Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

martedì 2 marzo 2010

FELICITÀ VIBRANTE

Lasciate dietro di voi i miraggi. Siete qui per la sola cosa veramente importante: scendere in fondo a voi stessi e trovarvi il punto di contatto fra Dio e voi. Ma questo può esser fatto solo nel silenzio e nella meditazione...
La vita di un uomo che non ha abbastanza pane per nutrire la sua famiglia è meno dolorosa di quella di un uomo che non sa cosa sia la fede. La vera povertà, la vera sofferenza è la mancanza di fede. Senza fede, l'uomo vive nella solitudine, nel vuoto e nell'oscurità. Questo mi addolora più di tutto: constatare nell'uomo moderno tale vuoto.
Posso parlare solo per me, ma mi sento in Dio come il gabbiano nell'aria, come il bambino fra le braccia di sua madre.
Da ragazzino, avevo spesso l'impressione di essere nelle mani di Dio come il vaso in quelle del vasaio. Poi le prime difficoltà, la scuola, i compagni, i primi dolori, i rimpianti; e poi ancora le malattie che si abbattevano violente su parenti, conoscenti e così la morte, misteriosa come la vita, incomprensibile nella sua infallibilità. Il male del mondo, il male nel mondo, anch'esso incomprensibile e Dio che mi diventava ignoto, cieco e sordo di fronte alla sofferenza umana. A nulla servivano i sermoncini dei preti, il catechismo a memoria - correva l'anno 1964 - quando poi lassù tutto taceva. Tuttavia, una notte sentii nel silenzio della mia piccola e desolata anima, il passaggio di Dio. Da quel giorno scese dall'alto su di me la gioia, 'ananda' come dicono gli indiani. Non furono rose e fiori, anzi, quella portentosa energia, luminosa, spettacolare, bellissima, era intermittente. Quando mi accadevano brutte cose l'invocavo, ma niente arrivava da lassù. Era strano, quando più ne avevo bisogno non si mostrava. E poi, improvvisamente, nei momenti ordinari, normalissimi, eccola, formidabile, a cascata, un brivido continuato, un'espansione infinita nel petto, qualcosa di meraviglioso si estendeva all'altezza del cuore e mi sentivo altissimo, tutto intorno a me risplendeva in una felicità luccicante.
È l'esperienza di Dio.
Egli agisce dentro di noi attraverso i piccoli e grandi avvenimenti e noi dobbiamo metterci in ascolto. Non si deve dare il primo posto al rito, alla morale come norma, all'enumerazione dei peccati, ma al dono di sé, al dono totale. Darsi a Dio e agli uomini, vuotarsi di se stessi per rendersi più trasparenti, più disponibile. Aprirsi. Bisogna rimanere sempre vigilanti, poiché il sacro dal quale Cristo è venuto a trasfigurare ha sempre la tendenza a ricostituirsi nelle Chiese, ad alzare nuove barriere, quadri, leggi. Trasfigurare vuol dire trovare il vero volto di Dio e dell'uomo nella loro profondità. Al limite, vuol dire liberarsi di un dio magico che ha bisogno di far paura.
Stare all'ascolto, lasciare da parte le categorie intellettuali. Meditare, fermarsi per sentire la presenza e, talvolta, lo splendore di Dio.
Tutti i mistici lo sanno, da oriente a occidente: quando si dà tutto a Dio, Egli lo rende centuplicato. Noi siamo il filo e Dio la corrente. Tutto il nostro potere consiste nel lasciar passare la corrente.

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