Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

domenica 31 maggio 2009

ILLUMINAZIONE

Che cos’è l’Illuminazione? A parte gli innumerevoli libri sull’argomento che affermano le cose più strampalate e sviano il lettore, sappiamo che l’Illuminazione significa essere partecipi del più straordinario fenomeno della Natura, più conosciuto come Dono di Dio (Donum Dei).
Questo è l’Introvabile, il Sacro Graal che pochissime persone sono riuscite a trovare.
Chi può trovarlo? A chi Dio concede questa grande grazia?
In un libricino sulla vita di un bambino, Nandino, morto a poco più di sette anni a Frabosa Soprana (Cuneo), leggiamo:
«Spesso si appartava in solitudine. Pensare era una caratteristica della sua personalità. Gli piaceva molto. A volte si sarebbe detto un solitario.
— Che fai Nandino?
— Guarda quante stelle, aspetta.
— Le stelle che muovono, le stelle che muovono!
Spirito acuto di osservazione. Osservava la realtà con la sua anima limpidissima. Gli alberi, le pietre, le lucertole, le meteore, i fiori, tutto era sacro per lui. Lo interessava, lo attirava.
Una volta Nandino giocava dinanzi alla casa della nonna, su di un mucchio di sabbia. Realizzava degli strani progetti ed era attentissimo. Da una finestra la zia lo osservava, il bambino aveva, in un certo momento, interrotto il gioco e se ne stava muto, quasi trasfigurato da una bellezza che rapiva. I suoi occhi guardavano lontano. Viene da pensare all’abate Chautard che, fanciullo, ebbe un’esperienza simile e se ne ricordò per tutta la vita, una gioia e un sentimento che lo trascendevano.
Il Regno dei Cieli è una realtà già presente in ciascuno di noi».

giovedì 21 maggio 2009

GIOIA DI VIVERE

La società informatizzata e consumistica di quest'era atomica e spaziale hanno permesso all'uomo di volare sino alla Luna e a Marte, di vivere in un mondo di silicio digitale, ma hanno ucciso in lui la gioia di vivere. Le cose semplice della vita, la brezza e le maree, le stelle e le stagioni, i bambini e i fiori, i formicai e gli alveari, la musica della Creazione e la Danza cosmica, tutto ciò e milioni di altri piccoli dettagli della vita hanno perso quasi completamente fascino ed incanto e non esercitano più la loro malia estasiante al cuore e alla mente dell'uomo moderno, ormai totalmente integrato in questo mondo di macchine e in questa società meccanizzata. Gioia, Beatitudine e Felicità sono stati mentali, consapevolezza di se stessi e non possesso e godimento di oggetti.
L'oceano della vita è uno e le rocce e i deserti vibrano di vita. In realtà sono tutti "parte di uno stupendo tutto, il cui corpo è la Natura e l'anima Dio". Non c'è felicità al di fuori dell'Infinito e non esiste Infinito per l'uomo se non sul piano di realizzazione. Realizzazione di Dio dunque, o sviluppo dei mezzi infiniti della consapevolezza umana, al fine di raggiungere quelle vette supreme dove si potrà cantare con gli usignoli, volare nell'azzurro con le aquile ed innalzarsi assai di più del più fantastico satellite che mai sia stato lanciato nello spazio.
La vita umana, considerata spiritualmente, non è che un breve pellegrinaggio della psiche verso il tabernacolo dell'Altissimo. L'umanità biologica rende l'uomo antropocentrico sotto ogni aspetto, mentre lo spirituale lo rende teocentrico.
L'antropocentrismo dei nostri razionalisti, degli scienziati e degli umanisti sebbene dia campo libero ad un ulteriore avanzamento nell'ambito delle scienze empiriche concernenti il mondo fenomenico, è ristretto proprio in funzione della loro stessa natura; il teocentrismo invece premia il pellegrinaggio umano offrendogli al termine l'infinito. Tenendo lo sguardo rivolto a Dio e dimorando nel grembo dell'Infinito, l'uomo può riconquistare il paradiso perduto. E questa riconquista significa precisamente la riscoperta che l'uomo è il fanciullo di Dio, l'erede di Dio, nato dalla sua Vita e dal Suo Amore. Il teocentrismo è altresì il mezzo che offre l'infinito dal posteriori, dal mondo empirico e fenomenico, trasformando infatti il corso degli eventi e il flusso dei fenomeni da uno strato privo di senso in uno colmo di significato quando la mente dell'uomo sia stata illuminata dalla luce di Dio. Mentre Platone vide il mondo nell'angolazione di Dio, Aristotele considerò Dio in quella del mondo. Platone conquistò quindi l'infinito sia sotto l'angolazione divina sia sotto quella umana ed ontologica, mentre Aristotele la raggiunse solamente sotto quest'ultima, ascendendo poi all'altezza dell'Essenza divina attraverso la meditazione metafisica sui fenomeni del mondo empirico e scientifico. Platone e i mistici sia d'Oriente sia d'Occidente discesero dalla sommità di Dio all'informe ed oscuro mondo dei fenomeni dai cui tentacoli e dalle cui illusioni cosmiche pervennero ad emanciparsi tramite il magico tocco dell'infinito e muovendosi in armonia con esso.
Non esiste alcuna possibilità di vita gioiosamente positiva senza una certa dose di poesia, di lirica, di rapsodia e di amore rivolti alle vette divine; qualsiasi vita diventa arida come un deserto, monotona, priva di interessi e gelidamente pesante se la luce di Dio non la illumina attraversando quell'intricato labirinto che è la misera esistenza dell'uomo sulla terra. Per questo ogni uomo riceve una piccola frazione di quella Gioia e di quell'Amore infinito che vengono da Dio al fine di dare uno scopo alla propria vita e di orientarsi verso una degna esistenza. Anche l'Amore che lega gli uomini fra di loro e all'altro sesso può diventare gioia positiva e rigenerante esperienza di auto- realizzazione quando si abbia la partecipazione di Dio. In altre parole, coloro che amano sprofondano per un certo periodo di tempo nell'oscurità dell'inconscio voluta dalle costruttive lusinghe naturali ai fini della procreazione e della continuità della vita tramite un occasionale richiamo d'amore, di emozione e di armonia; ma tornati allo stato di assennatezza realizzano che né Amore né Armonia potranno mai scaturire da creatura umana che altro non è se non un'impercettibile increspatura dell'oceano dell'esistenza. L'Amore proviene da Dio o dall'Essenza di Dio che, solo, può essere Esistenza, Amore, Benedizione. E sebbene noi costituiamo una cosa unica con l'Infinito, tuttavia attraverso il velo dell'illusione cosmica, Maya, ci separiamo da Dio e dal resto della creazione. Ed è proprio questo egocentrismo la fonte alla quale far risalire le miserie e le sofferenze, la nascita e la morte. Noi sopportiamo pene indicibili che, nei momenti di ignoranza o Avidya, scambiamo per gioia e beatitudine.
Si può dunque affermare che la Vita, quand'è compresa nel suo autentico significato, è infinita. Così come la vita di ogni singolo individuo è suddivisa in milioni di cellule che costituiscono il corpo umano, così milioni di esseri umani, sub-umani e sovrumani compongono la Vita cosmica, della quale voi ed io rappresentiamo - al massimo - soltanto cellule diverse e niente più. Ma se voi disgiungete voi stessi dall'amore palpitante dell'Infinito, toccherà a voi soli il biasimo per le miserie che ne conseguono. Andate, morite. Poiché "se un grano di frumento non cade sulla terra e non muore, rimarrà solo, ma se muore darà molti frutti". E Gesù disse ancora: "Se qualcuno vuole seguirmi, dovrà negare se stesso, caricarsi della propria croce e venire dietro di me.. Colui che mi segue non camminerà nel buio, ma riceverà la Luce della Vita". Quale Vita? La Vita che significa Infinito, la Vita che è Dio.

venerdì 15 maggio 2009

LA MAGIA DELLA VITA


A proposito di me e di voi amici. Credo nelle mutazioni. Spesso noi, per amore ignorante, siamo impegnati ad impedire che la larva scompaia per lasciare posto alla farfalla. Tanti sforzi per tenere in vita un "verme" come se la mutazione non fosse progressiva.
Scrivo da un po' di tempo a questa parte, di ciò di cui non si può parlare. Di metafisica, di amore. Noi tutti, pellegrini dell'assoluto, siamo soltanto giocatori d'azzardo come quella gente nei casinò che spende tutti i suoi soldi. Solo che quello che bruciamo è parte di noi, è il nostro ego.
La mutazione è distruttiva o costruttiva. La prima è regressiva. Operata da chi prende una farfalla, le stacca le ali e la fa diventare un peperone. La seconda è creativa. La inventa chi prende un peperone, gli attacca le ali e lo fa diventare una farfalla. Ma non sono male e bene. Si integrano.
La mancanza di magia è pura ignoranza e il linguaggio della magia, nel bene e nel male, è sorpresa.
Scrivo da anni di ciò di cui non si può parlare. Perché gli idioti delle Università hanno confuso poesia e filosofia e Wittgenstein dice che di ciò di cui non si può parlare bisogna tacere. Di metafisica non si può parlare e così tutti i filosofi del mondo si sono ammarati. E vale anche per la poesia. I poeti non parlano mai di poesia. Parlano di politica e di infanzia. La poesia deve offrirsi a ciò di cui non si può parlare: l'oscurità, il silenzio metafisico.
Gli ebrei con la kabala hanno posto Dio fuori dall'Universo perché non vogliono comunicare con Dio. Sanno di non poterlo fare se non cercano di farlo. Noi cristiani invece, abbiamo Dio fatto uomo e lo stesso non comunichiamo con Lui. Strano, vero?
Così è con la poesia che il poeta cerca di dire e incontrare la bellezza, di esprimere l'amore ma realizza solo una grande, meravigliosa impotenza: non riuscirà mai ad attingere all'oggetto.
Il problema è la guerra tra fratelli, la guerra tra uomini e donne. Ci vuole una mutazione. In Spagna si dice che la carità comincia in casa. Dobbiamo cambiare interiormente, studiare e applicare nella vita tutti i giorni, poco a poco, senza violenza, quello che impariamo.
La magia – la struttura che connette - dà nuove opportunità ad uomini e donne. Ognuno può trarre elementi per la sua terapia da sogni, poesia, ricordi, desideri, frustrazioni, sentimenti, arte...Si possono anche usare le tecniche degli sciamani, dei brujos, dei curanderos isolandole dalla superstizione di cui in genere, soprattutto in sud America, sono ammantate. Ho scoperto che la nostra coscienza usa diversi linguaggi su vari piani. Non c'è solo la parola, ci sono le immagini, gli atti metaforici. Ho deciso di usare atti poetici, vere performances di guarigione personale. Mezza strada tra poesia e terapia. Magia.
La mia percezione del presente, globalmente parlando, non può prescindere da questa visione. C'è un verme che cerca di diventare una farfalla e l'industria, la politica, l'economia stanno cercando di opporsi a un mutamento che loro pensano corrisponda alla morte del verme. Vogliono che noi ci si conservi all'infinito vermi. E dobbiamo combattere perché capiscano che devono lasciare morire il verme perché diventi una farfalla e possa volare nel cielo.
Questa è la situazione della nostra civiltà morente, ma non dobbiamo avere paura
perché quello che succederà sarà una mutazione mentale.
Tutto iniziò in America negli anni '60, peace&love, hippies, freaks poi new wawe, new age, next age. Movimenti oggi commerciali che segnano comunque un inizio di mutazione. Quella vera, più profonda, arriverà, perché noi, nel verme, stiamo morendo. Abbiamo bisogno di cambiare tutto, di mutare.
All'inizio l'economia. È il rapporto con il denaro che deve cambiare. Intorno al denaro girano le industrie. Il denaro deve circolare come il sangue, ora è un veleno. Non dobbiamo distruggere il denaro ma cambiarlo. Abbiamo bisogno di economia ed industrie etiche, non inquinanti, che possano nutrire la Terra invece di ucciderla. Le banche ora sono in mano a criminali, dobbiamo metterle nelle mani dei Santi. I primi banchieri furono dei mistici. Poi finirono nelle mani di banditi. Dobbiamo guardare ai Templari.
Con le banche cambieranno le industrie e la politica che vive di confronti opposti.
Non è questione di destra o sinistra; bisogna cogliere la complementarietà degli opposti. La destra deve aiutare la sinistra sulla strada della prosperità.
Polarità e dualismo sono trappole. È come per lo scettro e la passerottina. Lingam e Yoni. Sono complementari con la stessa energia di base. Questa sciagurata filosofia degli opposti è figlia di una società di uomini che vogliono tenere le donne relegate. Il mondo del dopo dualismo sarà guidato da coppie integrate. Il colpo di coda del vecchio potere che muore è contro la ritrovata complementare necessità energetica che soddisfa il contributo paritario di donne e uomini. Il mondo sarà diretto da coppie.

Nella mia esperienza e comprensione della nostra vita non ci sono solo cause e effetti. Il Karma è l'albero genealogico della nostra esperienza famiglia mondo; ma può essere vinto, deviato, spezzato con la Redenzione, la mutazione di cui prima.
Se c'è coscienza puoi trasformare il negativo in positivo ma bisogna che il passato non domini perché se lo fa uccide il presente e non da spazio al futuro. Se vince il passato ci sarà solo passato e quindi solo cause. E effetti. Questo se obbedisci alle leggi del passato. Ma la vita è amica nostra, non è nemica. Siamo piuttosto noi nemici della vita. La Magia è miracolo e nei prossimi anni ne faremo molti. Io sto lavorando su questo, bisognerà saperli "reggere" i miracoli. I miracoli sono dappertutto intorno a noi, solo che non sappiamo vederli. Dobbiamo imparare a riconoscere e "reggere” il continuo miracolo che è. Non abbiamo più maestri che ci insegnino a fare e ad accettare i miracoli. Duemila anni fa venne il Maestro che voleva gli uomini grandi come Lui, non gli credettero e lo eliminarono. Siamo ancora in tempo a seguirLo. Questo è il nostro lavoro.

lunedì 11 maggio 2009

martedì 5 maggio 2009

CONTEMPLARE NELLE NAVATE DEL MONDO

di Raimundo Panikkar
in: "L'utopia di Francesco si è fatta ... Chiara" Edizioni Cittadella



Dove altrimenti possiamo contemplare, se la contemplazione non deve essere una fuga e una sconfitta? Una consolazione di quelli che non potendo fare altro si rinchiudono per fare almeno qualcosa di importante?
Consultando il dizionario, si vede che navata si può anche interpretare «navetta» del mondo; siamo su una navetta ed e' per questo che il nostro compito e' importante.
Grazie a Dio, abbiamo oggi tante macchine, gli elettrodomestici che ci aiutano a vivere piu' comodamente. Ma e' piu' vita? Ho i miei dubbi, forse abbiamo perso il senso della vita, il senso-direzione, il senso-sensualita', il senso-contenuto, i sensi-direzioni, la dottrina. La contemplazione ci fa scoprire il senso della vita: e' la vita. Punto e basta. Abbiamo ricoperto la vita di tante cose e pensiamo che vivere e' pensare, e' godere, e' soffrire, e' fare il bene. Tutti questi sono accidenti e tante volte anche incidenti della vita nella vita. «Io sono venuto, dice Giovanni (10, 10), perche' abbiano vita e vita infinita». Le traduzioni italiane dicono «vita eterna», e quasi nessuno lo sa che cosa voglia dire «vita infinita»: Vita. La contemplazione ci fa scoprire il senso della vita che e' semplicemente la vita. E la vita non e' pensare, non e' agire, la vita non e' amare, la vita non e' soffrire, la vita non e' lodare, la vita non e' sentire; tutte queste sono operazioni della vita, ma la vita e' previa a tutte queste operazioni, e allora con la vita in se' vivente pensi, soffri, cammini, parli e fai tante cose. Noi perdiamo il senso della vita ignuda (e questa per me sarebbe la chiave ermeneutica per capire in termini moderni la passione per la poverta' di Francesco e Chiara), la nudita' totale della vita che quando non ha niente si trova dinanzi al rischio semplicemente di essere. E come direbbe Divus Thomas: Vita viventibus est esse, la vita e’ l'essere per i viventi.

Noi, che sappiamo tante case e abbiamo tante macchine al nostro servizio, abbiamo dimenticato forse l’unica parola che e l’arte del vivere, non abbiamo ancora imparato a vivere. Senza la vita non si puo' vivere ed e' la vita, questo valore primordiale divino che noi abbiamo perso; percio' ci arrabbiamo e godiamo per tante cose che facciamo o che non possiamo fare. Ma sembra che l’esperienza ignuda della vita ci sia vietata. Siamo cosi indaffarati di tante buone cose che facciamo che la realta piu' profonda, piu' fondamentale, ma anche piu' elementare, come il respirare, segno di vita, di spiritualita', pare che ci sfugga. La contemplazione ci fa scoprire la pienezza della vita.

In una lettera ad Agnese di Praga Chiara riproduce lo schema trinitario che da Platone alle Upanishad, da Ugo di San Vittore a Thomas Merton, dai monaci buddhisti dei primi secoli agli ultimi, hanno tutti, in una forma o un’altra, seguito. Lei ci parla di questi tre passi, – processi – per cui si arriva alla vera vita: intuere, considera, contempla; mira, medita e contempla, o nobilissima regina; guarda, considera, contempla. Tre passi. In Chiara, m’immagino, riverberava, risuonava quell’inno cosmico cosi straordinario della liturgia latina della Trasfigurazione: quicumque Christum quaeritis oculos in altum tollite, che ha ancora il coraggio di andare un po’ contro gli angeli dell’ascensione: non guardate in alto, ma guardate intorno a voi. Tutti voi che cercate Cristo – e il leit-motiv di Chiara – levate, innalzate gli occhi in alto. Non ci sono navate, ci sono le stelle e ancora di piu': tutti voi che cercate Cristo, spalancate gli occhi dappertutto e cercate in alto dappertutto, in alto.

Lo schema e' lo stesso, da Platone in poi ci sono tre grandi momenti che noi forse in questo processo di voler accelerare tutto abbiamo dimenticato. Primo: guarda, ascolta, mira, senti, intuere: senza cura della vita dei sensi,
senza un rapporto piu che fraterno con tutto il mondo materiale, senza aver superato l'alienazione che comincia dal nostro corpo e continua con il corpo dell'altro fino a tutto il resto del mando materiale, non si puo' avere una vita pienamente umana. Godere la sensualita' piena per ritrovare questa dimensione tante volte menomata, meno apprezzata, caduta nell'oblio o nell'adorazione in tutti gli estremi di tutto il mondo materiale, di tutta la vita dei sensi, di tutta la bellezza. Chi non e' un innamorato della materia, chi non e' sensibile alla bellezza che e' sempre dei sensi, non potra' poi ne' estrapolare, ne' saltare, ne' fare qualsiasi altra cosa e tutto allora diventera' una specie o di alienazione o di astrazione o di parole vuote. Mira, guarda, innamorati delle cose belle, dei fiori, di tutto; mira, guarda, intuere, o nobilissima regina, guarda intorno a te, non aver paura di niente. Senza l'intuizione, senza la cura della vita dei sensi, senza la nostra identificazione con tutto il mondo materiale, cominciando con il nostro corpo: io non ho un corpo, sono corpo. Sono tante altre case, ma sono, siamo materia, terra. Il guaio dell'ecologia e' cominciato qui. I maschi trattano le donne come un oggetto, tutti gli uomini trattiamo la terra come un oggetto. E' un passo, ma soltanto il primo.

Considera la sensibilita', la bellezza. Avete mai pensato un po' a questo passaggio straordinario: la difesa che fa Cristo di Maria di Magdala? Questo atto che e' di una spiccata bellezza, femminilita' e sessualita': il profumo, i capelli, i piedi, i baci. E la difesa di Cristo Gesu: «Lasciatela, ha compiuto una bella opera». Sulla giustizia, sui poveri, sul profumo si poteva anche discutere, ma sulla bellezza non si puo' discutere, lei e' stata sensibile alla bellezza e facendo questo ha scoperto la vita. «Lasciatela, ha compiuto una bella opera».
Intuere, guarda, ma seguita Chiara, considera. Pensa. La funzione della mente, la responsabilita' dell'intelletto: pensare e' fare una specie di scorciatoia dimenticando o disprezzando l'intelletto, la scienza, il sapere, l'altra faccia della realta', evidentemente la realta sensuale, la realta' materiale, la realta' temporale, ma senza vedere quest'altra faccia che non si vede con i sensi, che non si sente con la sensualita' ma che sta la' e si scopre con la mente e con l'intelletto. Guai a pensare che la scienza o il conoscere siano un lusso o un ostacolo alla vera e piena vita. Avere un'apertura al secondo occhio, l'occhio della mente, l'occhio dell'intelletto. Quello che e' invisibile alla sensibilita', il primo occhio, si fa visibile alla meditatio, al considera. Considerare e' una delle parole piu ambiziose che esistono, ma considerare vuol dire l'atto straordinario di mettere le stelle insieme; considerare, quello che non possono fare le mani, perche' non ci arrivo, lo fa la mente, mettere tutte le stelle in una unita' armonica di un universo divino. Considerare, mettere le stelle al loro posto, nella loro armonia; colui che considera, entra senza far troppo rumore nella realta' totale e considerando, cioe meditando, entra in armonia con essa, fa parte di essa e contribuisce al dinamismo di questa stessa realta.

La responsabilita' dell'intelletto: nessuno ci puo' rinunciare, come non possiamo rinunciare al corpo, non possiamo rinunciare alla mente dell'intelletto, non possiamo rinunciare a tutti i problemi. E qui la modernita' ha fatto un passo da gigante per abolire tutte queste scorciatoie, per arrivare alla pienezza della vita, lasciando da parte altre dimensioni di questa stessa realta'. Considera, medita, pensa. E il secondo occhio che ci fa scoprire la faccia sempre invisibile della luna, ma che sappiamo che sta la'; che ci fa scoprire la faccia ugualmente invisibile dell'eternita', che non e' altro che l'altra faccia della temporalita'. L'eternita' non viene dopo, sarebbe troppo na'if, o come diceva Simeone, il nuovo teologo: «Quelli che non hanno goduto della vita eterna qui, possono dire good bye alla vita eterna, perche' dopo non c'e'». Quelli che non sono capaci di scoprire la vita eterna nella temporalita', evidentemente non la possono scoprire dopo, e' tutta un'altra cosa: senza questo secondo occhio della meditazione, senza meditazione in una forma o un'altra, non si puo' avere una vita umana.

Per me, una delle grandi scuole della meditazione e' stato parecchie volte il metro' di New York, dopo le 10 di sera, o a volte anche alle 7 o alle 9. Tutta una popolazione stanca morta della schiavitu' del lavoro, torna a casa con la mente bianca; stanno la', non pensano a niente, vivono, stanno la', sanno quando devono scendere, ma meditano senza saperlo. E' una scuola di meditazione straordinaria, tu passi, non ti vedono, non guardano, non leggono, niente. Stanno alcune ore religiosamente in piedi, meditando: lasciano che le cose tornino a loro in una forma spontanea e naturale, non ci sono le forze, il modello massimo della meditazione, ma puo' essere una scuola per cominciare a penetrare. Senza una vita di meditazione non si puo' avere una vita umana piena. Allora siamo peggio dei robots, bombardati di qua e di la', e le nostre reazioni sono reazioni a quello che ci hanno dato prima. Non possiamo essere liberi se non pensiamo per conto proprio e non possiamo pensare se non lasciamo al pensiero quello spazio necessario per la digestione che e' la meditazione.
Mira, considera, contempla. Soltanto quando il primo occhio e il secondo occhio sono aperti, il terzo occhio, come dicono i buddhisti, secondo l'espressione letterale di Ugo di San Vittore per esempio, si apre il terzo occhio della contemplazione.

Senza i due primi la visione e' sbagliata, ma senza il terzo non si vede chiaro, non si ha la terza dimensione. Viviamo ancora come in un film, uno dello schermo televisivo, se abbiamo soltanto i due occhi della mente e dei sensi; non abbiamo scoperto la terza dimensione chi ci da' propriamente la prospettiva esatta. Il reale e' di tre dimensioni; la vita e' di tre dimensioni. Senza il terzo «oculo» le cose non si vedono nella loro realta', le cose non si scoprono nella loro vita. E allora cadiamo vittime o di un sensualismo aberrante o di un intellettualismo inumano. Quindi non e' che sia un lusso per alcuni la contemplazione: e' assolutamente necessaria per reggere la vita umana, per poter vedere le cose e per poter pensare la realta'. Un pensiero solo distrugge la cosa pensata, un contatto meramente sensuale con la realta' la soffoca, ma ugualmente una specializzazione della contemplazione che puo' fare a meno e del pensiero e dei sensi diventa angelica nel sentire della spiritualita' cristiana, cioe' non umana, e sbagliata, cioe', eretica.
Quello che si sente, quello che si pensa, quello che si contempla: il terzo occhio. E cosa vede il terzo occhio?

La contemplazione e' quella che ci fa realmente vivere, e che si fa senza uno sforzo immediato. Ha bisogno di una preparazione, evidentemente, bisogna passare per il guarda, intuere, medita, ma la contemplazione non ha un oggetto fisso. Questa sarebbe la meditazione. Si fanno le cose senza sforzo, perche il motore e' la vita, o con altre parole, l'amore. Percio' quando si contempla non c'e bisogno di un premio, di un qualcosa che venga dato dopo perche' hai fatto molto bene, non c'e' bisogno di considerare la vita come una gara in cui alcuni ci arrivano e altri no; non c'e' bisogno di un consumismo spirituale o di una competitivita' ascetica che porta tante volte alle deformazioni della vita intellettuale e della vita spirituale. La contemplazione e' quella che ci fa entrare in contatto diretto con tutta la realta'. E' allora che il soggetto non sparisce, non si divinizza. C'e' un'estasi costante perche' questa separazione letale tra oggetto e soggetto non c'e' piu. Ama il tuo prossimo come te stesso, non come un altro tizio al quale tu devi fare tutte le cose che vorresti per te. Se tu non scopri questo te stesso, nell'altro, evidentemente non sei arrivato alla contemplazione perche sei ancora nella dicotomia, nel dualismo di uno e l'altro. Allora l'unica cosa che possiamo fare e' considerare i diritti dell'altro e tante altre cose per ragioni pragmatiche, pratiche, politiche che vanno molto bene, ma che entrano in una gara intellettuale, economica, politica e spirituale. Il contemplativo non ha paura di perdere niente, non ha la tentazione di fare il bene; come se dovesse giustificare la propria vita per il molto bene che fa; e' un fuoco interno, e' la vita eterna, e' la vita infinita. Questo e quel vedere l'invisibile che diceva Paolo, «capendo l'incomprensibile», il terzo occhio che si apre soltanto insieme agli altri due; cosi' si supera il mondo delle cose, il mondo delle idee e non si fa di Dio il grande fantasma di quasi tutta la filosofia e teologia occidentale. La contemplazione ci porta a essere, ed essere – qui sono nella piu' grande tradizione sia orientale che occidentale – e' un altro nome di Dio. E Dio, per ritornare all'esempio di Chiara, si e' manifestato, rivelato nella faccia di Cristo. La contemplazione ti fa essere, o come lei dice, ti porta alla divinizzazione. Colloca i tuoi occhi, colloca la tua anima, colloca il tuo cuore, i tre momenti: i sensi, la mente, la contemplazione. E allora trasformati interamente per mezzo della contemplazione. Chiara si trasforma nell'immagine della divinita' di Lui. Tutti noi sappiamo, almeno quelli che credono nella Trinita, che l'immagine e' esattamente uguale al modello. Divinizzati. La contemplazione porta a essere. Essere e' un verbo, essere e' Dio e dunque porta a quello che l'essere e', actus purus, come dicevano gli Scolastici.

La contemplazione e' eminentemente attiva, eminentemente actuosa, eminentemente agisce ma con una attivita che non e' frutto d'un pensiero, che non e' frutto di un piacere che mi attrae, ma che e' frutto di una pienezza che viene da dentro ed e' frutto dell'amore. Quindi la contemplazione non e' nemmeno la sintesi tra la teoria e la pratica, e quella esperienza anteriore, previa alla dicotomia prassi e teoria. La contemplazione non e' soltanto guardare il mondo delle idee, non e' guardare con l'occhio interno, e' molto di piu': e' trasformazione, «trasformati», dice Chiara, «divinizzati». In che cosa? In quello che tu puoi trasformare, in quello che tu realmente, fondamentalmente, sei: essere, e l'essere e atto e l'atto e attivita' e l'attivita' e l'agire di ciascuno di noi la' dove noi siamo. E qui il circolo diventa un circolo vitale: la contemplazione non e' contraria alla prassi, non e' in opposizione teoria-pratica; la teoria, il pensiero porta alla chiarezza di idee, la tattica porta a fare cose, la contemplazione porta a realizzare in me e attraverso di me quello che si deve fare, perche l'essere e' atto. Quindi la contemplazione porta alla trasformazione propria e di tutto cio' che e' intorno, percio' la contemplazione ha intrinsecamente una dimensione politica, sociale, mondana nelle navate del mondo.

La contemplazione non e' un racchiudersi per un'altra vita, e' un trasformarsi per trasformare tutta la realta. La nostra trasformazione in Cristo, il Cristo totale che non e' soltanto quello del crocifisso, ma e' quello della risurrezione, dell'Eucarestia. La risurrezione non e' soltanto quella di Cristo Gesu', ma e' la vocazione di ognuno di noi. Se non siamo capaci di mostrare la nostra risurrezione non c'e' contemplazione, non c'e' trasformazione, siamo ancora nella vita mezzo morti. La risurrezione e' nostra, e adesso, e' precisamente questa gioia che e' frutto diretto della contemplazione, che ci da' l'umilta' necessaria (non voglio il premio, il riguardo, l'ambizione, la vanita', il sorriso dell'altro, il grande successo), per buttarci la' dove dobbiamo stare e fare quello che trasformandoci noi, trasforma anche la realta'.

Dobbiamo essere sufficientemente svegli per renderci conto che dopo quarant'anni la gente si e' resa canto che il sistema non andava e bisognava fare riforme; le riforme non vanno piu'. La deformazione, cioe' la violenza, il distruggere per distruggere, pensando che cosi' si iniziera' una cosa nuova, e anche naif, anche immorale e poi non va. La trasformazione, la metamorfosi non puo' essere frutto del pensare che tutto va pianificato, ma deve scaturire da un fondo molto piu' profondo in ognuno di noi; allora siamo i sinergoi di questa avventura straordinaria che e l'avventura di tutta la realta'. Soltanto un contemplativo oggi ha la forza di intraprendere questa trasformazione radicale, politica, economica, sociale, ecc., di cui il mondo ha bisogno oggi, dopo seimila anni di esperienza storica, dopo seimila anni di patriarcalismo, guerre, sfruttamenti, religioni al servizio dello status quo. Penso che e' arrivato il momento di cominciare senza violenza ad avere la visione di cui gia' disse Paolo di Cristo: «Una nuova creatura, in Cristo una nuova creazione, in Cristo una novita' costante di tutte le cose». Ma soltanto un contemplativa puo' farlo, un contemplativo che pero' e' passato per le due fasi dell'intelletto e della sensualita'. Non e' sciamanismo, dove le cose si trasformano per magia. E tutta un'altra cosa.

L'azione che scaturisce dalla contemplazione non e' un'azione premeditata, e' un'altra cosa. La contemplazione e' la sincerita assoluta, e allora uno si rende conto che prima di dire una parola (e ogni parola che non e' un sacramento e una bugia), egli non deve essere l'autore di questa parola, ma deve averla ascoltata: «tutto quello che il Padre dice, io dico». La rivoluzione, parola che a me non piace, bisogna che sia radicale, è una cosa che comincia da noi, è molto di più, è trasformazione. Quindi la contemplazione non è soltanto la vocazione dell'uomo, è l'unica speranza anche di questa realtà sociologica, umana, ecologica. Contemplare nelle navate del mondo vuoi dire precisamente due cose: poter sostenere i pilastri, le colonne di questo mondo e, quando ce ne fosse bisogno, come Sansone, farle crollare, senza aver paura.
C'è un termometro della contemplazione, gli altri sono effetti, ed è l'amore evidentemente. Ogni volta che il Risorto è apparso ai discepoli ha detto due cose: prima pace, che vuol dire silenzio, vuol dire non aspettare troppo, vuol dire essere gioioso e contento con se stesso e con gli altri; vuol dire irradiare un'armonia che se dentro c'è, si comunica.
E poi aggiunge: non aver paura.

Il termometro della contemplazione è quest'ultimo: non aver paura. Paura del domani, paura di che sarà per mio figlio, paura del mondo che va a rotoli, paura del mio lavoro... paura. Se hai paura di checchesia, la contemplazione è sfuggita. E la paura non è frutto del pensiero, della volontà. Se noi abbiamo paura dell'inferno, paura di non riuscire, paura di tante cose, no: pace e poi non aver paura. E la contemplazione è la grande rivoluzione cristiana. E i farisei e le prostitute, e i ricchi e gli epuloni e i poveri, tutti sono chiamati alla contemplazione, non c'è discriminazione. Per arrivare a questa terza tappa ognuno deve riempire fino in fondo, come una canna, la propria sensibilità e intelligenza e poi lasciarsi fare. Qui Chiara torna a essere un modello: il sapere accettare, il trasformare trasformandoci, trasformando quella parte della realtà che ci è stata affidata. Contemplare dunque nelle navate del mondo è la nostra gioia, e il nostro compito.

MEDITATE


Secondo gli Etruschi,non è che due nubi si incontrino perché nasca il lampo, ma è perché nasca il lampo che due nubi si incontrano.