Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

sabato 21 febbraio 2009

ALLEANZA NAZIONALE: ASCESA E DECLINO DI UN PARTITO POLITICO




Quando si governa la memoria vacilla. Alleanza nazionale ne è la prova lampante dell'assunto iniziale. I giovinottini del gruppo dirigente del dopo Almirante, attori principali della svolta (?) di Fiuggi, ubriachi del vino aspro ad alta gradazione del potere, sono ormai travolti/stravolti dalle luci della ribalta, dal palcoscenico tronfio, fanfarone e litigioso della politica da basso impero della nostra pur amata Italia. La classe dirigente di AN, ebbra di cesarismo all'amatriciana, senza guida carismatica e dall'insostenibile leggerezza di pensiero, navigante a vista, è incapace ormai di risollevarsi. Probabilmente non lo vuole, non lo ha mai voluto.
La prospettiva di Fini & Co. di andare al Governo sin dal 1994, sdoganati dal Cavalier Berlusconi in procinto di scendere in campo, preoccupati di presentarsi nei salotti buoni con volti tranquilizzanti, dismessi gli abiti fascistoidi, cravattine fresche di boutique spesso però sbagliate nell'abbinamento di colore, teste sgombre (troppo), obliato il furioso armamentario ideologico e argomentativo del defunto MSI, in tale prospettiva tutti gli uomini di Alleanza Nazionale non potevano che recidere le proprie radici. Rinunciando troppo presto al passato si son buttati senza paracadute dal parapetto del futuro. Il tonfo era annunciato.
Con il nuovo partito, il leader Gianfranco Fini (o ex leader poco importa) ha intrapreso un percorso diverso da quello che era ipotizzabile: ha istituzionalizzato una destra sino ad allora giudicata pericolosa e inavvicinabile, e che ora si appresta a diluirsi in quel grande Partito Popolare europeo – la grande casa un tempo considerata il simbolo del democratismocristiano dei fondatori dell’Europa – senza lasciare tracce, senza avere una vera e propria identità e soprattutto, senza apportare alcuna novità. Ondivago ultimamente sui valori tradizionali, Fini dimostra col tempo di badare più al suo ruolo nelle Istituzioni che alle sorti del suo partito. Fini, il presidente Fini parla sempre più veltroniano, sempre più doroteo nelle scelte, sempre meno uomo di destra. In materia morale e religiosa si trova su posizioni laiche nel senso limitante del termine, distaccandosi da quell'area conservatrice cattolica, egemone tra le anime della destra italiana. Ma facciamo un po' di storia.
Nel 1971-72 è Giorgio Almirante che inaugura una politica di “presentabilità” politico-culturale che non sarebbe stata dimenticata. Il segretario del Movimento sociale italiano fa le prove generali di una metamorfosi che ventitré anni dopo trova una sua maturazione in Alleanza nazionale.
Almirante affianca alla vecchia sigla Msi quella di Destra nazionale e ci costruisce sopra un programma di allargamento ai moderati monarchici e cattolici spaventati dall’orso comunista.
I savoiardi accettano l’invito e insieme con loro giungono nel partito ufficiali dell’esercito e funzionari di polizia, come l’ammiraglio Gino Birindelli, comandante delle forze Nato nel Mediterraneo.
Parallelamente, Almirante si pone anche il problema di mettere in forma un minimo d’intellighenzia organica al partito. In mancanza di elementi validi disponibile all’operazione, la scelta cade sul filosofo ex marxista Armando Plebe. Tracce intellettuali non ne restano. Le urne invece premiano la strategia almirantiana ottenendo nel 1972 il 9,2 per cento al Senato e l’8,7 alla Camera. La rappresentanza parlamentare è quasi raddoppiata: 56 deputati e 26 senatori. Oggi sono cambiati soltanto i nomi dei protagonisti. Alleanza nazionale non ha mai faticato a tenersi lontana dalla cultura sotterranea (la più vivace), che si è rifiutata di passare dal nostalgismo provinciale all’antifascismo smagliante di Gianfranco Fini. Ma non ha risolto il problema d’una destra tutta ciccia e brufoli da collocare nell’età adulta della società intellettuale. Delle varie e fallimentari iniziative politico-culturali come Fondazione Farefuturo si può dire che agli occhi dei promotori rappresentano la risposta delle risposte, la chiave algebrica di una nuova equazione culturale. Contenti loro. Insomma, gli esponenti della destra attuale hanno abbandonato la casa del padre per rifugiarsi in residence comodi, politicamente corretti, tipo Milano 2.
A proposito di radici. Certamente il fascismo si è reso protagonista di orrori tremendi – le leggi razziali promulgate nel '38, la partecipazione italiana ad una guerra folle alleati di quel folle di Hitler - ma non tutto è da buttare via. Il fascismo infatti, ha rappresentato per almeno una decina d’anni un’esperienza formativa per la cultura e l’identità italiane derivante da una serie di esperienze che affondano le radici nel Risorgimento italiano e nella Prima guerra mondiale: il fascismo in pratica non ha inventato nulla, bensì ha riunito i filoni storici della sinistra e della destra nazionali. Ricordo gli studi storici di De Felice per avere un quadro chiaro, oggettivo su quei tempi drammatici, al di la di revisionismi nostalgici e lontano da una storiografia comunista che ha imperversato sui libri scolastici dal dopoguerra ad oggi.
Alessandro Giuli, giornalista de Il Foglio, disapprova il gesto di Fini di recarsi a Gerusalemme indossando la Kippa e ripudiando in toto il fascismo: “Quanta credibilità può dare a un leader politico proclamarsi dapprima fascista e dire ‘io teorizzo il fascismo del Duemila’ (tesi congressuale finiana), e in seguito, nel 1995, dichiararsi antifascista? Non sarebbe stato più credibile e onesto dire che si sarebbe rielaborata un’esperienza storica traumatica e decisiva ma non tutto sarebbe stato buttato via?”. Invece la strada intrapresa è stata quella del ripudio, anche per via dell’educazione politico-sentimentale che durante gli anni della formazione finiana primeggiava e che veniva impartita; un’educazione priva di una riflessione politico-spirituale sul fascismo e sulle esperienze passate.
Lo statuto del Movimento sociale nato con l’idea di non rinnegare ma nemmeno di restaurare, chiaramente stabilisce che l’MSI si fonda su una concezione spirituale della vita. Nel 1995 viene spazzato via l’aggancio con la visione spirituale della vita che è forse il fattore più interessante e che può ricollegare anche con un certo tipo di fascismo che aveva una mistica della nazione, dell’unità anche ottocentesca tradizionale romana. Mi si potrebbe obiettare che pensare a una destra che non scardini la tradizione del suo pensiero e della sua cultura, che soffra ed elabori il lutto di ciò che è perduto senza scavalcare secoli di pensiero e cose importanti del Novecento sia un pensiero favolistico, intessuto di nostalgia e amore per il passato. E allora? Meglio la cultura del ricordo – la Tradizione – che il vuoto del postmoderno. Alleanza nazionale in fondo, sconta lo stesso problema di una certa sinistra moderata (o almeno di quel che ne è rimasto), cioè avere una grande massa critica con militanti, sezioni e un certo radicamento nel territorio accompagnato da una povertà di ideali. Manca all’interno di Alleanza Nazionale una strategia, una visione: cos’è che dentro Alleanza nazionale si muove veramente in un ordine di idee non negoziabili? Alleanza Nazionale dopo Fiuggi non ha ancora trovato un’idea fondante e forte. Non la trova perché in fondo non la cerca. Intellettuali (senza offesa) come De Turris, Veneziani, Buttafuoco, pur con differenze di forma possono comunque dirsi di Destra, ma AN li ha volutamente ignorati, dimostrando un'idiosincrasia sospetta verso tutto ciò che sia riconducibile al pensiero: le teste pensanti le lasciano volentieri alla sinistra.
Ho rispetto per i giovani, invece, che vagano incerti nella terra desolata della destra senza rotta e senza timoniere. Il giovane non è deforme ma informe. I giovani sono tutta un’altra cosa rispetto ai vertici del partito, anche se molti di questi giovani tra cui Gianni Alemanno, che stimo, hanno dimostrato di essere prontissimi per entrare tra i grandi. I giovani si ritrovano ancora una volta in mezzo al guado del fiume ideologico italiano, con in mano ancora i sacri testi evoliani di contro ad una classe politica acefala e salottiera, insensibile ad un sistema valoriale di riferimento, se si escludono quei puerili elenchi-minestrone che ogni tanto spuntano fuori, pantheon raffazzonati dove c'è tutto e il contrario di tutto: da Dante a Gianfranco Fini, Pavarotti e Mogol/Battisti. Ma per favore...
C'è un futuro degno di esser vissuto per un pensiero di Destra (banalizzando le categorie del politico)? Un futuro se esiste non riguarda più AN, estinta ideologicamente e culturalmente. Il futuro sarà per coloro che rispetteranno la parola data, non si disperderanno nel faceto, concentrandosi sull'azione pura, disinteressata, che ha il valore come guida. Sembrano banalità ma sono invece dei suggerimenti quasi rivoluzionari se riferiti ai tempi attuali. Ripartire dalle cose fondamentali che sono la vita, la terra dei padri in cui viviamo, lo spirito che è impalpabile ma che c’è e c’è sempre stato nella memoria biostorica degli italiani. Quelli di An invece hanno perduto tutto. Se dovessi parlare con un ventenne, genericamente di destra non deformato da An, gli direi di leggere le cose fondamentali, studiare, rendersi competitivo, imparare un lavoro manuale che è fondamentale e di concentrarsi sull’essenziale. Poi di non fare nulla che secondo lui possa danneggiare la terra che ha ereditato da suo padre. È già un modo di amministrare la Cosa pubblica. Sono convinto che se un politico avesse scolpito questo semplice motto sulla pelle o sulla porta dell’ufficio, cioè “non danneggiare la patria” conseguentemente non danneggerà ciò che ha ereditato e soprattutto ciò che condivide. Significherebbe inoltre avere un’idea dell’economia totalmente diversa, un’idea della Natura del tutto diversa, un’idea della società del tutto diversa e gerarchica, perché le gerarchie esistono, sono legate alle tradizioni, all’idea di tramandarsi le cose importanti.

P.S.
Se un esponente politico di AN si dovesse imbattere per pura sfortuna in questo mio scritto, e con linguaggio aulico si domandasse “chi è sto' str...?”, risponderei senza tema:”Caro imbavagliatore di pensiero, il mio nome è nessuno”.

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