Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

martedì 17 novembre 2009




-NOVERO DEI VALAR-


Nel principio Eru, l’Uno, che nella lingua elfica è detto Ilùvatar, creò gli Ainur dalla propria mente; e gli Ainur intonarono una Grande Musica al suo cospetto. In tale Musica, il Mondo ebbe inizio, poiché Ilúvatar rese visibile il canto degli Ainur, e costoro lo videro quale una luce nell’oscurità. E molti di loro si innamorarono della sua bellezza e della sua vicenda che videro cominciare e svolgersi come in visione. Per tale ragione Ilúvatar conferì Essere alla loro visione, e la collocò in mezzo al Vuoto, e il Fuoco Segreto fu inviato ad ardere nel cuore del Mondo; e questo fu chiamato Eä. Poi, quelli degli Ainur che lo desideravano si levarono ed entrarono nel Mondo al principio del Tempo; e il loro compito fu di completarlo, e con le loro fatiche di attuare la visione che avevano scorto. A lungo essi travagliarono nelle regioni di Eä, la cui vastità trascende il pensiero di Elfi e Uomini, finche a tempo debito fu fatta Arda, il Regno della Terra. Poi essi assunsero abito terrestre, e in essa scesero e vi dimorarono.

I VALAR
I Grandi tra questi spiriti, dagli Elfi son detti Valar, cioè le Potenze di Arda, e gli Uomini li hanno spesso denominati dei. Sette sono i signori dei Valar; e sette sono anche le Valier, le Regine dei Valar. Questi i loro nomi nella lingua elfica parlata a Valinor, benché altri ne abbiano nel linguaggio degli Elfi nella Terra di Mezzo, e plurimi siano i loro nomi tra gli Uomini. Ecco, nel debito ordine, i nomi dei Signori: Manwë, Ulmo, Aulë, Oromë, Mandos, Lórien e Tulkas; e i nomi delle Regine sono: Varda; Yavanna, Nienna, Estë, Vairë, Vána e Nessa. Melkor non è più annoverato tra i Vala, e il suo nome non viene pronunciato sulla Terra.
Manwë e Melkor erano fratelli nella mente di Ilùvatar. Il più possente di quegli Ainur che vennero nel Mondo era, all’inizio, Melkor; Manwë però il più caro a Ilùvatar, quegli che più chiaramente ne intende i propositi. Egli era destinato ad essere, nella pienezza dei tempi, il primo di tutti i Re: signore del reame di Arda e sovrano di quanto vi dimora. In Arda, il suo diletto sono i venti e le nuvole, e tutte le regioni dell’aria, dalle supreme altezze alle profondità, dagli estremi confini del Velo di Arda alle brezze che alitano tra l’erba. Súlimo è il suo soprannome, cioè Signore del Respiro di Arda. Tutti gli uccelli veloci, forti d’ala, egli ama, ed essi vanno e vengono al suo comando. Con Manwë dimora Varda, Signora delle Stelle, che conosce tutte le regioni di Eä. Troppo grande è la sua bellezza per essere detta con le parole di Uomini o di Elfi; chè la luce di Ilùvatar ancora le splende in volto. Nella luce sono la sua potenza e la sua gioia. Dalle profondità di Eä essa è uscita per dare aiuto a Manwë; chè Melkor essa lo conosceva prima che fosse fatta la Musica e l’aveva respinto, ed egli la odiava e la temeva più di quant’altri Eru avesse creato. Manwë e Varda raramente si separano, ed essi rimangono in Valinor. Le loro aule stanno più in alto delle nevi eterne, sopra Oiolossë, la più sublime torre di Taniquetil, la più alta di tutte le montagne della Terra. Quando Manwë quivi si siede sul trono e si guarda attorno, e Varda è seduta accanto a lui, i suoi occhi vedono più in là di ogni altro occhio, attraverso brume e tenebre, oltre leghe e leghe di mare. E se Manwë è con lei, l’orecchio di Varda ode più chiaramente di ogni altro orecchio il suono di voci che clamino da est e da ovest, da colli e da valli e dai luoghi bui che Melkor ha fatto sulla Terra. Di tutti i Grandi che dimorano in questo mondo, gli Elfi riveriscono e amano soprattutto Varda. Elbereth, così la chiamano, e ne invocano il nome dalle ombre della Terra di Mezzo e lo estollono in canti al sorgere delle stelle.
Ulmo è il Signore delle Acque. Egli sta solo. Non dimora a lungo in nessun luogo, ma si muove a piacimento in tutte le acque profonde sopra e sotto la Terra. È appena inferiore per potenza a Manwë, e prima che Valinor fosse fatta era il suo amico più intimo: da allora, però, di rado si è recato ai concili dei Valar, se non per trattare questioni di grande momento. Egli infatti ha tutta quanta Arda nella propria mente e non ha necessità di alcuna dimora. Inoltre, non ama camminare sulla Terra, e di rado si veste di un corpo a mo’ dei suoi pari. Se i Figli di Eru lo scorgevano, venivano colti da grande sgomento, poiché il levarsi del Re del Mare era terribile, a guisa di montante onda che s’avventi alla terra con scuro elmo crestato di schiuma e coperta di cotta svariante dall’argento alle tonalità del verde. Le trombe di Manwë sono fragorose, ma la voce di Ulmo è profonda come le profondità dell’oceano che lui solo ha visto.
Ciò non toglie che Ulmo ami sia Elfi che Uomini, e mai li abbandoni, anche quando sono colpiti dall’ira dei Valar. A volte egli approda, non visto, sulle rive della Terra di Mezzo o si spinge all’interno lungo estuari, e quivi intona musica con i suoi grani corni, gli Ulumúri, che sono ricavati da candide conchiglie; e color ai quali quella musica giunge, sempre più la odono nei loro cuori, e il desiderio del mare mai più li abbandona. Ma, soprattutto, Ulmo parla a coloro che abitano nella Terra di Mezzo con voci che sono udite soltanto come musica dell’acqua, poiché tutti i mari e i laghi sono sotto il suo dominio; sicché gli Elfi sostengono che lo spirito di Ulmo scorra per tutte le vene del mondo. E così accade che a Ulmo pervengano, persino nelle profondità, notizie di tutti i bisogni e pene di Arda, che altrimenti resterebbero celate a Manwë.
Aulë è dotato di potenza poco inferiore a quella di Ulmo. Il suo dominio si esercita su tutte le sostanze onde è fatta Arda. All’inizio, molto ha operato di conserva con Manwë e Ulmo; e sua fattura è plasamazione di tutte le terre. Egli è un fabbro e maestro in tutti i mestieri, e trae diletto da lavori d’abilità, ancorché minuti, non meno che della possente edificazione d’un tempo. Sue sono le gemme che giacciono nel profondo della Terra, suo l’oro bello da tenere in mano, non meno delle pareti dei monti e dei bacini dei mari. I Noldor hanno imparato soprattutto da lui, che è sempre stato loro amico. Melkor ne era geloso, perché Aulë era assai simile a lui per mente e poteri; e vi è sta discordia tra loro, con Melkor che sempre guastava o sfaceva le opere di Aulë, e questi s’affaticava a mettere riparo ai tumulti e ai disordini provocati da Melkor. Entrambi desideravano far cose proprie, le quali fossero nuove e impensate da altri, e ricavavano piacere dalla lode per la loro abilità. Aulë però restava fedele a Eru, assoggettando alla sua volontà tutto ciò che faceva; e non invidiava le opere altrui, ma domandava e offriva consiglio. Melkor invece era tutto invidia e odio, sì che alla fine non poté far nulla se non a derisione del pensiero di altri cui distruggeva, quando poteva, ogni opera.
La sposa di Aulë è Yavanna, la Dispensatrice di Frutti. Essa ama tutte le cose che crescono sulla terra, e ne conserva nella propria mente le innumerevoli forme, da quelle degli alberi simili a torri nelle foreste d’un tempo, al muschi sulle pietre o alle piccole e segrete cose nell’argilla.
Tra le Regine dei Valar, Yavanna è riverita quasi quanto Varda. In forma di donna è alta, vestita di verde; a volte però assume anche altri sembianti. Certuni l’han vista starsene come un albero sotto il cielo, coronata dal Sole; e da tutti i suoi rami stillava una rugiada dorata sulla terra spoglia, che si rivestiva di verde grano; le radici dell’albero s’affondano però nelle acque di Ulmo, e i venti di Manwë parlano tra le sue foglie. Kementári, Regina della Terra, così e soprannominata nella lingua degli Eldar.
I Fëanturi, signori di spiriti, sono fratelli, e per lo più son detti Mandos e Lórien. Questi però a rigor di termine sono i nomi dei luoghi in cui dimorano, mentre i loro nomi sono Námo e Irmo.
Námo, il maggiore, dimora in Mandos, che si trova nella parte occidentale di Valinor. Egli è il custode delle Case dei Morti, colui che convoca gli spiriti del massacro. Nulla dimentica; e conosce tutte le cose che saranno, eccezion fatta soltanto per quelle che ancora stanno nel libero arbitro di Ilùvatar. Egli è preposto al destino dei Valar; ma pronuncia le sue sentenze e i suoi giudizi soltanto al comando di Manwë. Vairë la Tessitrice è la sua sposa, la quale iscrive nelle sue reti istoriate tutte le cose che mai sian state nel Tempo, e le aule di Mandos, che sempre più si dilatano a mano a mano che le era passano, ne sono tappezzate.
Irmo, il minore, è signore delle visioni e dei sogni. I suoi giardini stanno in Lórien, nella terra dei Valar, e sono i più belli di tutti i luoghi del mondo, affollati di molti spiriti. Estë la gentile,che medica ferite e stanchezza, è la sua sposa. Grigio è l’abito di Estë; e il riposo è il suo dono, di giorno non s’aggira, ma dorme su un’isola nel lago di Lórellin ombreggiato d’alberi. Dalle fonti di Irmo ed Estë, tutti coloro che dimorano in Valinor traggono riposto e sollievo dal fardello di Arda.
Più potente di Estë è Nienna, sorella dei Fëanturi; essa dimora da sola. Le è noto il dolore, e si lamenta di ogni ferita sofferta da Arda per i guasti di Melkor. Così grande fu la sua pena quando la Musica eruppe, che il suo canto si trasformò in lamento assi prima che terminasse, e che questo avesse inizio. Ma essa non piange per sé; e coloro che la odono, apprendono la pietà e a perseverare nella speranza. Le sue aule si trovano ad occidente dell’Occaso, ai confini del mondo; di rado essa viene alla città di Valimar, dove tutto è letizia. Si reca piuttosto alle aule di Mandos, poste vicino alle sue; e tutti color che in Mandos attendono, la invocano perché essa arreca forza di spirito e trasforma il dolore in saggezza. Le finestre di casa sua guardano fuori dalle pareti del mondo.
Massimo in forza e atti di prodezza è Tulkas, soprannominato Astaldo, il Valoroso. Egli è giunto per ultimo in Arda, ad aiutare i Valar nelle prime battaglie con Melkor. Trae piacere dalla lotta e dalle prove di forza; e non cavalca destriero, per la semplice ragione che può superarene alla corsa tutte le creature che vanno a piedi, ed è instancabile. Ha i capelli e la barba dorati, il suo incarnato è roseo; le sue armi sono le mani. Poco si cura sia del passato che del futuro,e a nulla vale come consigliere, ma è un amico costante. Sua sposa è Nessa, la sorella di Oromë, la quale è anch’essa agile e pieveloce. Ama i daini, che la seguono in corteo ovunque vada per le selve; ma essa può superarli alla corsa, veloce come una freccia, i capelli al vento. Trae diletto dalla danza, e a Valimar danza su prati dal verde sempre intatto.
Oromë è un possente signore. Ha forza minore di Tulkas, ed è più spaventoso nella collera; laddove Tulkas sempre ride, nel diporto e in guerra, e anche in faccia a Melkor rideva durante le battaglie di prima che gli Elfi nascessero. Oromë amava le contrade della Terra di Mezzo, e le lasciò a contraggenio e giunse per ultimo in Valinor; e sovente, in tempi antichi, riandava ad est superando i monti, e con il suo esercito tornava ai colli e alle piane. È un cacciatore di mostri e bestie feroci, che si diletta di cavalli e cani; e ama tutti gli alberi, ragion per cuoi è detto Aldaron e, dai Sindar, Tauron, cioè Signore di Foreste. Nahar è il nome del suo cavallo, bianco al sole e che splende argenteo la notte. Valaróma, così si chiama il suo grande corno, il cui suono è simile all’ascendere del Sole nello scarlatto o al lampo che si staglia squarciando le nuvole. Lo si udiva al di sopra di tutti i corni del suo esercito, nei boschi che Yavanna ha fatto crescere in Valinor; ché ivi Oromë addestrava le sue genti e le sue bestie all’inseguimento delle cattive creature di Melkor. La sposa di Oromë è Vána, la Sempregiovane; è la sorella minore di Yavanna; fiori d’ogni genere sbocciano ovunque passa e si aprono se vi posa sopra lo sguardo; a al suo giungere cantano tutti gli uccelli.

Questi sono i nomi dei Valar e delle Valier, e si è dato conto in breve del loro sembiante, quali gli Eldar li videro in Aman. Ma, per belle e nobili che fossero le forme con cui si manifestavano ai Figli di Ilùvatar, non erano che un velo che ne ricoprivano la bellezza e la potenza. E, se poco qui si dice di tutto ciò che gli Eldar un tempo sapevano, è un nulla se paragonato al loro vero essere, che rimonta a regioni ed ere di gran lunga trascendenti il nostro pensiero. Tra essi, Nove erano supremi in potere e in considerazione; uno però è stato tolto dal novero, e ne restano Otto, gli Aratar, i Supremi di Arda: Manwë e Varda, Ulmo, Yavanna e Aulë, Mandos, Nienna e Oromë. Benché Manwë sia il loro Re e li mantenga soggetti a Eru, per maestà sono pari, superiori al confronto di chiunque altro, sia dei Valar che dei Maiar, e a ogni altra specie inviata da Ilùvatar in Eä.

I MAIAR

In una con i Valar giunsero gli altri spiriti la cui esistenza del pari ebbe inizio prima del Mondo, dello stesso ordine dei Valar ma di grado minore. E sono costoro i Maiar, il popolo dei Valar e i loro servi e ausiliari. Il loro numero è ignoto agli Elfi, e pochi tra loro hanno nomi in questa o quella delle lingue dei Figli di Ilùvatar; ché, sebbene altrimenti stiano le cose in Aman, nella Terra di Mezzo ben di rado i Maiar si sono mostrati in forma visibile a Elfi e Uomini.
I principali tra i Maiar di Valinor i cui nomi sono ricordati nelle storie dei Giorni Antichi, sono Ilmarë, l’ancella di Varda, ed Eönwë, l’alfiere e araldo di Manwë, la cui possanza nel maneggio delle armi non è superata da nessuno in Arda. Ma, fra tutti i Maiar, Ossë e Uinen sono i più noti ai Figli di Ilùvatar.
Ossë è un vassallo di Ulmo, ed egli è il signore delle acque che lambiscono le rive della Terra di Mezzo. Non scende nelle profondità, ma ama le coste e le isole e si delizia dei venti di Manwë, ché nella tempesta egli gioisce e ride tra il fragore delle onde. Sua sposa è Uinen, la Signora dei Mari, i cui capelli sono sparsi per tutte le acque sotto il cielo. Tutte le creature essa ama che vivono nelle salse correnti, e tutte le erbe che vi crescono; lei invocano i marinai, poiché essa può giacere tranquilla sulle onde, placando il furore di Ossë. I Númenórean a lungo vissero sotto la sua protezione, facendola oggetto di riverenza uguale a Valar.
Melkor odiava il mare perché non riusciva a sottometterlo. Si dice che durante la costruzione di Arda, tentasse di tirare dalla sua Ossë, promettendogli l’intero regno e il potere di Ulmo purché lo servisse. E così accadde che, molto tempo fa, nel mare si verificassero grandi tumulti che apportarono rovina alle terre. Ma Uinen, su preghiera di Aulë, raffrenò Ossë e lo portò al cospetto di Ulmo; ed egli fu perdonato e restituito alla sua obbedienza, alla quale è rimasto fedele. O, per meglio dire, quasi sempre, ché il piacere della violenza mai l’ha abbandonato del tutto, e a volte imperversa nella sua ostinazione, senza che glielo comandi Ulmo suo signore. Ragion per cui coloro che dimorano presso il mare o lo solcano a bordo di navi possono anche amarlo, ma non se ne fidano.
Melian era il nome di una Maia che serviva sia Vána che Estë; a lungo essa visse a Lórien, curando gli alberi che fioriscono nei giardini di Irmo, prima di portarsi nella Terra di Mezzo. Usignoli le cantavano tutt’attorno ovunque andasse.
Saggio sovra tutti i Maiar era Olórin. Anch’egli dimorava in Lórien, ma le sue strade lo conducevano spesso alla casa di Nienna, da cui apprese pietà e pazienza.
Di Melian molto si riferisce nel Quenta Silmarillion. Ma di Olórin non vi si fa parola; ché, sebbene amasse gli Elfi, s’aggirava tra loro invisibile oppure in forma di uno di essi, i quali ignoravano donde venissero le belle visioni o i suggerimenti di saggezza che metteva nei loro cuori. Più tardi, divenne amico di tutti i Figli di Ilúvatar, per i cui dolori si impietosiva; e coloro che lo ascoltavano si riscuotevano dalla disperazione e accantonavano le immaginazioni dell’oscurità.

I NEMICI

Per ultimo vien fatto il nome di Melkor, Colui che leva in Possanza. Ma è un nome, il suo, che egli ha usurpato; e i Noldor, che tra gli Elfi massimamente soffrivano la sua malizia, non lo pronunciano, chiamandolo invece Morgoth, lo Scuro Nemico del Mondo. Grande fu la potenza conferitogli da Ilúvatar, ed egli era coevo di Manwë. Era dotato dei poteri e della conoscenza di tutti gli altri Valar, ma li volgeva a perfidi scopi, e sperperava la propria forza in atti di violenza e di tirannide. Ché bramava Arda e tutto quanto vi si trovava, agognando al trono di Manwë e al dominio sui reami dei suoi pari.
Dallo splendore decadde, a causa dell’arroganza, al disprezzo di tutte le cose, salvo se stesso, spirito funesto e impietoso. La comprensione egli la trasformava in sottigliezza, onde pervertire e sottomettere alla propria volontà quanto gli servisse, fino a divenire mentitore svergognato. Cominciò con il desiderio di Luce, ma quando non poté impadronirsene in esclusiva, calò, tra fuoco e ira, in una grande fiammata, nel profondo della Tenebra. E della tenebra si servì soprattutto nelle sue malvagie opere su Arda, riempiendo di paura tutte le creature viventi..
Pure, tanto grande era la possanza della sua rivolta, che, in ere dimenticate, egli ebbe contesa con Manwë e tutti i Valar, e per molti anni in Arda ebbe dominio su gran parte delle contrade della Terra. Ma non era solo. Molti dei Maiar, infatti, vennero attratti dal suo splendore nei giorni della sua grandezza, e gli rimasero fedeli anche nella tenebra; e altri li corruppe in seguito, asservendoseli con menzogne e perfidi doni. Spaventosi tra questi spiriti erano i Valaraukar, i flagelli infuocati che nella Terra di Mezzo erano chiamati Balrog, demoni di terrore.
Tre quelli dei suoi servi che hanno nomi, il massimo era lo spirito che gli Eldar chiamavano Sauron, ovvero Gorthaur il Crudele, che all’origine fu dei Maiar di Aulë e continuò ad avere grande parte nella tradizione di quel popolo. In tutte le imprese di Melkor il Morgoth in Arda, in tutte le sue diramate opere e negli inganni della sua astuzia, Sauron aveva parte, ed era meno perfido del suo padrone solo in quanto a lungo servì un altro anziché se stesso. Ma in tardi anni si levò simile a ombra di Morgoth e a un fantasma della sua malizia, e lo seguì passo passo, lungo il rovinoso sentiero che lo trasse giù nel vuoto.
FINE DEL VALAQUENTA


Tratto da "Il Silmarillion" di J.R.R. Tolkien

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