolezza, è necessario allenarsi quotidianamente nel prestare attenzione ad ogni nostra azione in stato di veglia, essere consapevoli al momento presente, dimenticare il passato e non guardare al futuro con trepidazione continua.
Essere consapevole non significa essere cosciente perché possiamo “prestare attenzione” ad una azione che stiamo svolgendo, per mezzo di automatismi
innati o appresi, come guidare l’auto,senza esserne consapevoli, la funzione della coscienza è quella di descrivere ciò che vede in modo oggettivo, mentre la consapevolezza cerca di dare un senso al di là dell’informazione data o vissuta in modo soggettivo.
Quando non siamo più condizionati dai nostri giudizi, iniziamo ad intraprendere un percorso di consapevolizzazione, limitandoc a guardare alla vita e a vederla come un evento straordinario senza l’intrusione di meccanismi inconsci di giudizio, condanna, “giusto o sbagliato”; e per comprendere appieno il contenuto del problema bisogna mettersi in uno stato d’animo passivo, da questa passività,che non è indolenza, ma estrema vigilanza, vedremo il problema in una luce diversa, poiché non ci identifichiamo più con esso ma ne identifichiamo il contenuto, risolvendolo in profondità.
Se guardiamo con distacco al problema non ci accosteremo con i vecchi schemi di comportamento,ma osservando con occhio imparziale ci rivelerà il suo contenuto e arriverà la risposta.
La realtà non è conoscibile attraverso la mente dato che quest’ultima è il risultato del conosciuto, del passato, perciò solo attraverso la consapevolezza del funzionamento della mente e ad aggirare i suoi inganni si arriverà a conoscere la Verità.

martedì 9 febbraio 2010

SRI AUROBINDO: LA RIVOLUZIONE DELLA MENTE



ARAVINDA GHOSE nacque a Calcutta il 15 agosto 1872.
Il suo nome, che in lingua bengali significa "loto", fu presto anglicizzato in ‘Aurobindo’ ed è con questo nome che viene conosciuto.
Sri Aurobindo fu mandato a sette anni con i due fratelli a studiare in Inghilterra, dove rimase fino alla morte del padre, medico, nel 1893. Studiò prima nella scuola inglese di Darjeeling, poi alla St. Paul’s School di Londra ed infine al King’s College di Cambridge, dove stupì per la solida padronanza delle lingue e letterature classiche.
Al suo ritorno in India si stabilì presso il Maharaja di Baroda. È in questo periodo che iniziò a conoscere la letteratura e la filosofia dell’antica India, rendendosi nello stesso tempo osservatore partecipe della situazione attuale e dello stato di schiavitù della sua gente. Già nel 1893 aveva avuto il coraggio di denunciare in un articolo il Congresso del Bengala: "Morente di consunzione … in un’era in cui democrazia ed altri termini altisonanti scorrono nei nostri discorsi in modo così sciolto, un corpo come quello del Congresso che non rappresenta la massa della popolazione, bensì una classe singola e limitata, non può onestamente dirsi Nazione."
Cominciarono così gli anni ‘giornalistici’ e politici di Sri Aurobindo, che si dedicò attivamente alla causa nazionale e divenne uno dei più popolari leader della gioventù radicale del Bengala : fu tra gli editorialisti dell’Amrita Bazaar Pratika, primo direttore del Bengal’s National College e poi condirettore del Bande Mataram, tutti giornali che ebbero un ruolo incisivo nella formazione di un movimento indipendentistico. Egli organizzò apertamente il gruppo progressista di giovani del Congresso in un nuovo partito politico in lotta col partito Moderato e lo persuase ad assumere il quotidiano Bande Mataram, che cominciò a circolare in tutta l’India, come proprio organo di partito. Sri Aurobindo fu il primo ‘politico’ in India che si preoccupò di dichiarare apertamente attraverso le pagine del giornale la completa e assoluta indipendenza quale fine dell’azione politica in India. Sempre tramite il giornale sviluppò, oltre ad un’azione di educazione nazionale, varie incisive azioni di non cooperazione, resistenza, boicottaggio, sabotaggio nei confronti del governo britannico in India.
Nel 1907 Sri Aurobindo (insieme ad altri patrioti del nazionalismo bengalese) fu arrestato e poi incarcerato nella prigione inglese di Alipore, dove rimase per un anno durante l’investigazione ed il processo, al termine del quale fu scagionato e liberato.
Nel frattempo, già dal momento in cui aveva rimesso piede sul suolo indiano dopo la sua assenza, Sri Aurobindo aveva avuto una serie di esperienze comunemente dette ‘spirituali’, pur senza nulla sapere a proposito di Yoga, che praticò in seguito da solo, continuando contemporaneamente a portare avanti anche l’azione politica senza alcuna opposizione tra le due cose. Nel 1908 si incontrò con un guru, Visnu Bashkar Lelé, seguendo le istruzioni del quale in soli tre giorni entrò in un silenzio assoluto della mente realizzando così il Nirvana (o Brahman, in cui l’universo appariva come irreale di fronte all’unica Realtà di ‘Quello’.) Da quel momento mantenne sempre questo silenzio, e tutte le attività mentali, le parole, la scrittura, il pensiero e la volontà gli fluirono da una sorgente ad di sopra della mente cerebrale; era entrato in quella che definì in seguito la coscienza sopramentale. Questa fu la base del suo Yoga. Egli stesso scrisse in una lettera: "… Cominciai il mio Yoga nel 1904 senza un guru; nel 1908 ricevetti un aiuto importante da uno Yogi Maharatta e scoprii le fondamenta della mia sadhana, ma da allora, finché la Madre non giunse in India, non ricevetti aiuto spirituale da nessun altro. La mia sadhana, prima e poi, non era fondata sui libri ma su esperienze personali che si affollavano in me dall’intimo. Ma in carcere tenni con me la Gita e le Upanishads, praticai lo Yoga della Gita e meditai con l’aiuto delle Upanishads, questi furono i soli libri nei quali trovai una guida; i Veda, che cominciai a leggere per la prima volta molto tempo dopo a Pondicherry, anziché guidare la mia sadhana, confermarono piuttosto quali esperienze avevo già avuto. …".
Sri Aurobindo aveva adottato nella sua sadhana il principio di affidarsi completamente solo al Divino e alla sua guida, sia nella pratica spirituale che nelle azioni esteriori.
Durante l’anno di prigione ad Alipore egli dedicò quasi tutto il tempo alle letture di cui sopra, alla meditazione ed alla pratica dello Yoga. Se la realizzazione del "Brahman Silenzioso" ottenuta con Lelé era stata inizialmente accompagnata dalla percezione della totale irrealtà del mondo, questa percezione scomparve dopo la seconda realizzazione, che si verificò nella prigione di Alipore: quella della coscienza cosmica e del Divino in tutti gli esseri ed in tutto ciò che è. Inoltre, già ad Alipore egli si era messo in cammino verso altre due realizzazioni, quella della Realtà suprema (con il Brahman statico e dinamico come suoi due aspetti), e quella dei piani superiori di coscienza che conducono alla Supermente.
Sri Aurobindo aveva inizialmente intrapreso lo Yoga con l’idea di acquisire forza ed energia spirituali e la guida per la sua attività nella vita. Ma ora l’esperienza e la realizzazione spirituali interiori, che avevano continuato a crescere in grandezza ed universalità, divennero il fondamento della sua vita, mentre il suo lavoro cominciò a esserne una parte ed un risultato, oltrepassando poi ampiamente lo scopo iniziale di servizio e liberazione del paese per stabilirsi in un più vasto fine che riguardava tutto il mondo ed il futuro dell’umanità.
Quando Sri Aurobindo uscì dalla prigione decise di continuare la battaglia nonostante il Governo rimanesse determinato a liberarsi di lui. Una notte egli fu informato che il governo aveva intenzione di perquisire l’ufficio dove egli dormiva e di arrestarlo; mentre rifletteva sul da farsi ricevette il comando interiore, a cui obbedì senza esitazione, di andare a Chandernagore, nell’India francese, e più tardi a Pondicherry.
Da quel momento lasciò cadere ogni partecipazione esteriore all’attività politica pubblica. Vide che l’indipendenza dell’India era assicurata dal progresso di forze di cui era divenuto cosciente e che non vi sarebbe stato bisogno di una insurrezione armata. In disparte da tutto ciò, gli divenne sempre più chiara l’importanza del lavoro spirituale posto davanti a lui e concentrò tutte le proprie energie su esso. Ma questo non significava che si fosse ritirato in qualche altezza di esperienza spirituale privato di qualsiasi ulteriore interesse per il mondo o il destino dell’India, poiché l’autentico principio del suo Yoga non era solo quello di realizzare una Coscienza superiore, ma andare oltre, alla ricerca di un’esperienza più completa che unisse e armonizzasse i due limiti dell’esistenza, Spirito e Materia. La sua esperienza era partita inizialmente dagli antichi insegnamenti dell’India secondo cui dietro le apparenze dell’universo c’è la realtà di un Essere e di una Coscienza, un Sé di tutte le cose, unico ed eterno, di cui è possibile divenire coscienti attraverso una certa disciplina atta a rimuovere il velo di ignoranza che separa gli esseri da questa Realtà. Poi Sri Aurobindo rivelò che questo Unico Essere e Coscienza è presente allo stato involuto anche nella Materia, nell’oscurità ed ignoranza dell’attuale mondo materiale, e che l’evoluzione è il metodo attraverso il quale questa Realtà Unica libera se stessa. La coscienza compare in ciò che sembra essere incosciente ed è auto-stimolata a crescere sempre più verso l’alto e a svilupparsi verso una perfezione sempre maggiore. La mente, se è il termine più alto raggiunto fino ad ora dall’evoluzione, non è però l’ultimo grado che essa può raggiungere. Ma mentre i passi precedenti nell’evoluzione sono stati compiuti dalla Natura, nell’uomo essa diviene capace di evolvere per mezzo di una volontà cosciente. Non è comunque attraverso la volontà mentale nell’uomo che questo passaggio può essere compiuto completamente, poiché la mente arriva solo fino ad un certo punto dopo il quale essa può solamente muoversi in circolo. Si deve attuare una svolta della coscienza con la quale la mente deve trasformarsi nel principio superiore. Sri Aurobindo rivela infatti che è possibile la discesa di un nuovo potere di coscienza che egli chiama "Supermente", il quale segnerà la nuova tappa evolutiva; questa nuova Coscienza non libererà solamente il Sé spirituale oltre il mondo, ma nel mondo, e sostituirà l'ignoranza mentale con una Coscienza di Verità supermentale che renderà possibile all’essere umano ritrovarsi e crescere oltre la propria umanità, ancora animale, in una razza più divina. Non si tratta quindi di un miglioramento, ma di una radicale trasformazione che coinvolge la Materia stessa.
Realizzare questa possibilità diveniva lo scopo dinamico dello Yoga di Sri Aurobindo.

 
Non è per me che faccio questo yoga; non ho bisogno di nulla, né di salvezza né di qualunque cosa; è per la coscienza terrestre, precisamente per aprirle una strada affinché essa cambi.


Sri Aurobindo



Inizialmente Sri Aurobindo visse in ritiro a Pondicherry insieme a quattro o cinque compagni. In seguito sempre più persone cominciarono ad andare da lui per seguire il suo ‘sentiero’ spirituale ed il numero divenne così grande da dare vita, anni più tardi, ad un Ashram, che non fu in realtà istituito, ma crebbe spontaneamente.
Nel 1914 Sri Aurobindo fondò, insieme a Mirra Alfassa e a Paul Richard, il mensile filosofico bilingue "Aria", nel quale pubblicò in pochi anni buona parte delle sue opere (19 libri in 7 anni). Nel frattempo, dal 24 aprile 1920, Mirra (chiamata in seguito Mère, La Madre) si era stabilita definitivamente a Pondicherry, accanto a Sri Aurobindo, per collaborare con lui a svolgere la sua ‘opera’. Nel 1926 Sri Aurobindo si ritirò nella propria stanza per meglio proseguire il lavoro spirituale, per "elaborare ogni cosa", lasciando la responsabilità e la cura dell’Ashram (100 discepoli negli anni ’30, 741 nel 1950) alla Madre. Nel frattempo continuò a scrivere e rivedere le proprie opere; in particolare, negli ultimi anni, si dedicò alla stesura di Savitri, un poema di 23.813 versi, il più lungo mai scritto in inglese, che racchiude tutti i temi della sua opera ed esperienza. Il poema venne terminato nel 1950, anno in cui, all’età di 78 anni, Sri Aurobindo lasciò il corpo.