Libera lo splendore prigioniero. Il tentativo è quello di attivare delle volontà, di far partire una scintilla che, raccolta da chi ci segue, crei una scarica permanente, un flusso. Verrà il momento in cui tutti gli sconvolgimenti cosmici si assesteranno e l’universo si aprirà per un attimo, mostrandoci quello che può fare l’uomo.

lunedì 27 ottobre 2008


QUESTIONE DI STILE
"...Essere di destra, essere (stati) fascisti per vocazione risorgimentale, perciò romana e italica, è una dura responsabilità da indossare. Hegel diceva che il fatto d'avere del cuoio tra le mani, e nel piede la misura d'una scarpa, non rende di per sé un calzolaio chi non ne conosca l'arte.
Il fatto di avere genericamente a cuore la sorte della Patria e nella bocca parole di conservazione o autoritarismo intermittente non significa di per sé essere uomini di destra. Prima bisogna darsi uno stile. Ecco tutto. Se non si vuole scomodare il patriziato antico, basterebbe la proposizione d'un francese migliore di Sarkozy: "Le style c'est l'homme". Henry de Montherland.
Allora ricominciamo da una lettera scritta dall'infrequentabile (per Fini e i suoi) Julius Evola nell'estate del 1955. Il filosofo si rivolge a un giovane siciliano in cerca di consigli per "rimanere in piedi tra le rovine", senza necessariamente escludere l'opzione della politica. Evola risponde: "In prima linea, comunque, dovrebbe stare l'impegno della sincerità, della lealtà e dell'assoluta aderenza ad ogni impegno, a ogni parola data, nel piccolo (vita pratica, appuntamenti, scrivere o telefonare) ancor più che nel grande". In apparenza sono banalità, ma a guardarle seriamente sono consegne spaventose, perciò dai molti vengono derise o fuggite come un pessimo presentimento. Dice: ma cosa c'entra tutto questo con l'essere di destra? Risposta: ma l'uomo di destra, prima ancora di coltivare un qualunque concetto astratto, non doveva essere colui che osserva la decadenza circostante, l'impazzimento del termitaio umano abbacinato dal progresso, opponendogli un tratto di nobiltà (d'animo) creatrice?
...Vivere alto...non rappresentare alcuna classe sociale definita...puntare lo sguardo alla totalità e all'immutabile, se non allo spirito. De minimis: darsi una regola interiore, una verticalità, non sbracare come tutti gli altri, marcare una distanza lavorando su di sé.
In ogni fascista tardonovecentesco si nasconde una personalità edotta sull'obbligo di cementare una tenuta interiore, uno stile, appunto, una rettitudine speciale riflessa nella forza di un pensiero che travalica la parzialità della definizione politica. Raggiunta questa, non serve più definirsi fascisti.
Allora sei fascista? Per quel tanto che il fascismo, prima di naufragare o imbarbarire, a seconda di come lo guardi, era stato vicino a questo ethos omerico ereditato dal patriottismo della Grande guerra e dalla riconquista risorgimentale. E così via toccando l'impassibilità celeste del Buddha, l'eroismo cavalleresco, il sacrificio delle Termopili. Fino a risalire alle origini, o per lo meno al res non verba dei romani, alle loro Dodici tavole, alla loro prescrizione insopprimibile scolpita da Cicerone nel De legibus: "Sacra privata perpetuo manento", il culto privato resti vivo per sempre."
tratto da Il passo delle oche. L'identità irrisolta dei postfascisti,
di Alessandro Giuli, edito da Einaudi

Ringrazio Alessandro Giuli per queste parole. Lo ringrazio per un libro che è un atto d'amore nei confronti della Destra, come pochi sono stati in grado di intenderla e di viverla. Lo ringrazio per il coraggio e per la chiarezza. Per i sorrisi sarcastici, la riflessione profonda e i ricordi commossi. Lo ringrazio per un libro che è una lezione di stile. Anche letterario.

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