Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

sabato 1 novembre 2008

LA DOTTRINA DEGLI STATI MOLTEPLICI DELL’ESSERE NEL CRISTIANESIMO

Sul finire degli anni Cinquanta il dantista Philippe Guiberteau (1897-1972), che nel 1947 ha già dato alle stampe una traduzione del Paradiso, si appresta a curare per Gallimard l’edizione commentata del Convivio. Per l’occasione entra in contatto epistolare con lo shaykh Mustafa 'Abd al-'Aziz, il rumeno naturalizzato francese Michel Valsan (1907-74), che tra il ’58 e il ’59 gli indirizza tre lettere ora pubblicate in italiano con il titolo La dottrina degli stati molteplici dell’Essere nel Cristianesimo (ed. Orientamento/Al-Qibla, Reggio Emilia 2007).
Rifacendosi in particolare a Tommaso d’Aquino, Ruysbroeck e Dante, Valsan considera a tutti gli effetti come cristiana la concezione secondo cui nell’uomo sono compresenti tre differenti stati dell’essere: umano, angelico e divino. L’obiettivo delle tradizioni iniziatiche orientali e occidentali consiste appunto nel risvegliare quest’ultimo livello, arrivando all’identificazione senza mediazioni tra il conoscitore e l’oggetto della conoscenza, tra l’amante e l’Amato. È questa la realizzazione metafisica ("l’Identità suprema dell’io e del Sé"), l’"indiarsi" in cui sfocia il trasumanar dantesco. Valsan è convinto che tale finalità realizzativa fosse perseguita, in seno al Cattolicesimo medievale e non in contrapposizione alla dottrina della Chiesa, da gruppi di sapienti e di contemplativi piuttosto ristretti dei quali facevano parte i "fedeli d’Amore" stilnovisti: un’esperienza conoscitiva, nella quale l’ambito dell’"essere" non si può disgiungere da quello del "vedere", che era inevitabilmente connotata in senso elitario anche se non classista, come chiarì per primo Guinizelli con la teoria del gentil core. Guiberteau, in seguito diventato presidente della "Société d’études dantesques", è un appassionato lettore di Guénon ma, a differenza di Guénon, ritiene che la confraternita a cui sarebbe appartenuto Dante stesso avesse caratteristiche settarie, ereticali e gnostiche tali da porlo al di fuori dell’ortodossia cattolica. Nelle sue lettere Valsan si sforza di dimostrare invece come la dottrina su cui poggiano i presupposti della realizzazione metafisica, quella appunto degli stati molteplici dell’essere, si ponga come "il fondamento dottrinale immutabile di tutti i teologi e i maestri autentici della spiritualità cristiana". A sostegno di questa tesi Valsan riprende diversi testi della tradizione cristiana, a partire da quel versetto 6 del Salmo 82 citato nel Vangelo di Giovanni (X, 31-39) che pare piuttosto esplicito in tal senso: "Ho detto: voi siete degli dei! Voi siete i figli dell’Altissimo!" ("Ego dixi: dii estis et filii Excelsi omnes"), per arrivare a Tommaso d’Aquino, secondo il quale la "somiglianza" (similitudo) degli uomini con Dio si basa "sul fatto che essi rappresentano la ragione concepita intellettualmente da Dio" (secundum repraesentationem rationis intellectae a Deo), e a Ruysbroeck, che nell’Ornament des Noces spirituelles si riferisce all’"unità in cui Dio e lo spirito amante sono uniti senza intermediario". Una nitida enunciazione della dottrina degli stati molteplici è contenuta per esempio in Convivio, III, 7, 6: "ne l’ordine intellettuale de l’universo si sale e discende per gradi quasi continui da la infima forma a l’altissima e (da l’altissima) a la infima". La salita per i gradi dell’essere fino a raggiungere l’Identità Suprema è resa possibile da quella che Dante chiama la mente, vale a dire dalla facoltà intuitiva e contemplativa comune all’uomo e agli angeli, la "fine e preziosissima parte de l’anima che è deitade" (Convivio, III, 2, 19) risvegliata e attivata dalla Grazia, che "participa de la divina natura a guisa di sempiterna intelligenza" (Convivio, III, 2, 14). La tradizione pienamente cattolica in cui si inserisce Dante rende attuali proprio quelle potenzialità iniziatiche, indispensabile prologo celeste di ogni forma religiosa e devozionale, sistematicamente dimenticate o soffocate in tempi a noi più vicini: forse è proprio su questo campo, con in palio il recupero di un grandioso patrimonio spirituale perduto, che per l’Europa si giocherà la partita decisiva degli anni a venire.

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